
Una concezione militare del lavoro, ma quella lotta importante la vincemmo
di Gianni Rinaldini
su Il Manifesto del 20/01/2009
Ancora repressione, e non solo a Melfi
Caro Francesco, nella tua lettera denunci e descrivi giustamente la situazione esistente alla Fiat (Sata) di Melfi, ma potrei aggiungere di buona parte degli stabilimenti Fiat. Non condivido il giudizio sulla conclusione della lotta dei 21 giorni con un accordo che fu approvato dal 75% delle lavoratrici e dei lavoratori di Melfi, ma non è questo il cuore della lettera che illustra una storia personale come parte di una storia generale, quella di un'organizzazione del lavoro fondata su condizioni molto pesanti e una struttura gerarchica e di potere autoritaria. Esattamente l'opposto di ciò che è stato «venduto» per anni, presentando la Sata come il futuro, la fine della fabbrica fordista, invece una fabbrica fondata sul lavoro di gruppo, sulla partecipazione, sul superamento delle gerarchie che diventò un fatto mediatico con la diffusione di documentari televisivi sulle meraviglie della fabbrica del futuro.
A dire il vero non era la prima volta, perché negli anni Ottanta un'analoga operazione fu fatta dalla Fiat con lo stabilimento di Cassino, il più robotizzato d'Europa perché allora andava di moda la teorizzazione della fabbrica senza operai. In realtà, se c'è una cosa che è rimasta inalterata nella storia della Fiat è la concezione militare dell'organizzazione del lavoro, accompagnata dal quotidiano lavorio di divisione sindacale, insieme alla discriminazione verso i lavoratori e i delegati non accondiscendenti con la politica dei piccoli favori individuali nella molteplicità di problemi che si pongono nell'esercizio dell'attività lavorativa.
La rivolta dei 21 giorni ha rappresentato una rottura dell'immaginario, tanto più in una fase di crisi del Gruppo Fiat, con Termini Imerese presidiata dai lavoratori per tre mesi contro la decisione di chiudere lo stabilimento. Saltò a Melfi il ricatto occupazionale su un aspetto centrale, la insostenibilità delle condizioni di lavoro con il supporto di migliaia di provvedimenti disciplinari. L'unità e la compattezza dei lavoratori e delle lavoratrici e dei delegati determinò il vero elemento di novità che riuscì a reggere l'impatto delle provocazioni attuate, dall'intollerabile intervento delle forze dell'ordine alla totale invenzione di atti violenti contro chi non aderiva allo sciopero.
La Fiat sta tentando di distruggere questa unità e questa compattezza nel suo operare quotidiano e sarebbe sbagliato sottacere che qualche risultato è riuscita ad ottenerlo. Si è persino sviluppata una strana campagna nel corso di questi anni in Basilicata, tesa ad accreditare l'idea che a causa di quella lotta la Fiat avrebbe scelto il ridimensionamento dello stabilimento lucano. Una fandonia che riprende lo stesso schema.
In questo clima sono ripresi gli atti discriminatori e le vigliaccate vere e proprie da parte della Fiat, come testimonia la tua situazione, quella di altri tre lavoratori e delegati indagati per attività terroristiche (indagine chiusa con l'archiviazione), ma la stessa cosa potrei dire per il delegato Fiom di Pomigliano licenziato perché indagato per vicende che nulla hanno a che vedere con l'esercizio dell'attività lavorativa, oppure per il delegato Fiom e un altro lavoratore della Maserati per avere partecipato alla giusta ribellione dei lavoratori e delle lavoratrici a fronte del licenziamento di 112 giovani precari. Stiamo parlando di licenziamenti, di lavoratori lasciati senza salario da un giorno all'altro con la Fiat che si erge a giudice.
Come sai, in tutte queste situazioni sono in corso vertenze legali e dobbiamo registrare l'assenza di atti di solidarietà, da parte delle istituzioni e di gran parte delle forze politiche, per non citare l'oscuramento mediatico sul fatto che esiste una giustizia, di cui tanto si discute, per i politici e per i ricchi e un'altra giustizia, evidentemente diversa, per i lavoratori e le lavoratrici.
Si potrebbe dire «nulla di nuovo nel mondo Fiat», ma con la consapevolezza che solo ricostruendo l'unità dei lavoratori e delle lavoratrici a partire dalle condizioni di lavoro e retributive saremo in grado di affrontare le dure sfide che stanno di fronte a noi.
* segretario generale nazionale Fiom
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