
Piombo fuso verso l'escalation
L'INVASIONE
Israele lancia volantini sulla Striscia di Gaza. In realtà sono minacce: lasciate le vostre case e allontanatevi dai "terroristi". Stiamo arrivando con i carri armati e non avremo alcuna pietà...
di Michele Giorgio
su Il Manifesto del 11/01/2009
Gaza, pioggia di volantini annuncia la fase tre. Jabaliya, massacrata un'intera famiglia. I palestinesi: in centinaia sequestrati dall'esercito
I razzi lanciati dall'aviazione israeliana la scorsa notte aprivano squarci di luce nell'oscurità di Gaza senza elettricità e rimasta al buio. Bagliori che facevano temere nuovi scenari di guerra. I volantini sganciati ieri su Gaza dagli aerei israeliani, durante le tre ore pomeridiane di cessate il fuoco, hanno messo in chiaro che l'offensiva «Piombo fuso» non solo non terminerà presto - «Ci occorre altro tempo», ha avvertito il ministro degli esteri Tzipi Livni intervistata dalla stampa americana - ma potrebbe, forse già nelle prossime ore, far registrare un'escalation. Si fa imminente la «Terza fase», la rioccupazione, uno per volta, dei principali centri abitati di Gaza, con il suo carico di morti e distruzione.
Nelle ultime ore, ha riferito il dottor Muawiya Hassanin, responsabile dei servizi di pronto soccorso, sono stati uccisi negli scontri a fuoco una dozzina di militanti armati di Hamas - i comandi israeliani sostengono che sarebbero almeno 300 i combattenti palestinesi morti in due settimane - ma anche otto civili a Jabaliya, tutti membri della stessa famiglia. Hassanin ha portato ad almeno 816 morti e a 3.350 feriti il bilancio palestinese dell'attacco israeliano a Gaza. Ucciso anche un altro giornalista, Alaa Murtaya. «Quella sterminata oggi (ieri, ndr) è una delle tante famiglie che compongono il clan degli Abed Rabbo - ha raccontato al manifesto Firas, 28 anni, del campo profughi di Jabaliya - è stata una cannonata improvvisa a distruggerla nella sua abitazione. Le ambulanze hanno portato via diversi feriti, tre mi sembravano in condizioni molto gravi. Non sappiamo perché gli israeliani abbiano preso di mira proprio quella casa, in quella zona non si combatte e non si vedono in giro muqawiyyin (resistenti)».
Nel pomeriggio, ha aggiunto Firas, in un'altro settore di Jabaliya, un elicottero da combattimento Apache ha colpito tre palestinesi, con ogni probabilità di Hamas. A Jabaliya si teme che l'inizio della «Terza fase» porti gli israeliani ad entrare nel centro della cittadina e del vicino campo profughi, operazione che rischierebbe di risolversi in un bagno di sangue. «Rischiamo la fine di Beit Lahiya», ha detto Firas riferendosi ai bombardamenti e attacchi subiti dalla città dove si sono registrati alcuni dei massacri di civili più gravi. I comandi israeliani peraltro confermano che l'obiettivo immediato delle forze armate è consolidare il controllo del nord di Gaza, quindi dei distretti di Jabaliya, Beit Hanun e Beit Lahiya, da dove i palestinesi lanciavano razzi fino a qualche giorno fa. Dichiarazioni che contrastano con la realtà sul terreno, perché il braccio armato di Hamas continua a sparare razzi verso il sud di Israele. Lo hanno fatto anche ieri, nonostante l'uccisione di Amir Mansi, uno dei comandanti delle Brigate Ezzedin al Qassam, presunto comandante dell'unità incaricata degli attacchi con i razzi.
Qassam e Grad hanno preso di mira in particolare Ashqelon, dove hanno provocato tre feriti leggeri al mattino e altri 14 nel pomeriggio, ma anche Ashdod e varie località del Neghev. Il bilancio di vittime israeliane dei Qassam è di tre civili, mentre almeno dieci soldati sono rimasti uccisi dall'inizio dei combattimenti. Dal nord di Gaza non giungono solo notizie di morti e feriti e di famiglie sterminate ma anche di centinaia di uomini scomparsi nel nulla. Sono stati fatti prigionieri dai soldati e portati via in località sconosciute. Tra di loro i civili sono la maggioranza. Alcuni sono stati liberati e hanno raggiunto, spesso scalzi e seminudi, i centri abitati. Gli altri vengono interrogati dai servizi di sicurezza israeliani alla ricerca di informazioni su Hamas. L'agenzia di stampa palestinese Pnn, che per prima aveva riferito delle «sparizioni», ha parlato di circa 500 palestinesi del nord di Gaza (e non solo) detenuti in quattro campi all'interno della Striscia. Il parlamentare arabo-israeliano Jamal Zahalka ha denunciato che i detenuti sono stati trasferiti a Bersheeva. «La maggior parte sono civili e non possono essere considerati prigionieri di guerra», ha protestato Zahalka. Secondo il parlamentare, le autorità israeliane intendono fare il maggior numero di prigionieri, civili e di Hamas, per avere informazioni ma anche da usare per fare pressione sul movimento islamico in modo da costringerlo a liberare il caporale Ghilad Shalit. Su crimini di guerra e diritti umani violati a Gaza è intervenuto anche Human Rights Watch, per accusare Israele di aver fatto uso di munizioni al fosforo bianco mettendo a rischio i civili palestinesi. I ricercatori di Hrw hanno accertato l'uso nel nord di Gaza di questa arma che, seppur consentita dal diritto internazionale, quando viene impiegata sui centri abitati può causare ustioni gravissime alle persone e incendiare case e strutture civili.
La diplomazia intanto segna il passo, sotto l'incalzare dell'offensiva non solo militare ma anche politica di Israele, che sta cercando di guadagnare tempo prima di una tregua, che in ogni caso dovrà fondarsi sulle sue condizioni. Hamas, che ha inviato una delegazione al Cairo, si oppone al dispiegamento lungo il confine tra Gaza e l'Egitto di militari internazionali. L'ipotesi invece piace all'ex presidente palestinese Abu Mazen (l'altro ieri è scaduto il suo mandato) che ieri ne ha chiesto la presenza in tutta Gaza e Cisgiordania. Il movimento islamico teme che il compito di questi «osservatori» non sarà soltanto quello di impedire il traffico di armi dall'Egitto verso Gaza ma, soprattutto, di legare le mani ai suoi combattenti e impedire i lanci di razzi lasciando allo stesso tempo la libertà di azione di Israele.
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