
Scorporate quel referendum. La democrazia non è mai un costo
di Claudio Grassi
su Liberazione del 16/04/2009
Dalla necessità di reperire risorse per la ricostruzione delle aree devastate dal terremoto abruzzese viene da più parti desunta l’esigenza di accorpare le elezioni europee e amministrative al referendum sulla legge elettorale. E’ chiaramente un pretesto che non fa onore a chi lo sostiene e dietro il quale si celano ben precise finalità politiche. D’altra parte proprio chi propone di accorpare il referendum alle elezioni europee, sta votando in Parlamento l’acquisto degli aerei da guerra F-35 per i quali si spenderanno ben 14,5 miliardi di euro nei prossimi anni. Sono queste le spese inutili e allo stesso tempo esorbitanti che andrebbero immediatamente destinate alla riparazione dei danni nel territorio aquilano. Ma, al di là di queste considerazioni, il punto è l’ulteriore vulnus alla già malandata democrazia italiana che deriverebbe dall’eventuale vittoria del referendum.
I promotori del referendum si sono assunti la grave responsabilità di attentare alla vita democratica del Paese, operando affinché una lista elettorale possa aggiudicarsi il 55% dei seggi in parlamento con l’unica condizione di prendere un solo voto in più delle altre, anche se il suo consenso elettorale dovesse essere molto al di sotto della maggioranza assoluta degli elettori. Per intenderci, il Pdl potrebbe governare autocraticamente il Paese con il solo 40% dei voti con il quale viene accreditato nei sondaggi più recenti. Anzi, stando al progetto referendario, gli basterebbe il 25%, considerato il crollo di consensi subito dal Pd. È sufficiente questa considerazione per legittimare l’analogia tra questo progetto e la famigerata legge Acerbo, voluta da Mussolini, che assegnava i due terzi del Parlamento al partito di maggioranza relativa.
Ma non è solo questo. Il modello bipartitico americano, quello che ha recentemente ispirato le scelte del Partito democratico (quelle medesime scelte che hanno condotto la sinistra e lo stesso centro sinistra al livello più basso nella storia repubblicana), torna ad essere indicato come un utile obiettivo da perseguire. Berlusconi, anche se non potrà riconoscerlo pubblicamente, in cuor suo non cesserà mai di ringraziare i vertici del Partito democratico, i quali insistono nell’assecondare ogni disegno politico volto ad assicurargli il saldo controllo del potere. Non a caso il Presidente del Consiglio, nel prendere in seria considerazione le richieste del comitato promotore, ossia di indire il referendum negli stessi giorni in cui si svolgeranno le elezioni europee, accetta persino di mettere in fibrillazione la propria maggioranza e lo stesso Governo.
L’involuzione culturale cui assistiamo ormai da tempo nel panorama politico italiano potrebbe subire un ulteriore peggioramento qualora le modifiche alla legge elettorale contenute nel referendum venissero approvate. Nel volgere di pochi anni siamo passati da un sistema elettorale proporzionale a un sistema maggioritario, il quale ha di fatto introdotto il bipolarismo. Ora, con l’avallo del Pd, dal bipolarismo si vorrebbe giungere al bipartitismo. Viene da chiedersi quanto tempo ancora bisognerà attendere prima di sentire evocare l’utilità del partito unico.
Innanzi a una riforma di tale portata, dunque, non può essere accettata alcuna speculazione sul dramma dei cittadini abruzzesi. La democrazia non è mai un costo. Tanto più sono inaccettabili riforme che a parole vorrebbero ridurre i costi della politica ma che in sostanza produrrebbero solo un ridimensionamento (e in questo caso specifico si tratterebbe di un vero e proprio annullamento) del pluralismo nella rappresentanza politica.
Il senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni che cova da tempo nella popolazione italiana sarebbe certamente alimentato qualora i cittadini fossero forzatamente indotti a scegliere fra due opzioni politico-programmatiche pressoché identiche. Non va dimenticato che il modello americano richiama al voto meno della metà degli aventi diritto e, pertanto, non può essere considerato un bell’esempio di democrazia. Una vera democrazia, al contrario, deve avvertire l’importanza della partecipazione di ogni singolo cittadino alla vita politica del Paese. Il referendum in questione va in tutt’altra direzione, verso l’accentramento del potere nelle mani di pochi, per giunta in una fase in cui non mancano proposte tese ad accentuare le prerogative del Capo del Governo ed a sottomettere a quest’ultimo tanto il potere legislativo quanto quello giudiziario.
Per questi motivi è indispensabile evitare che una simile riforma elettorale possa essere approvata in maniera furbesca come vorrebbero, oltre al comitato promotore, sia il Pd che il Pdl. Non si è mai verificato sino ad oggi che un referendum si sia svolto contemporaneamente alle elezioni europee o alle elezioni politiche garantendo il raggiungimento del quorum, che sarebbe invece assai improbabile qualora gli italiani fossero chiamati ad esprimersi unicamente su una riforma elettorale scellerata quale quella proposta da Segni e Guzzetta.
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