Rivolta annunciata

19.02.2009 13:37

di Alessandro Dal Lago

su Il Manifesto del 19/02/2009

Prendete poco meno di novecento persone - che già hanno affrontato i rischi di un viaggio per mare - e stipateli in un centro che al massimo ne potrebbe contenere un terzo. Teneteli lì per due mesi e più in condizioni igieniche facilmente immaginabili, in attesa di rimandarne cento alla volta in Tunisia oppure di essere deportati chissà dove. Nell'ansia, nella paura e nella solitudine. In una situazione tale che da mesi il sindaco di Lampedusa definisce il Centro di prima identificazione ed espulsione un «lager». Che vi aspettate se non una rivolta?
Rivolte e fughe sono già avvenute, e anche a Lampedusa, quando per la prima volta la popolazione ha solidarizzato con gli stranieri internati e ha cacciato una ex sindachessa divenuta deputato della Lega. Ma questa volta le dimensioni della protesta indicano un salto di qualità. Una protesta di massa che non ha solo di mira un internamento disumano, ma anche la politica della «cattiveria», quella che il nostro ministro degli interni, Bobo Maroni, ha annunciato e sta praticando. Per mille vie, gli stranieri internati sanno.
Sanno ciò che li aspetta. Se sfuggiranno alla deportazione, finiranno nella zona oscura dell'emarginazione, della precarietà, dell'odio di una società che - in parte almeno apparentemente preponderante - ha deciso di risolvere il problema della loro esistenza cancellandoli dal novero degli umani, riducendoli a una sorta di merce frutto di traffici illegali e buona per traffici «legali». Perché di questo si tratta. Il crimine di uno, di due o di cento li stigmatizza come bestie, a partire dal loro trattamento appena sbarcati, per continuare e finire con la vita che faranno.
Che un paese, nella sua parte preponderante, almeno a giudicare dai monotoni risultati elettorali, non sia capace di pensarli e trattarli diversamente comincia a non sorprendere più nessuno. È una questione europea, anzi mondiale, che azzera ogni illusione nello stato di diritto quando si occupa dei non cittadini.
Una democrazia formale può convivere con l'esistenza di una quota di esseri umani espulsi di fatto dall'umanità. Qualcosa che ricorda, non troppo alla lontana, gli Stati Uniti d'America prima di Lincoln, compresa l'aria di linciaggio che spira dalla Padania, e non solo. Ma compresi anche i primi sussulti di consapevolezza collettiva e di rivolta.
Tutto questo, ormai, non può sorprendere: dalla mercificazione alla rivolta. Sorprende di più che gli statisti oggi al potere da noi non riescano nemmeno a intuire - nonostante gli avvertimenti della Chiesa, in altre occasioni così tanto ascoltata - di trovarsi di fronte a esseri provvisti, come chiunque altro, di dignità.
Se uno affronta i tanti rischi della morte in un deserto, che volete che sia l'incendio di un centro su un'isola al centro di quel Mediterraneo su cui hanno appena rischiato la vita? E se si sfidano gli elementi e poi si resiste all'ostilità diffusa, non verrà il momento di un'opposizione sociale?
Prime crepe nel muro della fortezza, di cui l'Italia d'oggi costituisce il perimetro più sgangherato. Piccoli annunci di futuro. Le tante destre del nostro paese, i tanti suoi ragionevoli moderati, tutto questo non lo capiscono. Non dovrebbe suggerire qualcosa almeno a ciò che resta della sinistra?

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