
La Palestina sbarca in Italia
di Loris Campetti
su Il Manifesto del 18/01/2009
Due squarci nei nuvoloni sui cieli di Gaza, due appelli alla pace, alla fine del massacro di un popolo. Da Roma e Assisi, in forme diverse, parte un messaggio alla politica italiana e occidentale e «al cuore degli italiani», come gridava ieri una palestinese. Ci sono le nazioni e i governi, ma anche le «persone» non disposte a non vedere, a tacere, a rinchiudersi in un guscio stoltamente ritenuto sicuro. Il nodo palestinese è alla base di tutti i conflitti, da lì bisogna ripartire. Che decine di migliaia di abitanti del nostro paese siano scesi in piazza in due luoghi simbolici della politica e della pace al fianco di un popolo oppresso è un segnale di speranza anche sui nostri cieli. Il pacifismo sconfitto dalle guerre torna a interrogarsi ad Assisi, la gente riprende la parola a Roma: e la politica?
Ieri Roma sembrava una città europea, sembrava Parigi, o Londra, o Madrid. Anche noi ora dobbiamo fare i conti con una società complessa, multietnica, multireligiosa. Questo ci dicono i pullman di migranti arrivati dalle città del nord per dire «pace ora». Un corteo a spezzoni - un po' italiano e un po' no, ancora poco mescolati. Persone molto diverse che qui vivono hanno cominciato a camminare insieme per chiedere la fine di una guerra sporca come tutte, persone schierate dalla parte di chi è oppresso. Ci ricadono addosso le contraddizioni con cui da tempo altri paesi da tempo fanno i conti, seconde e terze generazioni di ragazzi nati in Italia da genitori immigrati, vestiti come i nostri ragazzi. Può succedere di vedere in corteo uno di loro che alza un cartellone a cui è incollata la prima pagina del manifesto mentre urla, in coro con i suoi compagni, «Allah u akbar». E se molti palestinesi oggi sono diversi da quelli laici e di sinistra che incontrammo in passato, dovremo chiederci perché è avvenuto, e come camminare insieme. Saranno sempre di più, dovremo imparare a parlarci, cercare percorsi comuni invece di scandalizzarci se i loro riti, la loro cultura, sono diversi dai nostri.
E la politica? E la sinistra? Dove sono, e cosa hanno da dire a chi chiede un ruolo dell'occidente e dell'Italia? E a chi ormai grida che il popolo palestinese, e perché no, il «popolo arabo», è solo, assediato da Israele e dall'intero occidente suo complice? E' più facile parlare con i primi, certo, anche perché l'unica strada che vedono i secondi è la grande nazione araba, naturalmente contro tutti. Qualche bandiera sventola ancora, ieri a Roma se ne sono viste, qualche voce esce dal coro di chi sostiene un'odiosa equidistanza tra chi uccide i bambini e chi ne mostra i corpi lacerati. Come la voce di Massimo D'Alema che pronuncia frasi così logiche da creare scandalo, imbarazzo, al limite della sanzione. Se la parola non torna alla politica non resteranno che guerra e disperazione, le bombe seguiteranno a dettare legge, i massacri si moltiplicheranno. Possibile che solo una minoranza si rifiuti di trovare normali guerre e massacri? Sul cartello alzato da una ragazza nata forse qui e forse no, c'era scritta la frase con cui si chiudono tutti i reportages del nostro Vittorio Arrigoni: «Restiamo umani».
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Manifestazione nazionale per l'apertura della campagna elettorale

Gaza - Fermiamo il massacro
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Video da Gaza
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Adozione a distanza di bambini palestinesi










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