Tregua, scambio? Ma a Hebron si spara

14.02.2009 13:39

di Michele Giorgio

su Il Manifesto del 14/02/2009

Voci insistenti danno per imminente un accordo tra Israele e Hamas. Mentre i soldati attaccano i ragazzini

Si fanno insistenti le voci di una tregua «imminente» a Gaza tra Israele e Hamas, ma nei Territori occupati il sangue continua a scorrere. Ieri un ragazzino palestinese, Ezzedin Jamal, 14 anni, è stato centrato in pieno petto e ucciso dai colpi sparati da una pattuglia israeliana a Hebron durante una manifestazione di protesta contro i coloni ebrei presenti nella città. Non è la prima volta in queste ultime settimane che l'esercito israeliano usa a Hebron munizioni vere contro dimostranti palestinesi, spesso giovanissimi.
Sono ripresi ieri anche i raid aerei su Gaza - in risposta, ha detto il portavoce militare, ai lanci di razzi da parte dei palestinesi. Una delle incursioni aeree ha ucciso vicino a Khan Yunis due presunti «miliziani del Jihad globale» prima che, afferma Israele, potessero realizzare «un attentato di grosse dimensioni».
Giornali e televisioni riferiscono di una tregua ormai fatta a Gaza, e lo stesso «numero due» di Hamas in esilio, Musa Abu Marzuq, ha confermato che il suo movimento ha accolto buona parte delle proposte presentate dagli egiziani. L'accordo, sul quale però Israele non si è ancora espresso ufficialmente, prevederebbe la cessazione di ogni attività militare delle due parti per 18 mesi e la riapertura al 70-80% dei valichi tra Israele e Gaza. In seguito Hamas, la Anp di Abu Mazen e gli egiziani dovrebbero finalizzare un'intesa sulla frontiera di Rafah, quella tra Gaza e l'Egitto.
Sembra vicino anche un accordo tra Hamas e Israele per uno scambio tra il soldato israeliano Gilad Shalit - catturato nel giugno 2006 da un commando palestinese a Kerem Shalom e poi consegnato ad Hamas - e un migliaio di prigionieri politici palestinesi in carcere in Israele. Il via libera, secondo il giornale arabo al-Hayat, potrebbe arrivare entro mercoledì prossimo, in concomitanza con la firma dell'accordo di tregua. La trattativa però non è terminata, sembra che continui sull'elenco di 450 militanti di Hamas e del Fronte popolare da «scambiare». Israele avrebbe dato il suo assenso alla liberazione di 230 palestinesi responsabili di azioni armate, ma non è stato raggiunto un accordo sui restanti 220 nomi. Tel Aviv chiede inoltre che i prigionieri originari della Cisgiordania siano inviati a Gaza e che un altro gruppo vada in Siria, ma Hamas si oppone a questa soluzione.
Nell'elenco dei mille prigionieri palestinesi da scarcerare ci sarebbe anche il più noto detenuto politico palestinese, il segretario di Fatah in Cisgiordania Marwan Barghuti. Il condizionale è d'obbligo perché la notizia, che da giorni rimbalza tra media arabi e fonti palestinesi, non ha mai avuto conferma da parte del governo israeliano. «So che Marwan (Barghuti) è in quell'elenco e che presto potrebbe essere libero, ma tutto dipende dalla volontà di Israele», ha detto il deputato palestinese Qadura Fares, vicino al leader di Fatah. La scarcerazione di Barghuti, considerato il «comandante della seconda Intifada», che sta scontando una condanna a cinque ergastoli, potrebbe ridare slancio a Fatah in forte crisi, ma non sarebbe necessariamente un risultato favorevole per il presidente dell'Anp Abu Mazen. «Il movimento islamico, liberando Barghuti, avrebbe l'opportunità di affermare di aver ottenuto con la forza quello che Abu Mazen non è riuscito a ottenere da Israele in anni di trattative, mettendo così il presidente in una posizione delicata di fronte alla popolazione palestinese», ha notato l'analista Khalil Shikaki.
Intanto il successo della destra alle elezioni israeliane di martedì scorso, unito alla prospettiva concreta di un governo guidato dal leader del Likud Benyamin Netanyahu contrario all'indipendenza palestinese, ha provocato un riavvicinamento tra Hamas e Fatah. Un incontro, giovedì sera al Cairo, tra l'ex premier dell'Anp Abu Alaa e Musa Abu Marzuq ha sbloccato il dialogo dando il via a un processo che prepara la conferenza di riconciliazione del 22 febbraio. Le parti sono d'accordo sulla composizione di sei commissioni, delle quali fanno parte i membri di tutte le fazioni palestinesi, incaricate di discutere i nodi in sospeso. Una di queste si occuperà del ruolo che dovrà avere in futuro l'Olp, di cui non fa ancora parte Hamas.

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