
Industria italiana in crisi nera, auto mai così male dal '93
di Roberto Farneti
su Liberazione del 21/02/2009
Chissà se per il ministro Scajola anche l'Istat è un «corvo» che «diffonde pessimismo». Una cosa è certa: osservando i dati ufficiali dell'istituto di statistica nazionale, l'unica cosa che un ministro non può fare è fare finta di niente o buttarla sul ridere. Dalla rilevazione di dicembre 2008 su fatturato e ordinativi, resa nota ieri, arriva infatti la conferma che l'industria italiana è nel pieno di una crisi nera, che investe tutti i settori produttivi, a cominciare da quello dell'auto. Rispetto al dicembre 2007, il fatturato del settore autoveicoli è crollato del 29,6% ma il dato più grave (-33,3%) è quello sugli ordinativi, perché indica quello che accadrà nei prossimi mesi. La crisi dell'auto a livello mondiale è nota da tempo. «Quello che si è aggiunto in negativo per l'italia - spiega Enzo Masini, responsabile Fiat per la Fiom Cgil - è che, mentre il governo sfogliava la margherita sul ripristino degli incentivi, chi voleva cambiare auto ha rinviato l'acquisto e così da novembre a gennaio il mercato è ulteriormente peggiorato».
Tra i lavoratori Fiat, i più penalizzati al momento sono quelli di Pomigliano d'Arco, che sabato si recheranno davanti al Festival di Sanremo per far sentire la loro voce. I modelli Alfa prodotti nell'impianto napoletano non possono usufruire degli incentivi statali perché più inquinanti. Difficile anche ipotizzare una diversa ripartizione delle quote di produzione tra i vari stabilimenti, dal momento che ciascun impianto è dotato di piattaforme produttive e linee di assemblaggio adeguate ai modelli che produce. L'unica auto "trasferibile" da uno stabilimento all'altro è la Grande Punto, che ora si produce a Melfi ma prima si faceva a Mirafiori. Per quanto riguarda Termini Imerese, l'impianto siciliano produce la Lancia Ypsilon, auto che ancora vende abbastanza anche se il modello è un po' datato. «Un modello nuovo è stato annunciato ma non uscirà prima del 2010», riferisce ancora Masini.
Ma ad essere in crisi non è solo l'auto. Relativamente al fatturato, le diminuzioni più significative hanno riguardato le raffinerie di petrolio (-28,3%), l'estrazione di minerali (-26,5%) e la fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche (-18,1%). Nell'intero 2008, fa sapere ancora l'Istat, il fatturato dell'industria è complessivamente diminuito del 10,3% su base annua e del 15,4% per quanto riguarda gli ordinativi. Questi ultimi registrano un calo maggiore in ambito estero (-19,7% a dicembre e -6,6% la media 2008).
Tra l'altro la recessione rischia di avere un impatto più pesante in un paese come il nostro che, rispetto alla media Ue a 15, spende di meno per la protezione sociale ma di più per la difesa. A dirlo è ancora l'Istat, che ha preso in analisi il periodo 2000-2006.
E' per questi motivi che la Cgil è così critica nei confronti dell'azione del governo: «Il vero ottimismo - commenta la segretaria confederale Susanna Camusso - è quello di immaginare come far uscire il paese dalla crisi con un sistema produttivo più innovato e non più debole e povero. Inoltre, la diffusione della crisi e la sua trasversalità - spiega la sindacalista - ci dice che la risposta non può essere la moltiplicazione degli incentivi per ogni singolo prodotto, ma il tema dell'incremento dei redditi di una fascia ampia della popolazione, fatta da lavoratori dipendenti e pensionati, anche con forme di solidarietà da parte dei redditi più alti».
Molti simile l'analisi del segretario del Prc Paolo Ferrero: «I dati Istat sono pesantissimi e il governo cosa fa di fronte a tutto questo? Una semplice politica di incentivi all'auto, priva di una seria politica industriale e dell'elemento centrale, l'aumento secco di stipendi e pensioni, non serve praticamente a nulla», fa notare Ferrero, che poi conclude: «Berlusconi dirà che anche questi dati sono frutto dell'invenzione di giornali comunisti o che anche l'Istat non fa che spargere pessimismo?».
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