Uccisi da lontano, come i dervisci sudanesi
di Shmuel Amir *
su Il Manifesto del 18/01/2009
La vera pace potrà arrivare solo dopo la fine del colonialismo
I massacri di Gaza hanno alle spalle una storia lunga, che parte dalle relazioni coloniali tra ebrei e palestinesi in questa terra: rapporti che risalgono a ben prima della fondazione di Israele. È sorprendente che nel corso degli anni - e anche in questi giorni a Gaza - il rapporto tra le vittime sia stato di 1 (israeliano/ebreo) a 100 (palestinesi). Una sproporzione non casuale, che descrive un rapporto tipico delle guerre coloniali. Quest'argomento è stato trattato da Sven Lindqvist nel suo libro «Sterminate quelle bestie: il viaggio di un uomo nel cuore di tenebra alle origini dei genocidi perpetrati dagli europei», pubblicato in inglese 15 anni fa (in italiano nel 2000, da Ponte delle grazie, ndt). Lindqvist ha studiato il colonialismo europeo in Africa alla fine del XIX secolo.
Il ricercatore descrisse la battaglia tra l'esercito inglese e i guerrieri dervisci a Omdurman, in Sudan, durante il conflitto condotto dall'Impero britannico per rioccupare quel paese. Lindqvist prese in prestito alcune descrizioni da Winston Churchill, a quel tempo giovane corrispondente di guerra per un giornale inglese. In questa battaglia un grosso esercito indigeno - i dervisci - fu distrutto da un piccolo ma ben equipaggiato esercito coloniale in possesso delle ultime tecnologie militari del tempo. Gli inglesi avevano mitragliatrici Maxim - con una gittata superiore rispetto a quella dei vecchi fucili dei dervisci - grazie alle quali potevano colpire i dervisci addirittura prima che fosse avvertita la loro presenza.
I cavalieri dervisci, secondo la descrizione di Churchill, erano coraggiosi e assaltarono i soldati inglesi, ma furono abbattuti quasi tutti prima che venissero in contatto con loro. Nel corso di queste battaglie, l'armata britannica non subì quasi nessuna perdita. In quell'occasione la stampa britannica pubblicò fotografie di combattimenti corpo a corpo tra dervisci e inglesi, ma erano false, perché di battaglie di questo tipo non ce ne furono. Lindqvist riassunse: «A Omdurman (la capitale del Sudan in quel tempo) l'intero esercito sudanese fu distrutto prima di aver raggiunto una distanza da cui avrebbe potuto cominciare a sparare ai suoi nemici. L'arte di uccidere da lontano divenne una specialità europea. I cannoni britannici furono particolarmente efficaci contro i villaggi indifesi. Gli europei divennero gli dei dei cannoni e così vinsero numerose battaglie.
Quindi si espansero attraverso l'Asia e l'Africa - scrive Lindqvist - aprendo una nuova era d'imperialismo. «La supremazia militare fu percepita da troppi europei come segno di superiorità anche intellettuale e addirittura biologica». La campagna coloniale degli inglesi di quegli anni è simile alla campagna coloniale di Gaza per un altro importante fattore: gli israeliani ammirano «il risultato eccezionale» della carneficina di Gaza proprio come allora gli inglesi accoglievano con grande euforia la notizia della vittoria. Il comandante della campagna fu ricevuto dalla regina e acclamato da tutta la Gran Bretagna.
Combattendo contro i nativi in una situazione di assoluta superiorità militare, le potenze coloniali non capirono come gli indigeni potessero osare opporre resistenza. Gli europei attribuirono questa opposizione a stupidità e a una natura primitiva iscritte nella loro razza. Ma la vera motivazione della popolazione indigena - il forte desiderio di liberarsi dagli oppressori - non fu mai capita dai colonialisti.
Nella nostra area la guerra coloniale portata avanti dal sionismo continua da oltre 100 anni ma ha guadagnato molto vigore dopo le occupazioni del 1967. Tom Segev, una voce solitaria nel rumore dei cori patriottici, recentemente ha scelto di presentare diversi vecchi assiomi del conflitto arabo-ebraico e non ha avuto timore di menzionare l'ideologia sionista come fonte delle nostre false supposizioni sui palestinesi. Secondo Segev, la fondamentale supposizione del sionismo è che «Israele sta colpendo i palestinesi per dare loro una lezione». Noi saremmo i rappresentanti del progresso e dell'educazione, del razionalismo e della moralità, mentre gli arabi sarebbero una plebe primitiva e violenta. Segev continua: «Bombardando Gaza si mira a eliminare Hamas, ma basandosi sul presupposto - che ha accompagnato il movimento sionista dalla sua origine - secondo il quale è possibile imporre ai palestinesi una leadership "moderata" che rinuncerà alle loro aspirazioni nazionali. Stiamo semplicemente difendendo noi stessi».
Poi Segev insiste: «La battaglia non è contro un'organizzazione terroristica che ha preso in ostaggio la popolazione di Gaza, ma contro un movimento nazionale religioso sostenuto da molti. Dall'inizio della presenza sionista in Eretz Israel nessuna azione militare ha fatto avanzare il dialogo coi palestinesi».
Anche dopo l'avvio della seconda fase dell'offensiva contro Gaza - così come durante l'ultimo conflitto in Libano - il rapporto tra le forze in campo è tutt'altro che equilibrato. La maggior parte dei combattenti palestinesi sono caduti per una guerra condotta da lontano: dal cielo, dal mare e dai cannoni a terra. Anche durante l'offensiva di terra la battaglia non è tra contendenti uguali, ma continua a svolgersi secondo una struttura di tipo coloniale. Da un lato c'è un esercito moderno dotato di tecnologia avanzata, dall'altro un gruppo guerrigliero di resistenza con equipaggiamento limitato.
Resterebbero da discutere numerose altre questioni: quale parte sta uccidendo civili «volontariamente» e chi, «involontariamente», sta uccidendo civili a un tasso, tre, quattro, e ora cento volte superiore a quello dell'avversario? Secondo un rapporto di B'Tselem, nei sette anni trascorsi tra l'inizio dei lanci di razzi Qassam e l'avvio dell'operazione «Piombo fuso» sono stati ammazzati 13 israeliani. Durante lo stesso periodo a Gaza Israele ha ucciso 2.990 palestinesi, dei quali 634 erano bambini. In totale, a Gaza e in Cisgiordania, 4.781 persone sono state uccise da Israele. Una gran quantità delle persone ammazzate erano civili, tra cui donne e bambini. Bisogna tenere presenti queste statistiche quando cerchiamo di rispondere alla domanda su chi siano i veri terroristi. Su quale sia il livello del terrorismo di Hamas in contrasto al terrorismo di stato israeliano.
Nonostante la loro importanza, questi fattori non vanno alla radice del problema del conflitto israelo-palestinese che è stata e resta in questi giorni il rapporto tra gli occupanti e gli occupati, gli oppressori e gli oppressi, i colonialisti e gli indigeni.
Lo Stato d'Israele vorrebbe vedere solo palestinesi sconfitti, all'interno di territori occupati, palestinesi che non osino alzare la testa contro la continua oppressione delle loro vite. Chi desidera una pace vera e sostenibile deve capire che la fine della resistenza palestinese e l'inizio della pace arriveranno solo dopo l'eliminazione del colonialismo, in tutte le sue forme.
*Scrittore e intellettuale israeliano
Tratto da Hagada Hasmalit
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