
La Fiat vola in America
di Loris Campetti
su Il Manifesto del 21/01/2009
Accordo strategico ma non risolutivo. Ok dei sindacati a Detroit mentre in Italia restano le preoccupazioni per il futuro dei lavoratori
Il sogno americano degli Agnelli non finisce mai. A volte si trasforma in incubo, altre volte viene interrotto da un brusco risveglio. Oltre che le camicie a New York, i maschi di casa Fiat hanno sempre cercato di fare acquisti, o vendite, a Detroit. Con la Ford per un paio di volte ci sono andati vicino, con la General Motors il matrimonio è durato una brevissima stagione e l'unico risultato positivo sta nei dollaroni sganciati da Wagoner a Marchionne in cambio della non acquisizione del Lingotto. Adesso la Fiat ci riprova con l'ultima delle three big, la Chrysler. L'accordo - una «lettera d'intenti non vincolante per la creazione di un'alleanza strategica globale» - appare vantaggioso per entrambi i contraenti. La Fiat sbarca negli States con tecnologie, motori e piattaforme di vetture che rispondono ai vincoli posti dal governo Usa, in cambio dei fondi pubblici concessi per salvare la Chrysler dalla chiusura. Vetture piccole e medie che garantiscano la riduzione dei consumi e dell'impatto ambientale. Inoltre, i torinesi acquisiscono la possibilità di entrare nel mercato americano con modelli assemblati in loco, in uno dei tanti stabilimenti dismessi dal neo-socio, in un paese in cui i costi del lavoro sono diventati competitivi, al ribasso, con quelli del vicino Messico.
Si parla di Alfa Romeo e di Cinquecento, la cui commercializzazione verrebbe garantita dalla rete distributiva del socio. Lo scambio tra le due aziende automobilistiche prevede anche la cessione di azioni Chrysler alla Fiat, il 35% subito, senza sborsare una lira (con quel che valgono oggi, non è un gran che) e la possibilità per i torinesi di arrivare al 55% della proprietà. Contenti i sindacati americani, come confermano le dichiarazioni del presidente e del vicepresidente dell'Uaw, United Auto Workers, diffuse (in stile si potrebbe dire sovietico) con il comunicato congiunto di Fiat, Chrysler e Cerberus, il fondo che controlla il gruppo americano. Piuttosto scontato l'ok dei rappresentanti dei lavoratori americani non ancora licenziati. La Fiat non ha chiesto analogo parere ai sindacati nostrani, lo faremo noi.
Prima dei commenti, però, una domanda è d'obbligo: questa lettera d'intenti è la risposta alla necessità, espressa dall'ad del Lingotto Sergio Marchionne, di affrontare il dopo crisi con un gruppo capace di sfornare almeno 5,5-6 milioni di vetture? La risposta è negativa, nel senso che i due gruppi insieme non arrivano a 4 milioni di automobili. Dunque, si tratta di un accordo importante ma non esaustivo. Restano aperte altre trattative, alcune in corso da tempo come quella con Peugeot, interlocutore antico dei torinesi (insieme prodono furgoni sugli stessi pianali). Ma Peugeot deve fare i conti con un governo che vincola i finanziamenti all'acquisizione di una quota azionaria e alla salvaguardia dell'occupazione e degli stabilimenti francesi. A queste condizioni, un accordo con la Fiat sarebbe devastante per l'occupazione in Italia. Ma a questo punto, logica vorrebbe che un ruolo centrale spettasse ai governi di Parigi e Roma. Peccato che il governo romano è quello che è e vede la Fiat come il fumo negli occhi, i rapporti con Torino sono pessimi e da palazzo Chigi non è uscita una sola proposta in difesa dell'industria automobilistica nazionale.
Che ci guadagnano l'economia italiana, la nostra industria e i nostri lavoratori? Niente, salvo la possibilità di continuare a lavorare in un'azienda più adeguata ad affrontare la crisi. Ma il progressivo, continuo spostamento di produzione da Torino e dall'Italia in giro per il mondo ha già ridotto a un terzo del totale la quantità di vetture fatte in Italia (più o meno 650 mila). Senza un piano di straordinaria innovazione del prodotto, senza investimenti massicci destinati a produrre in Italia automobili elettriche, ibride, dunque ecocompatibili e competitive sui mercati post-crisi, l'occupazione da noi continuerà a diminuire. Come ci ricorda il segretario della Fiom torinese Giorgio Aiuraudo, in Italia l'automobile rappresenta un valore economico di 51 miliardi di euro, una cifra enorme, un pezzo determinante della nostra economia. A ciò corrisponde una straordinaria sottovalutazione della crisi in atto e che non mollerà la presa presto. Il governo «ottimista» latita, la Fiat fa accordi internazionali mentre nella sua città, Torino, rischia di saltare un'esperienza industriale e tecnologica straordinaria: la Pininfarina che con Bollorè sta realizzando un'auto elettrica del futuro prossimo. La Fiat va all'estero, e sul versante tecnologico si limita a innovare il vecchio motore a scoppio. Si ferma al metano, o al multiaire - un sistema della Magneti Marelli che riduce le emissioni dei vecchi motori. Il combinato disposto tra arretratezza del Lingotto e assenza del governo - Tremonti brinda e come Pilato se ne lava le mani - rischia di preparare un piatto immangiabile per i lavoratori italiani, rendendo «eccedenti» alcuni stabilimenti, da Termini Imerese a Pomigliano, per arrivare a Mirafiori.
«Da mesi - dice il segretario generale della Fiom Gianno Rinaldini - veniamo a conoscienza di grandi fatti a mezzo stampa mentre a noi il Lingotto si limita a comunicare quotidianamente solo richieste di nuova cassa integrazione». Nelle fabbriche italiane, ormai, si lavora se va bene due settimane al mese, più spesso una sola. E a marzo e ad aprile le cose non sono destinate a migliorare. Prima dell'estate almeno non si vedono segni di sia pur lieve inversione di tendenza.
Se a Detroit la Fiat rappresenta una speranza, non si può dire che a Torino la Chrysler rassicuri chi da mesi vive con un salario dimezzato dalla cassa integrazione, o peggio, non ha più un lavoro.
Contatti
Via Giacomo Acqua 3
TEL-FAX 0731-56776
prcjesi@
Manifestazione nazionale per l'apertura della campagna elettorale

Gaza - Fermiamo il massacro
Scarica e diffondi:
Video da Gaza
nigelparry.com/news/video-from-gaza.shtml
Adozione a distanza di bambini palestinesi










IN EDICOLA DAL 6 MARZO
Richiedi la tua copia con Liberazione...
Acquistiamo il terreno del presidio NO DAL MOLIN!
26.03.09 – Le norme applicative dell’accordo separato che vogliono uccidere la libertà
di contrattazione e il contratto nazionale
Scarica il testo : documento pdf.pdf (282,7 kB)