
Se Israele e Bush fomentano lo scontro di civiltà
di Luisa Morgantini
su Il Manifesto del 04/01/2009
Sono rientrata ieri sera dalla Palestina e da Israele: ho accompagnato e organizzato un viaggio di conoscenza e solidarietà di un gruppo di 50 italiani di diverse località ed estrazioni sociali. Siamo stati a Jenin, nel campo profughi dove nel 2002 vi è stato un massacro, abbiamo incontrato Zakaria Zubeidi che ha lasciato le armi per una resistenza culturale e non violenta nel Freedom Theatre, deluso da Hamas e da Fatah, siamo stati a Tuwani, a Hebron, dove coloni fanatici tengono in ostaggio migliaia di palestinesi, a Betlemme dove il muro taglia la città e i campi, a Gerusalemme Est dove Um Kamel è stata cacciata dalla sua casa per far posto a coloni ebrei che non sono sono sopravvissuti all'olocausto ma arrivano da Brooklyn, sostenuti dai finanziamenti di organizzazioni estremiste ebraiche e dal Tribunale Israeliano.
Ovunque abbiamo trovato dolore, rabbia. Ma abbiamo trovato anche determinazione a continuare a resistere e a non farsi distruggere nemmeno psicologicamente dall'ingiustizia dell'occupazione. L'autorità Palestinese dal giorno dei bombardamenti a Gaza ha dichiarato uno sciopero generale di tre giorni. Gerusalemme Est era deserta come nei giorni della prima Intifada. Salam Fayyad, primo ministro, nell'incontro che abbiamo avuto ci ha chiesto di lavorare per il cessate il fuoco immediato e impegnare l' Unione europea a sospendere il potenziamento delle relazioni e della Cooperazione con Israele.
Abbiamo partecipato a diverse manifestazioni in Palestina e Israele, a Ramallah, Jaffa, Gerusalemme. Purtroppo non manifestazioni di massa. A Jaffa vi erano i giovani e le giovani refusnik, gli anarchici contro il muro, la coalizione delle donne per la pace, e in grande prevalenza giovani donne di origine palestinese, con slogan che mettevano in imbarazzo noi, gli israeliani e i palestinesi della sinistra. Infatti Allah Akbar - Allah è grande - era lo slogan più urlato.
Tante sono le iniziative in Israele dai Refusnik, ai poeti, agli scrittori, ai combattenti per la pace, Tayyush, i partiti arabi in Israele, le donne per la pace, Gush Shalom ieri ha manifestato insieme a tanti altri gruppi a Tel Aviv. Gli intellettuali più conosciuti da noi come Amos Oz a Yehoushua, continuano a svolgere un ruolo tragico, sempre a giustificare la necessità degli attacchi militari e a chiedere poi di fermarsi.
Del resto anche in Europa, la consapevolezza che vi è tra la popolazione della disparità tra i bombardamenti e i rocket non si traduce in mobilitazione di massa. Le più grandi manifestazioni si sono tenute in Francia, Belgio e Gran Bretagna dove numerose sono le comunità arabe e musulmane e come a Jaffa gli slogan che risuonavano di più erano quelli di "Allah Akbar". Nulla ovviamente contro chi crede in Allah, ma dà il segno di come dalle guerre preventive di Bush sia cresciuto lo «scontro di civiltà» e di come un conflitto come quello palestinese-israeliano, che è per la sovranità nazionale contro la colonizzazione dei territori occupati nel 1967 abitati non solo da musulmani ma da cristiani, armeni, circassi, atei, agnostici, sempre di più viene fatto apparire come scontro tra islamici fondamentalisti e il «mondo libero». È il messaggio che porta Tzipi Livni quando visita i nostri paesi.
Intanto i sondaggi in Israele rivelano che Ehud Barak senza fare campagna elettorale è cresciuto nelle preferenze. Noi dovremo mobilitarci anche per riuscire a portare Barak, Livni e altri davanti alla Corte penale internazionale. Ma ora soprattutto per il cessate il fuoco subito, per la fine dell'assedio e il blocco degli insediamenti. Che si fermino i bombardamenti a Gaza e i rocket su Israele. Che non vi siano altre vite perse, siano esse palestinesi o israeliane.
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Manifestazione nazionale per l'apertura della campagna elettorale

Gaza - Fermiamo il massacro
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Video da Gaza
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Adozione a distanza di bambini palestinesi










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