
L'annus horribilis dei militari Usa. Record di marines suicidi nel 2008
di Matteo Alviti
su Liberazione del 31/01/2009
La guerra sa essere subdola, infilarsi negli interstizi dell'anima delle sue vittime per colpire quando meno se lo aspettano. Non si muore solo sul campo di battaglia. Sono in costante aumento, negli ultimi anni, i militari Usa che si sono tolti la vita. Nel 2008 si sono suicidati almeno 128 soldati, ha reso noto l'esercito Usa giovedì. Almeno. Perché ci sono altri 15 casi di sospetto suicidio su cui le autorità militari stanno indagando. Il che porterebbe il numero complessivo dei morti a 143. Poco più di un suicidio ogni due giorni e mezzo, quasi tre ogni settimana.
«Come mai il numero dei suicidi continua a crescere?», si chiedeva durante la conferenza stampa il Segretario per l'esercito, il democratico Pete Geren. «Non siamo in grado di spiegarlo. Ma possiamo dire che si sta facendo il possibile per risolvere il problema». Ci vorrebbe un'assistenza psicologica più capillare, dicono i responsabili militari. O magari ci vorrebbe una guerra meno insensatamente violenta e immotivata di quella iniziata contro l'Iraq. O di quella afghana. Sempre che sia possibile. Il colonnello Elspeth Ritchie, un consulente psicologico, per tamponare il fenomeno ha annunciato l'assunzione di nuovi terapeuti. Ma per il dr. Paul Ragan, professore associato di psichiatria alla Vanderbilt University con un passato da medico nelle forze navali, ci vorrebbe molto di più: «Visite occasionali da parte dei medici del servizio di igiene mentale sono come un cerotto su una ferita profonda». Del resto tutte le misure già intraprese finora non sono riuscita a invertire la tendenza.
Il dato preoccupante è che negli ultimi anni il numero di militari che si sono tolti la vita è aumentato costantemente. Erano 115 i suicidi registrati nel 2007 e 102 quelli del 2006, solo per rimanere agli ultimi due anni. Ma la curva ascendente risale al 2004, l'anno successivo all'apertura del secondo fronte, in Iraq, della guerra al terrore dell'amministrazione dell'ex presidente Bush. Allora si contarono 64 suicidi, meno della metà di quelli del 2008. I 128 morti dell'anno passato rappresentano un picco assoluto: mai prima d'ora erano finiti tanti nomi sul registro per i suicidi militari, istituito nel 1980. Solo nel corpo dei marines nel 2008 c'è stato un aumento del 25% rispetto all'anno precedente.
Il crudo dato statistico parla di 20,2 suicidi ogni 100mila soldati, una percentuale più alta della media nazionale dei civili. Qui i termini per fare un paragone però divergono: secondo il Centro per la prevenzione e il controllo dei disagi psichici la percentuale media nazionale per gli Usa si aggirava intorno agli 11 casi per 100mila abitanti nel 2004, l'ultimo anno in cui è stato fatto un censimento. Ma i militari dicono che, se aggiustata per rispecchiare la media demografica dell'esercito, composto in prevalenza di giovani uomini, la percentuale corretta su cui prendere la misura sarebbe di 19,5 su 100mila statunitensi. La differenza sarebbe molto più contenuta, dunque. Ma c'è comunque un'altra questione: le statistiche parlano solo di quei soldati - compresi riservisti attivi e Guardia nazionale - suicidi mentre erano in servizio. I dati mancanti li ha forniti il Dipartimento per gli affari dei veterani. Tra il 2002 e il 2005, tra i circa 500mila congedati ci sono stati altri 122 suicidi.
Stando alle indagini condotte dai militari le storie riscontrate più comunemente raccontano di difficoltà nelle relazioni private, problemi legali o finanziari. E problemi sul lavoro. Per il generale Peter Chiarelli, vice-capo dell'esercito Usa, l'aumento degli suicidi deriva dallo stress dovuto a missioni sempre più lunghe e frequenti. Con due guerre in corso, in Iraq e Afghanistan, ai soldati non manca certo il lavoro.
«E' tutta una questione di pressione e della mentalità militare, per cui devi mostrarti forte ad ogni costo», racconta Kim Ruocco. Suo marito John, un ufficiale pilota di elicotteri da combattimento Cobra, si è impiccato nel 2005 in una stanza d'hotel in California. Un mese prima di dover tornare in Iraq a prestare servizio per la seconda volta.
Il marine Ruocco è un caso esemplare per la retorica patriottarda dell'esercito. Dopo 75 missioni effettuate nel suo primo servizio, Ruocco, ritornato negli Usa, stava combattendo contro ansia e depressione. Non si finisce mai di combattere dopo certe esperienze. Ma nonostante i disturbi non ha mai chiesto aiuto per paura di essere giudicato non arruolabile. Sarebbe stato per lui come un tradimento nei confronti dei commilitoni, ha raccontato la moglie.
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