
Strage di bambine in diretta tv
di Michele Giorgio
su Il Manifesto del 17/01/2009
L'esercito bombarda una casa mentre il capofamiglia è collegato con la tv israeliana: massacrate tre figlie e due nipoti di un medico palestinese. I morti dall'inizio dell'offensiva sono 1.169. Israele potrebbe annunciare oggi una tregua unilaterale. Intanto sottoscrive con l'amministrazione Bush un patto che trascinerà Obama nelle sabbie mobili di Gaza
La cannonata che ha devastato l'abitazione di Ezzedine Abulesh e ucciso tre delle sue figlie e due nipoti è arrivata anche in Israele, in diretta tv per i telespettatori che ieri sera seguivano il notiziario di Canale 10. Ezzedin Abulesh, un medico palestinese, proprio in quel momento era al telefono con un giornalista del canale televisivo. «Oh Dio, mio Dio» sono state le parole del medico riecheggiate per diversi minuti assieme ai singhiozzi. Ezzedin Abulesh è un ginecologo che parla perfettamente l'ebraico. Collabora con l'ospedale Tel Hashomer di Tel Aviv e in passato ha anche lavorato a una ricerca sugli effetti della guerra fra i bambini palestinesi e israeliani.
Nei giorni scorsi il medico, intervistato da altre reti televisive, si era detto molto preoccupato per la sua famiglia e aveva chiesto di fermare i carri armati che minacciavano la sua abitazione, che a Beit Lahiya sorge in una delle aree più esposte all'offensiva israeliana. Dopo che la cannonata ha decimato la sua famiglia, ieri sera Canale 10 è intervenuto per aiutare Abulesh a passare il valico di Erez e a raggiungere un ospedale israeliano per tentare di salvare le altre due figlie ferite e in gravissime condizioni.
Niente da fare invece per una mamma palestinese, Manal Badran, 30 anni, e i suoi bimbi - Wala, Ezzedin, Bilal e Ihsan - di età compresa fra i sette e i 12 anni, uccisi da un colpo esploso da carro armato verso il campo profughi di Burej. Ieri sera il portavoce militare israeliano ha detto l'esercito stava verificando la notizia. L'agenzia di stampa palestinese Maan ha riferito di un'altra famiglia sterminata a Jabaliya (dieci persone), di tre giovani morti in un raid aereo a Rafah, di un altro palestinese in sella a uno scooter e di un automobilista uccisi in due incursioni, più altre vittime sparse in tutta Gaza.
Mentre migliaia di persone partecipavano ai funerali di uno dei leader politici di Hamas, Said Siyam, ucciso due giorni fa da un missile assieme al fratello e ad altre sei persone, le squadre di soccorso ieri recuperavano a Tel Hawa i corpi di 23 palestinesi rimasti sotto le macerie di edifici colpiti durante l'incursione israeliana di giovedì a Gaza city.
Altre decine di cadaveri, secondo fonti mediche di Gaza, verranno probabilmente ritrovate dopo l'inizio della tregua, quando le ricerche potranno svolgersi in condizioni di sicurezza. Soltanto ieri negli obitori degli ospedali di Gaza sono entrati 48 palestinesi. Il totale dei morti in serata aveva toccato quota 1.169, quello israeliano è fermo a 13 (tre i civili) ma i militanti di Hamas continuano i lanci di razzi che, anche ieri, hanno colpito il sud dello Stato ebraico.
«Quando comincerà la tregua potremo lavorare meglio per assistere la popolazione e per dare una sepoltura dignitosa a tutti i nostri morti», diceva ieri un funzionario dei servizi di pronto soccorso di Gaza. Ma la tregua è davvero questione di poche ore come si sostiene, mentre decine palestinesi continuano ad essere massacrati? Le indiscrezioni sono incessanti. L'ultima, riferita ieri sera dal sito del quotidiano Ha'aretz, annunciava che il gabinetto di sicurezza israeliano potrebbe votare oggi un cessate il fuoco unilaterale. Più tardi un portavoce ha precisato che, in ogni caso, l'eventuale decisione non comporterà un ritiro immediato delle forze armate, escluso a più riprese in questi giorni da diverse fonti israeliane. Il capo negoziatore Amos Ghilad ieri è tornato dal Cairo senza l'accordo formale per un cessate il fuoco mentre da Doha, Khaled Meshaal, leader in esilio di Hamas, ha avvertito che «se permangono le condizioni imposte da Israele, la gente di Gaza non accetterà la tregua».
Il movimento islamico vorrebbe una tregua di un anno, condizionata proprio a un pieno ritiro delle forze israeliane dalla Gaza da cinque a sette giorni dopo il raggiungimento di un accordo. Chiede inoltre l'immediata apertura di tutti i valichi con Gaza e respinge la possibilità che la frontiera tra Gaza e l'Egitto torni sotto il controllo dell'ex presidente palestinese Abu Mazen che, al contrario, viene richiesto da Israele che, allo stesso tempo, chiede garanzie precise sul controllo della frontiera con l'Egitto per prevenire il traffico di armi. Garanzie che sono giunte ieri dagli Stati Uniti, dove la ministra degli esteri Tzipi Livni ha sottoscritto col segretario di stato Usa Condoleezza Rice un trattato di cooperazione Usa-Israele che rischia di trascinare la prossima amministrazione Obama nelle sabbie mobili della Striscia.
La vera trattativa per il cessate il fuoco sembra essere stata quella negli Usa. L'accordo di sicurezza messo a punto ieri dal Segretario di stato uscente Rice insieme con la ministra degli esteri israeliano Livni a Washington, rappresenta un regalo all'ultimo minuto fatto dall'Amministrazione Bush al governo israeliano. L'intesa prevede una stretta collaborazione tra i due paesi a livello di intelligence e su questioni tecniche e logistiche, lungo il confine tra Gaza ed Egitto e in tutta la regione. Gli americani, e non solo loro, daranno la caccia ai «trafficanti di armi» in giro per il Medio Oriente. In Cisgiordania invece la caccia a quelli di Hamas la danno le forze di sicurezza di Abu Mazen che anche ieri hanno dato il loro contributo al contenimento delle manifestazioni di protesta per il massacro a Gaza proclamate dagli islamisti e dalla sinistra.
A Hebron l'esercito israeliano ha ucciso un palestinese di 16 anni. Il quotidiano israeliano Jerusalem Post ha dato conto dei commenti compiaciuti dei vertici dello Shin Bet, il servizio segreto israeliano, sul livello di cooperazione con gli apparati dell'Anp enfatizzando il «pugno di ferro» degli uomini di Abu Mazen. Nel mirino in questi ultimi giorni, oltre a uno dei portavoce di Hamas in Cisgiordania, sarebbero finiti numerosi studenti affiliati a liste universitarie vicine ad Hamas. Sono almeno 400 gli attivisti del movimento nelle carceri dell'Anp.
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