Tregua: Hamas dice nì al Cairo

15.01.2009 13:36

di Michele Giorgio

su Il Manifesto del 15/01/2009

La proposta egiziana «è una base» dice il movimento islamico che ribadisce le proprie condizioni: «revoca dell'embargo israeliano contro Gaza, ritiro delle forze di occupazione e apertura dei valichi». Ora si aspetta la risposta di Israele. Forse oggi al Cairo l'inviato di Tel Aviv. Anche ieri decine di raid e incursioni di corazzati alla periferia di Gaza city. Finora 1017 i morti palestinesi. Un bambino ucciso ogni due ore

Hamas ha confermato ieri sera la sua posizione. «Abbiamo presentato all'Egitto alcune osservazioni» sul piano per il cessate il fuoco a Gaza, ora «aspettiamo la risposta», ha chiarito durante una conferenza stampa al Cairo Salah Bardawil, il capo della delegazione inviata in Egitto dal movimento islamico. «La proposta egiziana è una base - ha spiegato Bardawil - ma il movimento islamico non rinuncia alle sue condizioni: revoca del duro embargo israeliano nei confronti di Gaza, ritiro immediato delle forze di occupazione e apertura dei valichi». A queste richieste, ha detto da Beirut Osama Hamdan, si aggiunge il rifiuto di Hamas di una tregua a tempo indeterminato con Israele. «Fino a quando ci sarà l'occupazione israeliana la resistenza rimarrà un diritto del nostro popolo», ha sottolineato Hamdan. Così in serata non pochi hanno dovuto rettificare l'annuncio del «sì» di Hamas alla proposta egiziana giunto qualche ora prima, a cominciare dal ministro degli esteri spagnolo Moratinos che, dopo aver parlato di «accordo fatto», ha confermato solo l'esistenza di «una certa disposizione» nei confronti della soluzione avanzata dal Cairo da parte di Hamas.
Hamas comunque non ha chiuso la porta in faccia alla proposta egiziana, Bardawil ha precisato che la sua organizzazione «non chiede alcun emendamento a grandi linee» del piano. E adesso il Cairo vuole conoscere la posizione di Tel Aviv. Non è ancora chiaro se oggi arriverà nella capitale egiziana l'inviato israeliano Amos Ghilad, che ha ripetutamente rinviato la partenza in attesa di conoscere la posizione di Hamas. Israele sicuramente chiede più di quanto non offra al momento l'iniziativa egiziana e non va sottovaluto che il governo Olmert non sembra avere un'unica posizione su cosa fare a Gaza, dopo 19 giorni di un' offensiva che ha seminato morte e distruzione nelle città palestinesi. La stampa locale riferisce di un Olmert deciso a proseguire l'attacco, persino ad espanderlo, mentre e i ministri degli esteri e della difesa, Livni e Barak, sarebbero propensi a fermare le forze armate. Ma si tratta solo di indiscrezioni giornalistiche e ciò che conta è quanto accade sul terreno ogni giorno, ogni ora, dal 27 dicembre.
Per i civili palestinesi l'inferno continua e sono in molti a prevedere tempi lunghi per l'offensiva israeliana, nonostante le voci di una tregua imminente. I bombardamenti proseguono - anche ieri l'aviazione ha compiuto decine di raid - così come il fuoco dell'artiglieria e le incursioni dei reparti corazzati alla periferia di Gaza city e delle cittadine al nord della Striscia. Betselem, il centro israeliano per i diritti umani, ha denunciato che una donna palestinese di 50 anni è stata uccisa martedì mattina a Khan Yunis dai soldati israeliani nonostante fosse uscita, sventolando la bandiera bianca, dalla sua abitazione minacciata dall'avanzata delle ruspe militari. La donna, secondo testimoni, è stata colpita una prima volta sulla porta di casa e una seconda alla testa, quando era a terra. I militari inoltre non avrebbero lasciato passare un'ambulanza giunta a soccorrerla. Gli abitanti del posto, ha aggiunto Betselem, hanno raccontato che sono stati presi di mira anche altri civili. Il portavoce militare ha risposto che l'esercito non è a conoscenza di questi episodi e ha sottolineato che i militanti di Hamas si farebbero scudo dei civili palestinesi.
Ma che al primo, impercettibile movimento, viene aperto il fuoco senza alcuna esitazione, lo dicono gli stessi soldati israeliani. E' successo ad Alon, ad esempio, uno dei sei militari che hanno deciso di raccontare al Times come operano le truppe dello stato ebraico.«Non sono un nuovo arrivato nell'esercito e posso dire che questa è l'offensiva più aggressiva che sia mai stata condotta nella lotta ai palestinesi», ha affermato, aggiungendo di essere rimasto impressionato dalle scene viste a Gaza. «Non sembra che siamo lì da poche settimane. Appare tutto distrutto, demolito, sembra che ci siano stati bombardamenti per anni. Non potete immaginare quanti danni siano stati fatti», ha detto. D'altra parte se l'obiettivo dichiarato è quello di rendere Hamas «inoffensivo», l'altro non tanto nascosto è mostrare che quello israeliano è ancora il più forte esercito al mondo. «E' importante andare avanti e ricordare cosa siamo in grado di fare. E' l'unico modo per costringerli a fermarsi», ha concluso Alon.
Parole che trovano conferma nei dati agghiaccianti dell'offensiva «Piombo fuso» che ha ucciso fino a ieri sera 1017 palestinesi e ferito altri 4.600, come comunicato dal coordinamento dei servizi di pronto soccorso. I civili uccisi sono centinaia. Un bambino morto ogni due ore, ha calcolato Save the Children, mentre l'Unicef ha comunicato che sono oltre 300 le piccole vittime dell'attacco israeliano. Save the Children ha aggiunto che Israele dichiara di aver fatto passare 900 camion di aiuti dall'inizio del conflitto al 12 gennaio ma si tratta di una quota «assolutamente irrisoria e inadeguata»: nello stesso periodo ne sarebbero stati necessari 7200. Quindi solo un ottavo degli aiuti in cibo e medicine di cui la popolazione di Gaza ha bisogno, mentre le tre ore quotidiane di tregua sono insufficienti e non consentono alle organizzazioni umanitarie di distribuire gli aiuti.
Non cessano neppure i lanci di razzi palestinesi sul Neghev, sud di Israele, e anche sul nord (lanciati per la seconda volta dal Libano meridionale: gli hezbollah negano ogni responsabilità) ma non hanno provocato danni o feriti. La polizia ha detto che Hamas ha fatto uso di munizioni al «fosforo bianco», la stessa accusa rivolta all'esercito israeliano da varie organizzazioni internazionali.
Sul piano politico si segnala un passo significativo dell'Unione europea che certo non piacerà al governo Olmert. L'Ue ha deciso di prendersi una pausa nelle discussioni sul potenziamento dei rapporti con Israele. «Ora abbiamo una priorità da raggiungere - ha spiegato ieri la portavoce Christiane Hohmann - ed è il cessate il fuoco. Su quello concentriamo tutte le nostre energie... Avevamo detto da tempo che ogni sviluppo delle relazioni con Israele non si sarebbe basato sul nulla e ora siamo concentrati solo sul cessate il fuoco».

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