di Sante Moretti
Nei giorni scorsi sul Corriere della Sera Michele Salvati (area Pd) accusa esplicitamente di pavidità i ministri Tremonti e Sacconi in quanto non utilizzerebbero la crisi per realizzare le riforme del lavoro e delle pensioni. Salvati propone uno scambio: aumentare le risorse per gli ammortizzatori sociali ed i redditi minimi senza oneri per il bilancio dello Stato recuperando la maggior spesa attraverso l'aumento dell'età pensionabile. Sostiene inoltre che l'accordo tra le organizzazioni padronali e sindacali (la Cgil ha detto no) non sarebbe sufficiente.
Firme "prestigiose" sui più importanti quotidiani continuano a pontificare su come salvare il sistema capitalistico. Le ricette più gettonate sono la riforma del sistema pensionistico in quanto troppo generoso e quello del lavoro per liberarlo da lacci e vincoli, compreso l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Sulla stessa linea l'On. Casini. Mentre Veltroni denuncia l'iniquità di uno stato sociale che protegge gli anziani a scapito dei giovani, gli occupati stabili a scapito dei precari.
Sembra quasi che la crisi sia causata dall'ingordigia dei pensionati e di quanti hanno un lavoro fisso e le vittime siano le imprese e le banche. Per chiarezza, va ripetuto che il costo dello stato sociale è inferiore dell'1,25% del Pil rispetto a quello medio europeo. Il peso delle pensioni sulla spesa sociale è inferiore a quello di molti paesi europei e che in Italia il Tfr è considerato pensione e sulle pensioni vi è un prelievo fiscale superiore a 12 miliardi l'anno mentre negli altri paesi è simbolico.
Non solo, quando si ciancia di costo delle pensioni si ignorano i versamenti contributivi che sono quote di salario. Il bilancio dell'Inps è in attivo pur sopportando oneri assistenziali ed una enorme evasione contributiva. La verità è che gli importi pensionistici sono modesti e vengono logorati dal costo della vita; è che in futuro non ci sarà più un minimo di pensione garantita e che gli importi delle pensioni diminuiranno ancora; è che i fondi pensione si stanno mangiando il Tfr conferito e non garantiranno le "integrazioni" pensionistiche promesse; è che un numero consistente di anziani precipiterà nella povertà.
La riforma delle pensioni che viene perseguita si basa sul cambiamento dei coefficienti di trasformazione per diminuirne i futuri importi e sull'aumento generalizzato dell'età per il pensionamento. Sull'età pensionabile è necessario fare chiarezza. L'età per il diritto alla pensione di anzianità e vecchiaia è stata aumentata negli ultimi 17 anni in modo consistente: sostanzialmente eguale per ogni tipologia di lavoro (privato, pubblico, autonomo). Modeste riduzioni sono previste per pochissime attività lavorative considerate particolarmente usuranti. La sola differenza è il diritto delle donne a pensionarsi 5 anni prima degli uomini (60 anni) ma solo per la pensione di vecchiaia. Per aumentare l'età per il diritto alla pensione per le lavoratrici si prende a pretesto un rilievo della Comunità Europea relativo alle sole impiegate nella pubblica amministrazione.
I richiami della Comunità Europea che questo Governo ignora sono frequenti. E' il caso delle misure per salvaguardare l'ambiente, le quote latte e persino il divieto di tortura. Va precisato che le donne possono scegliere di continuare a lavorare dopo i 60 anni. Non è vero che in Italia ci si pensiona molto prima che negli altri paesi europei. Nel 2007 (ultimi dati disponibili) l'età media di pensionamento (vecchiaia e anzianità) risulta di 59 anni ed otto mesi per le donne e di 61 anni per gli uomini di poco inferiore alla media europea, 60 anni e 9 mesi le donne e 61 e sei mesi per gli uomini. Nel 2008 la forbice si è accorciata. La verità è un'altra: si prende a pretesto l'età per il diritto alla pensione delle donne per imporre un aumento generalizzato delle pensioni sia per i lavoratori sia per le lavoratrici: propongono di portare l'età per tutti a 67 anni.
Le proposte in materia di età degli economisti e dei notisti hanno un solo scopo: prelevare dalle pensioni in due o tre anni 25 miliardi di euro per metterli a disposizione delle imprese e delle banche. A questi signori della parità, e tanto meno della sentenza, non interessa un fico secco.
Pane al pane, vino al vino: hanno provocato la crisi ed ora vogliono farla pagare ai lavoratori ed ai pensionati, anzi dalla crisi otterranno maggiori profitti e più potere!
La pensione è "salario" che garantisce un diritto sacrosanto, dopo una vita di lavoro, a vivere una tranquilla anzianità. E' urgente che a difesa delle pensioni vi sia una forte mobilitazione di tutti i lavoratori e le lavoratrici.
Liberazione 14/02/2009
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