Alessandro Speciale
No, il segretario di Stato vaticano Bertone non ha certo alzato il telefono per chiamare il premier Berlusconi e chiedergli di intervenire sul caso Englaro; ma certo, la mossa di ieri del governo era esattamente quella che molti, nelle stanze vaticane e nella Chiesa cattolica, attendevano e speravano.
Mentre, di prima mattina, nella clinica "La Quiete" di Udine veniva staccato il sondino che da 17 anni tiene artificialmente in vita Eluana, a turbare l'aplomb della Santa Sede arrivava un retroscena de La Stampa , che metteva nero su bianco una notizia circolata abbondantemente negli ultimi giorni: il "primo ministro" del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, martedì scorso avrebbe contattato telefonicamente il capo del Governo per manifestare «le preoccupazioni d'Oltretevere, per usare un eufemismo, sulle implicazioni che si porterà dietro questo dramma umano che ha diviso le coscienze del Paese». "Un delitto contro l'uomo": queste le parole che il cardinale avrebbe usato per convincere un Berlusconi fino ad allora recalcitrante, più a suo agio con la "anarchia etica" che con le crociate "non negoziabili" della Santa Sede.
La risposta alla notizia di quella che sarebbe l'ennesima ingerenza di Oltretevere nelle vicende italiane arriva nella forma di una nota ufficiale del direttore della Sala Stampa vaticana, Federico Lombardi, che «smentisce nel modo più categorico» la «notizia totalmente infondata» del «presunto colloquio telefonico». Mossa quantomeno inusuale di fronte ad un semplice articolo di giornale, frutto per di più di una soffiata presumibilmente proveniente da Palazzo Chigi piuttosto che da dentro le Mura Leonine.
Ma il vigore della smentita non serve ad altro che a rafforzare la sensazione che qualcosa, malgrado il tentativo di frenata di Napolitano e Fini negli ultimi giorni, stia effettivamente bollendo in pentola. E infatti, a stretto giro di posta dalla lettera del presidente della Repubblica che spiega le ragioni del suo "no", ecco il decreto. Poche righe, con l'obiettivo di bloccare l'attuazione della sentenza e l'effetto collaterale tutt'altro che sgradito di gettare la "patata bollente" nel campo del Quirinale.
Le entusiastiche reazioni degli apparati della Curia non si fanno attendere. A battere tutti sul tempo è il cappellano di Montecitorio, monsignor Rino Fisichella, da pochi mesi anche presidente della Pontificia Accademia della Vita che ha come mandato proprio quello di seguire le questioni "eticamente sensibili". Fisichella è pronto naturalmente a plaudere al «gesto di grande coraggio» del governo, che - sostiene in barba ai sondaggi che dicono univocamente il contrario - «sarà apprezzato dalla grande maggioranza di tutti i cittadini». Sicuramente, piacerà ai politici che Fisichella conosce bene: il vescovo è infatti in partenza per Lourdes, dove accompagnerà in pellegrinaggio un piccola truppa di parlamentari devoti.
Il rischio è, però, che il loro sia un viaggio breve e che deputati e senatori vengano precettati a Roma già da oggi: come annunciato, infatti, Napolitano si rifiuta di firmare il decreto e Berlusconi, da parte sua, annuncia che il Parlamento approverà a tappe forzate, "in due o tre giorni" la legge sul fine vita che languiva da mesi nelle aule del Senato.
Da Oltretevere, ad attaccare il presidente della Repubblica ci pensa il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace. Si dichiara «profondamente deluso» da Napolitano, «costernato che in tutte queste diatribe politiche si ammazzi una persona» e loda il proposito berlusconiano di far approvare una legge nel più breve tempo possibile: «Tutto quello che si può fare per salvare una vita e non introdurre per vie traverse l'eutanasia in Italia va fatto».
Il rischio che la Santa Sede vuole evitare, però, è quello di incrinare la grande sintonia che in questi anni si è venuta a creare tra i due Colli Quirinale e Vaticano. E' per questo che un altro cardinale, Javier Lozano Barragan, che guida il Pontificio consiglio della pastorale della salute, sembra quasi non voler credere al "no" di Napolitano e si limita a dirsi "addolorato" se davvero lo scontro fosse inevitabile.
E tuttavia, in Vaticano la soddisfazione della Chiesa per un successo ormai quasi inatteso è palpabile: dalla Segreteria di Stato, trapela infatti che quanto sta avvenendo «rispecchia la posta in gioco» del caso Eluana. Dietro il silenzio ufficiale della Cei, anche i vescovi italiani sorridono. Per tutti, parla l'arcivescovo di Udine, Brollo: «Con una rapida approvazione della legge sul testamento di fine vita, il caso Englaro non esisterebbe più».
Liberazione 07/02/2009
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