
Il Cavaliere forte per l’altrui debolezza
di Alberto Burgio
su Liberazione del 28/03/2009
Il discorso di un vincitore. Che ricorda fiero il cammino percorso,
concede onori ai compagni di strada e disegna i futuri scenari di
gloria. Oggi Berlusconi celebra il proprio trionfo. Sogna a occhi
aperti. Inscrive se stesso nella galleria degli eroi nazionali.
Innalza il 1994 a data fondativa della storia patria, l’inizio della
Liberazione. Non si è smentito e non ha deluso le attese. Del resto,
tutto sembra andargli per il verso giusto e lui ne approfitta.
Un discorso, se vogliamo, significativo, per quanto dice e per quel
che tace. Le parole “popolo” e ”libertà” ripetute decine, centinaia di
volte, martellate come garanzie salvifiche. E mai una volta che sia
una, invece, la parola “uguaglianza”. Ma il fulcro intorno al quale ha
ruotato il discorso è la storia del Paese che Berlusconi ha voluto
narrare. Segno che gli è ben chiara l’importanza di un tema - la
storia, appunto, come fondamento dell’identità - che tanti suoi
avversari hanno invece dimenticato.
La storia italiana per Berlusconi si identifica con la grande crociata
del “popolo della libertà” contro la sinistra statalista, autoritaria
e, in realtà, ancora comunista, con la falce e martello incisa nel
cuore. Di questa crociata - nel nome dell’”Europa libera, cristiana,
occidentale” - lui è, naturalmente, un protagonista. Ma non manca il
pantheon dei Padri: nomina Sturzo, cita De Gasperi, ricorda commosso -
a beneficio di Fini e dei suoi - il grande Tatarella. Manca solo
Gelli. In compenso evoca, implicitamente, il Gobetti della rivoluzione
liberale. Non è il caso di inalberarsi. C’è piuttosto da riflettere
sulla grande capacità di inventare la tradizione che la destra
dimostra di avere.
Ce n’è per tutti, man mano che il comizio procede.
Anche per il comunismo stragista dei cento milioni di morti, e per
l’Armata Rossa, degradata a banda di vili opportunisti. Che - dice
Berlusconi - attese alle porte di Berlino finché quanto restava della
Wehrmacht non si fosse arreso. E’ il bello della postmodernità. Si può
dire tutto e il contrario di tutto: quel che conta è disporre del
pulpito più alto.
Un passaggio del discorso merita una citazione, ed è quando Berlusconi
cita Bettino Craxi, il suo mentore, il suo antico protettore. Dice che
al segretario del Psi va il merito di avere per primo accantonato la
teoria dell’“arco costituzionale”. Vero o non vero, è l’indicazione di
una pista feconda, che varrebbe la pena di battere per una riflessione
seria sulla storia recente del socialismo italiano.
Ricordi, onori, progetti. Berlusconi non ha limiti, aspira per sé al
Quirinale, progetta per il proprio Popolo l’occupazione stabile del
potere. Sogna ad occhi aperti una nuova epoca, nella quale finalmente
- come ebbe a dire la signora Thatcher - vi siano soltanto individui e
non più classi, collettivi, società. Nella quale libertà faccia rima
con possibilità concreta di fare, di avere, di potere. Tradotto in
volgare: è l’apoteosi della libertà dei soldi.
E’ questa la “rivoluzione liberale” che Berlusconi promette:
“borghese, popolare, moderata” e, naturalmente, “interclassista”.
Riuscirà a realizzarla? Al momento non si vede chi possa ostacolarlo.
Ed è questo il vero punto di forza del suo insistito e soddisfatto
tornare alle origini. In questi quindici anni questo Paese è molto
cambiato. Berlusconi ne ha intercettato gli aspetti più retrivi, li ha
legittimati ed esaltati. Ma tutto questo è stato possibile perché non
vi è stata difesa, non vi è stato alcun argine, alcuna idea-forza
contro la marea montante della destra. Berlusconi è forte dell’altrui
debolezza, che purtroppo continua.
Allora dovremmo fermarci davvero un istante a riflettere su che cosa
sta da tempo accadendo in questo Paese. E guardare in faccia
finalmente le nostre responsabilità: nostre, di tutte le forze
democratiche e in particolare della sinistra. Quanti passi indietro?
Quanti errori? Quante concessioni all’ideologia della destra e quanta
malriposta paura di difendere la nostra storia e la nostra gente?
Oggi Berlusconi ci ricorda che la partita è ancora aperta e che lui
intende stravincerla. Speriamo che in tanti abbiano ascoltato con la
dovuta attenzione.
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