
Lavoratrici, il governo allontana la pensione
di Antonio Sciotto
su Il Manifesto del 14/01/2009
Confermata alla Ue l'idea di Brunetta. Protesta Cgil
Il governo ha raggiunto un accordo sull'innalzamento dell'età di pensione per le donne, e questa settimana ha risposto all'Unione europea: l'aumento verrà fatto - ha scritto lunedì a Bruxelles il ministro Andrea Ronchi, mettendo un primo punto fermo sulla questione. Prima di Natale, la boutade del ministro Renato Brunetta era stata frenata dalle perplessità del collega Maurizio Sacconi, ma adesso - come confermano le dichiarazioni di quest'ultimo - si è arrivati a un primo compromesso di massima, che per il momento esclude dalla «riforma» il settore privato (competenza di Sacconi) e include solo le impiegate pubbliche. D'altra parte, la Commissione europea nei mesi scorsi ha minacciato sanzioni solo riguardo alle presunte «discriminazioni» che opererebbe l'Inpdap (istituto dei dipendenti statali), e invece sull'Inps (cassa privati) non si è pronunciata. Ma se andiamo al di là dei distinguo dell'ultima ora, l'alibi offerto dall'Europa rischia di offrire al governo un ottimo «cavallo di Troia» per riformare tutto il sistema pensionistico, e portare così il minimo di età di uscita a 62 anni, e la pensione di vecchiaia fino a 67.
E' l'idea, quest'ultima, proposta ieri da Giuliano Cazzola, del Pdl: «Il problema vero è quello di elevare la soglia minima almeno a 62 anni, nell'ambito di un pensionamento flessibile e unificato per genere e tipologia». Insomma, avendone la possibilità, la maggioranza potrebbe imporre una nuova riforma dopo quella degli «scalini» di Prodi, del 2007, che già in prospettiva innalzano l'età minima rispetto al passato. Lo stesso Brunetta, ieri ha confermato che per ora varie strade sono aperte: «A breve verranno proposte una serie di ipotesi», ha spiegato.
Sacconi ha esplicitato il suo ok alla proposta di Brunetta, ribadendo i paletti infissi intorno al lavoro privato: «Nel settore pubblico l'equiparazione potrà avvenire perché anche in presenza di un'elevamento dell'età di pensione, la donna non corre il rischio di dovere a tutti i costi attendere l'età di vecchiaia da disoccupata, come può accadere nel settore privato. Quindi la scelta è stata sì nel pubblico, con flessibilità e gradualità, e no nel privato».
Dal fronte dell'opposizione un sì deciso viene da Emma Bonino, radicale eletta nelle liste del Pd, che già da tempo combatte in modo attivo la «battaglia» per parificare l'età di uomini e donne. Vittoria Franco, che interpreta l'area più diessina del Pd, invece mette l'accento sulle «ombre» della proposta: «Innalzare l'età pensionabile delle donne senza intervenire sui servizi di conciliazione e sulle pari opportunità nel lavoro, finisce per essere un'ulteriore penalizzazione di genere». Come dire, se ne può discutere, a patto però che vi sia «parità lungo tutto l'arco della vita, eguaglianza sul mercato del lavoro, superamento delle disparità salariali, riconoscimento della maternità: un welfare più amico delle donne».
Netto no, invece, dall'area Rifondazione-Sinistra democratica: un documento a firma Roberta Fantozzi e Lidia Menapace, siglato tra le altre da Luciana Castellina e Franca Rame, compendia le ragioni del rifiuto.
Dal fronte sindacale arriva l'ok della Cisl: Antonio Uda, della Fnp Cisl, spiega che «il sindacato non può eludere la questione: l'innalzamento dell'età pensionabile dovrebbe interessare anche le donne, a patto che ciò si faccia con gradualità e adottando il criterio della libera scelta; il che vuol dire introdurre fattori premianti per quante decidono di lavorare fino al limite dei 65 anni». Uda lancia poi la consueta stoccata al sindacato rivale, la Cgil: si augura «che anche la Cgil al momento impegnata in una opposizione ideologica al governo si sieda a ragionare sul tema del potere d'acquisto delle pensioni e sulla situazione dei giovani precari».
La risposta dalla Cgil non tarda, per bocca della segretaria dello Spi Carla Cantone: «Unirsi al coro di chi pensa di risolvere i problemi della crisi o della difesa dei salari e delle pensioni, ricercando le risorse attraverso l'innalzamento dell'età pensionabile è puerile e strumentale». «Piuttosto - continua - è necessario discutere come difendere la piattaforma unitaria dei pensionati con iniziative di mobilitazione, contro misure del governo, come la Carta acquisti, che sono una vera e propria presa in giro». Contro l'aumento dell'età si esprime anche la segretaria confederale Cgil Morena Piccinini: «La crisi non si risolve così: non si può scaricare sulle donne tutto il peso, disconoscendo che hanno un accesso ritardato al mercato del lavoro e una frammentazione della vita lavorativa». La Cgil «ha da sempre sostenuto la necessità di ripristinare la flessibilità dell'età pensionabile». Contrario anche il leader della Fp Cgil Carlo Podda: «Come spesso accade con questo governo, tutto è avvenuto senza che le parti sociali prendessero parte alla discussione - spiega - Non vogliamo subire un'ennesima scelta dirigista. Ma se così fosse, la risposta della Fp-Cgil verrà data in piazza, con la mobilitazione dei dipendenti pubblici del 13 febbraio».
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