Raid al fosforo sulla sede Onu

16.01.2009 13:39

di Michele Giorgio

su Il Manifesto del 16/01/2009

Hamas: tregua in cambio del ritiro d'Israele. L'Unrwa bombardata con le micidiali bombe incendiarie. Un raid dell'aviazione uccide ex ministro dell'interno degli islamisti. Colpita anche la sede dei giornalisti. Nel ventesimo giorno dell'offensiva i morti palestinesi salgono a 1.055

Indiscrezioni su un prossimo annuncio del cessate il fuoco, della durata iniziale di dieci giorni, circolavano ieri sera in anticipo sulla riunione dei vertici del governo israeliano chiamati a valutare gli esiti della missione al Cairo, sede dei negoziati, del mediatore Amos Ghilad. Ma da giorni si annunciano tregue imminenti mentre a dettare legge sono sempre i cacciabombardieri F-16 e i cannoni dei mezzi corazzati israeliani che ieri hanno fatto vivere ai civili dei quartieri meridionali di Gaza city le ore più difficili della devastante offensiva «Piombo fuso» cominciata il 27 dicembre.
Migliaia di palestinesi, tra cui tante donne e bambini, hanno abbandonato le loro case di fronte all'avanzata dei reparti israeliani appoggiati dall'aviazione. Combattenti di Hamas e di altre fazioni hanno opposto una vana resistenza sul terreno - almeno venti sono rimasti uccisi negli scontri - non mancando di lanciare razzi sul sud di Israele (una trentina) ferendo a Bersheeva in modo grave un ragazzo e una donna. A Gaza questa giornata infernale è stata segnata anche dai colpi di artiglieria caduti su un edificio del quartier generale dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu che assiste i profughi palestinesi. I feriti sono stati tre ma si è rischiata una nuova strage di civili, poiché le Nazioni Unite da giorni ospitano in varie strutture centinaia di sfollati.
L'attacco ha suscitato dure proteste da parte del Segretario generale dell'Onu Ban ki moon, ieri in Israele. Il ministro della difesa Barak ha chiesto scusa, mentre il premier Olmert ha accusato Hamas di aver sparato dal palazzo dell'Unrwa. Ieri sera però i vertici politico-militari israeliani hanno festeggiato. Uno dei principali leader del movimento islamico, Said Siyam, ex ministro dell'interno, è stato ucciso a Gaza in un raid aereo israeliano. Si tratta del più alto dirigente di Hamas colpito da Israele dall'inizio della sua offensiva (due settimane fa era stato ucciso un altro dirigente, Nizar Rayan). Siyam aveva fondato la Tanfisiyeh, la «Forza esecutiva« di Hamas che nel giugno 2007 aveva sbaragliato le unità fedeli al presidente (ex da una settimana) Abu Mazen. Per la direzione politica di Hamas è un colpo duro: Siyam, per importanza, veniva subito dopo il premier Ismail Haniyeh e l'ex ministro degli esteri Mahmoud Zahar. «Ezzedin Qassam», il braccio armato del movimento islamico ha annunciato che vendicherà Siyam, morto assieme al figlio e al fratello.
Sdegno nei Territori occupati e in varie parti del mondo ha suscitato l'attacco alla sede dell'Unrwa. L'edificio, nel quale si trovavano circa 700 sfollati, ieri è stato centrato da tre proiettili. Subito dopo è stato avvolto dalle fiamme che hanno ridotto in cenere tonnellate di cibo e di aiuti umanitari. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha presentato «una ferma protesta» al governo Olmert ed ha espresso tutta la sua «indignazione». Dai vertici israeliani è giunta una spiegazione contraddittoria: se il ministro della difesa Barak ha parlato di «grave errore», il primo ministro ha spiegato che l'esercito ha risposto a colpi di arma da fuoco provenienti proprio dall'edificio. Una versione smentita categoricamente dall'Unrwa. «Confermiamo e ribadiamo che all'interno dell'edificio non c'era alcun combattente e nessun colpo è stato esploso contro i soldati israeliani - ha spiegato un portavoce, Sami Mashasha- in secondo luogo le autorità israeliane devono mettersi d'accordo tra loro prima di rilasciare due dichiarazioni ufficiali che sono l'una l'antitesi dell'altra». A fare da eco a Mashasha è stato un alto funzionario dell'Onu a Gaza, John Ging, che ha bollato come totalmente «prive di senso» le dichiarazioni dei vertici israeliani. In serata, a New York, il capo del programma umanitario delle Nazioni Unite, John Holmes, ha denunciato l'utilizzo da parte di Israele di munizioni incendiarie al fosforo bianco contro la sede dell'Unrwa. L'attacco, sommato al bilancio di morti palestinesi che dopo 20 giorni ha raggiunto la spaventosa cifra di almeno 1.055, ha suscitato la condanna di una parte della Comunità internazionale. Il premier britannico Gordon Brown ha definito il raid «inaccettabile e indifendibile», mentre il presidente dell'Assemblea generale dell'Onu, Miguel d'Escoto, ha accusato Israele di violare il diritto internazionale. Più blanda la condanna della presidenza ceca dell'Ue, mentre l'Italia ha balbettato. Il ministro degli esteri Frattini, in un'intervista al Tg3, si è limitato ad auspicare salomonicamente che «cessino i morti dall'una e dall'altra parte». Ieri non c'è stato solo il raid contro la sede dell'Unrwa ma anche un attacco aereo «per errore« contro la torre Shuruq di Gaza city, dove si trovano le redazioni di molte televisioni - sono rimasti feriti due cameraman della tv al Arabiya - e una cannonata contro il secondo piano dell'ospedale al Quds di Tel al Hawa. «Dopo circa un'ora dal bombardamento siamo riusciti a evacuare oltre 600 persone dai reparti vicini ma abbiamo ancora tra i 35 e i 40 pazienti cronici bloccati in un'ala dell'ospedale e date le loro condizioni di degenti cronici non possiamo spostarli», così Khalil Abul Foul, medico della Mezzaluna Rossa, ha raccontato la giornata più drammatica per il suo ospedale.
Per gli analisti israeliani l'avanzata delle truppe a Gaza City ripeterebbe un rituale già noto: è alla vigilia di una tregua che un conflitto raggiunge l'apice, dicono in coro. Proprio ieri Israele e Stati Uniti sono arrivati vicini ad una intesa per bloccare il traffico di armi attraverso i tunnel sotterranei tra Gaza e l'Egitto. La trojka governativa israeliana dopo aver ascoltato Amos Ghilad, deciderà, forse stamattina, se continuare a martellare Gaza o accettare uno stop di 10 giorni. Israele, scrivono i giornali locali, ha già ristabilito il suo «potere di dissuasione». Da parte sua Hamas, hanno detto al manifesto fonti di Gaza, ha rinunciato al ritiro immediato degli occupanti israeliani ma non cede sulla riapertura dei valichi, ora ancora più essenziale di prima di fronte alle macerie dalle quali dovrà risorgere Gaza.

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