
Rinaldini: «E' in atto un'aggressione alla democrazia»
ATTACCO AI LAVORATORI, ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA
La Cgil si prepara alla mobilitazione in vista dello sciopero del 13 Febbraio e delle consultazioni referendarie tra i lavoratori sull'accordo separato sui contratti. Il PRC con la Cgil
di Fabio Sebastiani
su Liberazione del 31/01/2009
«E' in atto una aggressione alla democrazia e alla costituzione materiale del nostro paese. E' per questo che occorre pensare a una legge di iniziativa popolare».
Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, dal palco dell'assemblea "mista" dei delegati metalmeccanici e del pubblico impiego parla con il tono solenne delle grandi occasioni.
L'idea di mettere insieme i percorsi di lotta di due distinte categorie inglobandoli nella risposta della Cgil all'accordo separato sul rinnovo dei modelli contrattuali si sta rivelando la scelta giusta in questi tempi di forti lacerazione nel sindacato.
Il successo di pubblico registrato a Napoli pochi giorni fa pare aver messo il turbo alla "fase uno" della mobilitazione. Le tute blu, che di accordi separati ne hanno subiti almeno un paio già a partire dalla fine degli anni novanta e quindi hanno già accumulato il know how necessario, i "white collar" che si troveranno a dover sopportanre forse gli effetti peggiori delle "nuove regole" della contrattazione. Ad unirli non è solo la necessità di fare "massa critica" ma una precisa battaglia politica e sindacale che parte dalla difesa del contratto nazionale passa per il salario e la difesa del diritto di sciopero e approda alla riqualificazione del welfare.
Davanti c'è lo sciopero generale, quello del 13 febbraio, tutto da costruire. Il segretario generale della Fiom, chiarisce subito che occorre puntare all'obiettivo, che sarà una sfida dura e difficile. I colpi della crisi stanno facendo danni in tutte le realtà produttive soprattutto attraverso la cassa integrazione.
L'esercizio della democrazia è l'unico strumento che potrà evitare a Cgil, Cisl e Uil la rissa nei luoghi di lavoro, «quando si tratterà di presentare le piattaforme», e anche l'unico in grado, almeno per il momento, di tracciare un percorso credibile per cancellare l'accordo firmato a palazzo Chigi il 22 gennaio. «C'è un disegno autoritario - insiste Rinaldini - che oggi procede attraverso precisi provvedimenti sociali». «Tra breve - aggiunge - toccherà alle pensioni».
Dentro questo processo se il sindacato naviga a vista, la politica, soprattutto a sinistra, sembra aver smarrito i capisaldi della controffensiva. «Non abbiamo bisogno di padrini - dice Rinaldini in evidente polemica con il segretario del Partito democratico Walter Veltroni - che si mettono in testa di ricomporre i dissidi sindacali. Stessero piuttosto attenti a non riversare addosso alla Cgil i problemi che hanno in casa loro». Non è solo voglia di rintuzzare gli attacchi alla Cgil da parte del "fuoco amico" in un momento in cui il sindacato ha proprio bisogno di unità e compattezza, ma anche la precisa coscienza che la battaglia in questo frangente è tutta sindacale. Si tratta di portare i lavoratori allo sciopero, di spiegare le vere ragioni del "may day", di incidere sui processi reali attraverso una controproposta. Uno sforzo in cui, come sottolinea il segretario della Fiom di Torino Giorgio Airaudo, «abbiamo bisogno di guardarci in faccia». «Sappiamo di chiedere un sacrificio ai lavoratori - aggiunge Airaudo - ma la risposta che va data è alla coesione del movimento sindacale». Negli interventi dei delegati metalmeccanici e di quelli del pubblico impiego si capisce benissimo che la preoccupazione è tanta, ma altrettanta la voglia di reagire. «Deroga vuol dire ricatto continuo», sintetizza una tuta blu parlando con i giornalisti. «Le risorse per i loro amici di Cai/Alitalia le hanno trovate. Ed ora le trovassero per gli ammortizzatori sociali e per il welfare», dice un lavoraore del pubblico impiego. Questo è il settore dove le torsioni dell'accordo separato si faranno sentire con maggior violenza. Toto Chiaromonte, segretario della Funzione pubblica/Cgil del Piemonte, ha fatto qualche conto ed ha scoperto che se il "nuovo modello" fosse stato agli ultimi settte anni di rinnovi contrattuali un addetto della sanità avrebbe perso 3.500 euro e uno degli enti locali 3.000. Non c'è da scherzare. Il pubblico impiego la cassa integrazione non ci sarà e non cisarà nemmeno l'assillo di perdere il posto di lavoro come nel settore privato. Quindi lo scontro sarà più duro che altrove e avverà proprio sul salario.
«Il governo sta rischiando un conflitto sociale senza precedenti proprio perché vuole azzerare il conflitto», dice un delegato della Fiom. Il pubblico impiego non solo non potrà "godere" dell'Ipca (l'indice dei prezzi europeo armonizzato) ma la stessa base di calcolo non garantirà nemmeno gli aumenti che questo assicura al privato. Senza contare la presa in giro di un diritto di sciopero che viene annullato di fatto senza colpo ferire. «E' proprio perché vogliamo difendere la democrazia - sottolinea Alfredo Garzì, della segreteria nazionale della Fp-Cgil - che diciamo no». «Sono Cisl e Uil a dover spiegare perché - aggiunge -hanno firmato un accordo separato che non ha niente a che vedere con la piattaforma unitaria, e non noi a dover spiegare il no».
Il 9 e 10 febbraio la Fp/Cgil terrà il referendum contro l'accordo separato nel pubblico impiego, firmato pochi mesi fa da Cisl e Uil. Sarà l'occasione per spiegare ai lavoratori i motivi dello sciopero generale e della manifestazionea Roma. Dal Piemonte sono attesi due treni speciali e dieci pullman. «Il 13 febbraio - conclude Garzi - dovremo costruire qualcosa per tutti». L'assemblea è stata anche l'occasione per affrontare il nodo della crisi della Fiat. La Fiom ha ribadito molto chiaramente che non ci sarà alcuna ripartenza senza un pronunciamento chiaro dell'azienda sulla garanzia dei posti di lavoro. «La Fiat deve dire cosa vuole fare», ha sottolineato Rinaldini. Tra forte crisi di mercato e nuovo assetto delle alleanze internazionali, la Fiat potrebbe registrare in Italia una forte emorragia di posti di lavoro. Il perché è molto semplice, in Italia ci sono impianti di una certa età, e il resto dei siti Fiat stanno tutti in regioni dove il costo del lavoro è fortemente più basso di quello italiano. «Nessuno si sogni - ha puntualizzato Rinaldini - di chiudere qualche stabilimento approfittando del clima di emergenza». Il settore auto dà lavoro in Italia a circa un milione di persone.
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26.03.09 – Le norme applicative dell’accordo separato che vogliono uccidere la libertà
di contrattazione e il contratto nazionale
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