
Perde un piede sul lavoro. L'Inail: non è infortunio
di Gemma Contin
su Liberazione del 28/12/2008
Un normale giorno di lavoro, lo scorso primo febbraio, per Giorgio Sordini, 63 anni, da Civitanova Marche, di mestiere ex camionista, poi addetto al magazzinaggio in una ditta di autotrasporti.
Un normalissimo giorno lavorativo, come tanti, un po' noioso dopo aver dovuto abbandonare i lunghi viaggi a bordo dei tir a causa di una patologia invalidante come il diabete. Un giorno qualunque, se non ci fosse stato quell'incidente sul lavoro, uno dei tanti infortuni, tra il milione e passa che accadono ogni anno in Italia, piovuto come un fulmine a travolgere la vita di Giorgio Sordini.
Un carico da spostare, un muletto che funziona male, una svista. Chissà. Il carico oscilla, l'operaio perde il controllo del muletto, la merce si piega su un lato e piomba sul piede dell'uomo.
Grida, dolore violento. Qualcuno lo aiuta, lo libera dal carico. I compagni di lavoro lo inducono ad andare all'ospedale, ma anziché correre al pronto soccorso l'uomo finisce la giornata di lavoro con il piede che si gonfia a vista d'occhio.
L'indomani va dal medico curante, che gli prescrive dei banali antidolorifici. Forse il sanitario trascura di visitarlo, forse non si ricorda che l'operaio è affetto da diabete. Forse Sordini minimizza l'accaduto. Forse incappa nella trascuratezza di troppi cosiddetti medici di famiglia, o di base, trasformati dall'incuria della sanità pubblica in scribacchini di ricette da esibire in farmacia.
Sta di fatto che il dottore si limita a prescrivergli i soliti antidolorifici, in attesa che la botta si sgonfi e l'ematoma si riassorba. Ma il piede continua a far male, Sordini non riesce a camminare, così, il 13 febbraio, dopo dodici giorni di dolori lancinanti, si presenta al pronto soccorso. Intanto l'arto da viola, anziché sbiadire al verde e al giallo come qualsiasi botta in un soggetto normale, è passato prima al rosso fuoco poi al bluastro, poi è diventato nero.
Quando l'operaio arriva finalmente in ospedale gli diagnosticano un «trauma da schiacciamento con ischemia distale del piede sinistro».
In un soggetto diabetico significa che il piede è andato. E infatti il 16 febbraio Sordini viene trasferito dal reparto di Medicina d'urgenza dell'ospedale di Civitanova a quello di Chirurgia di Torrette di Ancona, dove gli viene praticata l'amputazione dell'avampiede.
E il calvario comincia proprio qui, nel momento in cui Giorgio Sordini presenta la documentazione all'Inail, l'Istituto nazionale di assistenza per gli infortuni sul lavoro, per ottenere il riconoscimento dell'invalidità, dato che con un piede ridotto a moncone è difficile continuare a svolgere il lavoro di magazziniere, e per ricevere di conseguenza l'assegno vitalizio che gli consenta di sopravvivere e di curarsi.
Ma l'Inail sostiene che poiché il lavoratore era affetto da diabete, era destinato a perdere comunque l'arto, prima o poi, non necessariamente a causa di un infortunio. E quindi gli riconosce soltanto l'indennizzo di 461 euro per i giorni di assenza dal lavoro. Anzi, oppone alle ragioni del lavoratore infortunato una legge, la numero 115 del 1987, che regola la materia della prevenzione e delle cure nei soggetti affetti da diabete mellito, una patologia che la legge definisce di "alto interesse sociale".
L'Inail dunque gira il caso all'Inps, con la scusa che l'amputazione è dovuta al diabete e non all'infortunio. E qui comincia il ballo delle carte. L'Inps infatti studia il caso, lo classifica come "infortunio sul lavoro" e rispedisce tutto all'Inail.
La storia va avanti così da dieci mesi. L'operaio intanto non può lavorare. Non ha stipendio. Riceve, nelle more della vertenza tra i due enti, un contributo mensile dall'Inps di 250 euro a titolo di riconoscimento del 3% di invalidità. Con la pensione della sua compagna arrivano a 500 euro al mese. Non possono più pagare l'affitto e non hanno i soldi per un avvocato che incardini la pratica nei confronti dell'Inail.
E' bene far presente, a questo punto, che il Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell'Istituto di assistenza per gli infortuni sul lavoro presieduto da Vincenzo Mungari ha presentato un bilancio preventivo per il 2008 con la stima di un avanzo patrimoniale di due miliardi e 830 milioni di euro, quasi tre volte quello realizzato nel 2007 quando, per la prima volta nella storia dell'istituto, è stato raggiunto un avanzo di bilancio (nelle aziende si chiama utile) di un miliardo e 74 milioni di euro.
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