Violenza all'ennesima potenza

16.02.2009 13:28

di Marco Sferini

su Lanterne rosse.it del 15/02/2009

Oggi, domani e anche dopodomani grideranno all'emergenza securitaria, alla caccia al rom e allo straniero. Grideranno che ci vuole più polizia per le strade, che bisogna far fare al Parlamento leggi che decretino uno stato di emergenza nazionale contro gli stupratori. E più grideranno forte, più si convinceranno che tutto questo è sacrosantamente giusto e che è nel pieno diritto costituzionale, morale e civile avere una legislazione speciale per ogni delitto, per ogni atto di reità che viene commesso in Italia. E diranno anche che non basta legiferare sulla specificità delle diverse casistiche di violenze, ma che bisogna particolareggiare ancora di più la norma: che non si possono dunque trattare i delinquenti tutti allo stesso modo, ma che occorre usare il pugno di ferro contro gli stranieri e contro quelli che il regime nazista classificava come "apolidi", i senza patria, i senza niente, i senza speranza. E gli apolidi per eccellenza sono i rom, quelli che il sindaco cesarista di Roma Alemanno individua, ancor prima della loro cattura, come gli esecutori materiali della schifosa, orrenda violenza che è stata fatta a due ragazzi che, nella notte più romantica dell'anno, facevano una passeggiata in un parco della capitale.
E poco importa se saranno veramente rom o se saranno invece russi, slovacchi o bulgari o greci. Ciò che conta è che non sono romani, non sono italiani e quindi c'è un disvalore aggiunto alla violenza che permea la storia di questi due fidanzatini che non cercavano altro se non il modo di amarsi un po', di volersi bene senza che qualcuno venisse a "rubare l'amore", come scrisse Luca Barbarossa tanto tempo fa in una canzone, a sottrarre loro ogni dolcezza e gettarli nel profondo di un incubo che li tormenterà, purtroppo, per tanto tempo.
Quello che tutti stiamo dimenticando, rimuovendolo dalla nostra coscienza sociale, è che le leggi esistono e viviamo in un tempo in cui un governo di destra si vanta di essere il migliore esecutore della pienezza legale, il perfettissimo curatore della sostanza delle norme e del loro valore sociale. Ed invece, questo governo si dimostra ogni giorno che passa sempre più inadeguato ad affrontare le problematiche sociali che formano il canovaccio su cui si stende il dramma quotidiano dei tanti reati commessi sia dai disperati della terra, sia da semplici balordi che non hanno niente da perdere e che, per questo, non hanno neppure nulla da rispettare come patto di convivenza civile e democratica.
Dietro alla disperazione dei due ragazzi che sono stati picchiati e violentati sia materialmente che moralmente, dietro a questo scuro alveo di tristezza e di depressione dei sentimenti, schiacciati contro il muro dei giornali, delle tv e anche dei siti internet, dietro e davanti, tutto intorno a loro avranno anche chi fomenterà il giustizialismo a buon mercato, chi prenderà le pietre per la moderna lapidazione, chi addirittura magari mostrerà un coltello per significare che la punizione alla fine deve essere quasi biblica: occhio per occhio e dente per dente. Vogliamo scommettere che qualche leghista o qualche altro demagogo difensore del far west alla padana non invocherà o la castrazione chimica o l'evirazione?
Quello che francamente aggiunge dolore al dolore è proprio questa per nulla inopinata richiesta di superamento delle regole stabilite per giungere ad un fenomeno di automatismo delle punizioni basato non su un sentire comune, ma sulla ancestrale istintualità propria di un branco, figlia di un dolore di stomaco e non di una rabbia di testa.
Se è comprensibilissimo il dolore dei genitori di questi ragazzi, se le loro frasi sono il necessario viatico in cui passa la collera per l'ingiustizia, ma soprattutto per le lacrime dei loro figli, non è altrettanto comprensibile una politica che si finge rispettosa del diritto e che, invece, lo surclassa con moti di aperto razzismo se chi ha commesso il reato è straniero e, invece, se italiano, con la richiesta del massimo della pena.
Io non credo di essere tenero con gli stupratori di Roma e, per un triste parallelismo, neppure con quello di Bologna. Credo solo che ciò che si deve costruire intorno a queste vicende non deve essere un clima di odio ma di giustizia, non di vendetta ma di impedimento a far sì che questo non avvenga una seconda volta.
E sono troppe ormai le connessioni tra le problematiche sociali che alla fine conducono alle esplosioni di violenza dei singoli quanto dei gruppi. Domandiamoci come può avvenire che un gruppo di ragazzini quindicenni si dia fuoco una sera per provare una grande emozione. Quali sono le interazioni che esistono tra un sistema di valori condivisi e quelli che ognuno di noi recepisce ogni giorno? A questa domanda siamo chiamati a rispondere tutti: non ci deve essere permesso sfuggire con l'alibi della devianza del singolo rispetto alla bontà dell'insieme. Perché da troppo tempo l'insieme, a partire dal Legislatore, non fa che dirci che la responsabilità è di alcune persone, non di un complessissimo meccanismo di relazioni che sono determinate da fattori purtroppo non direttamente condizionabili con un provvedimento di legge.
In fondo al pozzo c'è dell'acqua putrida, maleodorante di paura, sospetto, timore e diffidenza continua. E attorno al pozzo c'è chi la serve questa acqua, giorno dopo giorno. E non ci rendiamo minimamente conto che stiamo perdendo la libertà un pezzetto alla volta. E allora potremo anche prendere gli stupratori e gli assassini di ogni tempo, per rimanere infine prigionieri delle nostre stesse angosce narcotizzate per qualche legislatura dal forcaiolismo della destra, dall'ultimo scagliatore di pietre sul corpo della giustizia.

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