
Sempre più disoccupati
di Antonio Sciotto
su Il Manifesto del 19/12/2008
Allarme recessione anche dall'Istat: il tasso di disoccupazione sale al 6,1%, mezzo punto in più del dato precedente. Più licenziati al centro e al nord, per la prima volta uomini
La crisi batte anche sulle statistiche: ieri l'Istat certificava il nuovo aumento del tasso di disoccupazione, che con la recessione in corso è tornato a superare la soglia psicologica del 6%. L'indice è precisamente al 6,1%, ben mezzo punto percentuale in più rispetto al 5,6% registrato nel terzo trimestre 2007. Al di là delle specifiche più interessanti, che analizzeremo più avanti (aumenta ad esempio il ricorso ai contratti a termine, mentre rallenta la crescita dei part-time), il numero generale ripete un copione che in quest'ultimo anno ci siamo abituati già a vedere: sono finiti i tempi in cui il tasso veniva eroso, oggi il trend è indirizzato - trimestre dopo trimestre - verso l'alto. E gli analisti prevedono che aumenti: ad esempio, il Centro studi della Confindustria mette in cantiere un 8,4% nel 2009, e vaticina una nuova discesa solo nel 2010 (ritorno all'8%). Ma soprattutto, questa tendenza espone il governo (ormai in sella da sette mesi) alle critiche dell'opposizione, e a quelle ancora più nette della Cgil, che ieri è tornata a puntare il dito contro la manovra finanziaria e il decreto anti-crisi.
E se da un lato aumenta la disoccupazione, è in frenata l'incremento dell'occupazione: in termini congiunturali è salita dello 0,1%, mentre su anno è salita dello 0,4% (101 mila persone in più), «in deciso rallentamento rispetto al recente passato», spiega l'Istat. Per la prima volta dal 2007, è in calo l'occupazione maschile: -0,2%, pari a meno 27 mila unità. Al contrario, è in aumento l'occupazione femminile: ha segnato un incremento dell'1,4% (pari a 127 mila persone al lavoro in più).
Per la disoccupazione è il terzo aumento tendenziale consecutivo (in cerca di lavoro risultano 1.527.000 persone). In particolare, sono in crescita gli ex occupati di Nord e Centro (segno chiaro della crisi) e gli ex inattivi nel Mezzogiorno. Aumentano i contratti a termine (+1,9%), e dopo 4 mesi di «sviluppo particolarmente sostenuto» - segnala l'Istat - «rallenta significativamente» il ritmo di crescita dei part-time (+2,9%). E per i contratti a termine (nella rilevazione fermi a settembre) non è ancora tutto: nei prossimi mesi si dovrebbe registrare un ulteriore calo a causa dei crescenti licenziamenti.
Commentando questi numeri, il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni spiega che il rapporto è «la fotografia di un paese già fermo per i problemi esistenti e su cui si è abbattuta la crisi dell'ultimo trimestre». Poi l'attacco alle politiche del governo: «Un'attenta valutazione dei dati dimostra un progressivo rallentamento già in atto e, conseguentemente, gli evidenti errori delle scelte della legge finanziaria di luglio, come denunciato dalla Cgil».
«La disoccupazione aumenta - continua Fammoni - riflettendo le caratteristiche che troveremo in accelerazione fortissima nell'ultima parte dell'anno: crescita di disoccupati nel nord e nel centro, inattivi nel Sud. Cresce anche il tasso di disoccupazione dei lavoratori stranieri e dopo 10 anni cala l'occupazione maschile». Quanto a fisco, investimenti e tutela del lavoro, «si sarebbe già dovuto intervenire: invece è ancora in corso la discussione su provvedimenti economicamente inadeguati e in gran parte sbagliati. Incurante della crisi, il governo continua a deregolare il lavoro e la lotta al sommerso». Infine, conclude Fammoni, «1,5 milione di disoccupati, un tasso di inattività che riguarda 15 milioni di persone fra 15 e 64 anni con una forte concentrazione nel Sud, che si conferma risentire prima degli effetti della stagnazione, a cui si aggiungerà la valanga occupazionale di questi ultimi mesi richiederebbero fiducia, una politica espansiva e una tutela del lavoro che, al contrario, mancano».
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