Il silenzio della ragione

03.01.2009 13:33

di Zvi Schuldiner

su Il Manifesto del 03/01/2009

Le precise e intelligenti bombe israeliane continuano a piovere su Gaza ma non sanno rispondere a una semplice domanda: dove intendono portarci i nostri illuminati leader, tronfi dopo una settimana di una guerra di cui neanche i più accesi fan sanno gli obiettivi?
Sui media israeliani già compaiono i dubbi che nel 2006, durante la guerra del Libano, arrivarono molto più tardi e l'opinione pubblica, che in maggioranza appoggia l'attacco, dubita dei suoi risultati.
L'opinione pubblica. Questo significa che la leadership politica, prigioniera delle elezioni di febbraio, gira intorno alle reazioni viscerali di un popolo dimentico di quel che è successo solo ieri che esige, eccitato e pieno d'odio, una risposta immediata contro chi minaccia la sua esistenza.
Gaza come problema israeliano esisteva da molto prima dell'invenzione di Hamas. L'occupazione del '67 è una realtà brutale e costante che non si è interrotta nel 2005 con il ritiro unilaterale.
Nel '79 le forze d'occupazione israeliane cominciarono a stimolare settori islamici contrari all'Olp e ai comunisti. Lungimiranti come la Cia quando addestrava gli esiliati cubani o armava i mujaheddin per sloggiare i sovietici dall'Afghanistan.
Il 4 novembre il ministro della difesa Barak ordinò un'azione militare contro i tunnel palestinesi che in teoria dovevano servire a preparare un'azione contro le forze israeliane. Da lì è cominciata l'escalation palestinese a cui oggi Israele risponde.
Bisogna essere chiari. Si deve fermare lo sfrenato attacco contro quasi un milione di civili israeliani, vittime non solo dei missili di Hamas ma, fondamentalmente, anche dell'infame politica di una leadership d'Israele sorda all'unica soluzione possibile: un accordo con la leadership palestinese di Gaza, negoziati diretti con Hamas. Il governo Olmert-Livni-Barak preferisce uno spietato bombardamento che provoca solo più morti e porta a un livello senza limiti l'odio e la disperazione. Si felicita per «i terroristi» uccisi e lamenta ipocritamente le «poche» vittime «collaterali». La deriva morale di quanti accettano i «morti necessari» si estende e corrompe ogni giorno di più tutta la società israeliana. Hamas con i suoi missili ha aiutato a costruire un'opinione pubblica israeliana che cerca solo vendetta e tutti, dall'estrema destra fino ai «moderati» del Meretz, marciano patriotticamente col governo.
Scrittori del Meretz noti come pacifisti - i «rabbini laici» - hanno giustificato l'inizio della guerra e ora chiedono di interromperla perché «abbiamo chiarito ai palestinesi che reagiremo con la forza ai loro attacchi». Sono gli Amos Oz che nel '91 facevano appello perché l'Europa entrasse nella prima guerra all'Iraq, e tanti altri che anche sulla stampa italiana continuano a recitare la parte dei «pacifisti realisti». La patria chiama. Allineati e coperti a destra. Alcuni con le parole, altri con la penna ed ecco svelata una volta di più la degenerazione dei «pacifisti moderati».
Oggi pomeriggio scenderanno per strada a Tel Aviv gli unici che hanno davvero i titoli per chiamarsi pacifisti. Diversi gruppi contrari all'opzione della guerra molto prima che essa scoppiasse porteranno la loro protesta contro la cieca e selvaggia politica del governo israliano.
Fra loro ci saranno quelli che reagirono alla farsa di Annapolis, che si oppongono all'occupazione di tutti i territori occupati nel '67, che negano il diritto di Israele di installare nuovi insediamenti in Cisgiordania, che si mossero per evitare la seconda intifada, che rifiutarono l'inesistenza di un partner palestinese per negoziare e non accettarono le menzogne di Sharon, dei suoi predecessori e successori.
Forse la manifestazione di oggi sarà forte su scala israeliana però sarà debole sulla scala di un'Europa ancora legata mani e piedi al carro di Bush, con un movimento pacifista debole e una sinistra impegnata a praticare ogni esercizio di divisione e auto-lesionismo anziché a dare una risposta contundente alla guerra e alla crisi capitalista. Queste voci dovrebbero essere oggi al nostro fianco, ma noi non le sentiamo.

Cerca nel sito

Contatti

Paritito della Rifondazione Comunista - Circolo Karl Marx Jesi Via Giacomo Acqua 3 TEL-FAX 0731-56776
Crea un sito web gratis Webnode