
Il 13 febbraio lo sciopero fa bis
di Loris Campetti
su Il Manifesto del 20/12/2008
Dopo lo stop generale del 12 dicembre, c'è già un'altra data in pista. Il 13 febbraio si fermano insieme metalmeccanici e pubblici della Cgil, con manifestazione a Roma. Tornerà a muoversi tutta la confederazione? Parla Gianni Rinaldini
Il 13 febbraio assisteremo a un evento inedito in Italia: i dipendenti pubblici e i metalmeccanici faranno in contemporanea il loro sciopero generale e insieme manifesteranno a Roma, contro altri due soggetti alleati, il governo e la Confindustria che dettano all'unisono «le regole di un nuovo modello sociale» e «approfittano della crisi per modificare i rapporti di potere nel paese. E' una risposta sindacale e politica a chi tenta di mettere i lavoratori privati contro quelli pubblici». Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, legge i rischi che si aprono dentro una crisi economica, sociale e politica devastante e ricorda alla Cgil, che il 22 riunirà il direttivo nazionale, che lo sciopero generale del 12 è solo una tappa di un lungo percorso di lotta: «Seguitare il confronto sulla riforma contrattuale sarebbe surreale, i lavoratori non lo capirebbero». La Cgil, aggiunge Rinaldini, «pur con i suoi problemi e le ammaccature, dentro un processo di liquefazione dell'opposizione politica rappresenta un baluardo democratico, un punto di tenuta e un riferimento per il disagio sociale del paese».
C'è appena stato uno sciopero generale della sola Cgil con manifestazioni in tutt'Italia di cui si è parlato pochissimo. Che giudizio ne dai?
Nonostante i problemi climatici oltre un milione di lavoratori ha manifestato a sostegno della nostra piattaforma per affrontare la crisi più pesante. Nei posti di lavoro lo sciopero è riuscito, la conferma paradossalmente viene dai grandi media che hanno oscurato la grande mobilitazione. Puoi star sicuro che se lo sciopero non fosse riuscito la notizia avrebbe riempito le prime pagine e aperto i telegiornali. Questo atteggiamento dei media pone un problema delicato: in una situazione così pesante di disagio sociale qualcuno potrebbe pensare che per fare notizia sia necessario compiere atti eclatanti. Non penso naturalmente al terrorismo ma a radicalizzazioni un po' disperate.
Come continua la lotta della Cgil contro le politiche economiche e sociali del governo?
Quello che ci hanno detto i lavoratori in decine di migliaia di assemblee è che bisogna dare una continuità alle iniziative di lotta perché lo sciopero del 12 non si riduca a una presenza di pura testimonianza. Abbiamo una grande responsabilità, accresciuta dalla crisi politica, in particolare delle forze di opposizione.
Siamo di nuovo al ruolo di supplenza politica della Cgil, di fronte al vuoto lasciato dalla liquefazione della sinistra?
Le dimensioni di questa crisi sono finalmente evidenti e nessuno potrà continuare ad accusare la Fiom di catastrofismo. Alla luce degli eventi politici di questi giorni e del clima che determinano credo che la Cgil sia un punto di riferimento per il disagio sociale del paese, persino un punto di tenuta della nostra democrazia minacciata. L'intreccio tra crisi economica e questione cosiddetta morale accentua il distacco della gente, dei lavoratori da questo mondo politico, determinando una miscela inquietante. Il voto abruzzese segnato dall'astensionismo rende credibili i sondaggi, secondo cui anche nelle regioni del nord starebbe letteralmente esplodendo la disaffezione al voto, in termini sconosciuti nella storia italiana del dopoguerra. Dobbiamo ribadire il ruolo di presidio democratico della Cgil che viene caricata di un significato generale, non certo per responsabilità della Cgil, ma perché essa rappresenta l'unica organizzazione di massa e il principale ostacolo alle scellerate scelte di politica economica del governo e della Confindustria.
Lo sciopero del 12 ha messo sotto accusa le politiche di Berlusconi: quelle di Confindustria sono forse migliori?
E' vero che in primo luogo la critica era rivolta al governo. Ma oggi le scelte governative e quelle confindustriali sono inscindibili perché hanno in mente la stessa ipotesi politico-sociale. Hanno un obiettivo esplicito, come dimostra la moltiplicazione degli accordi separati che ormai, dall'industria al pubblico impiego, riguardano l'80% dei lavoratori italiani. L'obiettivo è l'isolamento della Cgil, che con le sue iniziative di lotta ha aperto una nuova fase. Il messaggio è «o stai dentro il modello a cui tendono Berlusconi e Macegaglia o sei fuori».
A chi parla lo sciopero congiunto che avete deciso con la Funzione pubblica per il 13 febbraio? Alla Cgil?
No, lo sciopero generale di otto ore con manifestazione congiunta a Roma di meccanici e pubblici era già stato deciso per il 12 dicembre, poi venne rinviato in seguito alla decisione confederale di fare in quella data uno sciopero generale di tutte le categorie. L'averlo riconfermato serve a dare continuità alle iniziative di mobilitazione della Cgil. La situazione economica e sociale del paese sta precipitando rapidamente e le risposte politiche sono, prima che inadeguate, sbagliate. Due esempi: il documento riservato della Confindustria apprezzato dal governo e che il manifesto ha pubblicato, sul testo unico sulla sicurezza è vergognoso, e l'attacco alle pensioni avviato con la pretesa di alzare a 65 anni l'età per le lavoratrici lascia intendere un'aggressione a tutto campo agli accordi del 23 luglio sul welfare. Vogliono mettere mano ai coefficienti e ai lavori usuranti per stringere le maglie. Come ci attrezziamo ad affrontare questa emergenza? Secondo noi, tenendo insieme le misure di emergenza contenute nella nostra piattaforma - blocco dei licenziamenti, estensione degli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori e sospensione della Bossi-Fini - e la lotta contro chi approfitta della crisi per disegnare i profili di un nuovo modello sociale, rendendo strutturale la precarietà, cancellando l'articolo 18, utilizzando lo strumento dei sussidi di disoccupazione. In questo contesto, l'iniziativa unitaria con la Funzione pubblica è tesa a impedire la rottura a cui lavora il governo tra dipendenti pubblici e privati, utilizzando ora gli uni ora gli altri per abbattere i diritti di tutti. Gli accordi separati, infine, mettono al centro della nostra discussione l'esigenza di definire nuove regole sulla democrazia e la rappresentanza.
Ha ancora senso parlare di un tavolo di trattativa con la Confindustria sulla riforma del sistema contrattuale?
Non ha alcun senso. Attraverso gli accordi separati governo e Confindustria stanno cancellando il valore universale dei contratti, cioè l'universalità dei diritti. Puntano a trasferire ogni materia relativa al mercato del lavoro e agli ammortizzatori sociali agli enti bilaterali, in una logica fondata sui patti corporativi, per cui le imprese devono essere negli enti bilaterali e i lavoratori devono iscriversi ai sindacati firmatari. Nell'emergenza vogliono ridisegnare il modello sociale e per la Cgil questo non può essere un terreno di confronto.
Come pensi che un sindacato, per quanto forte e rappresentativo, possa sperare di strappare modifiche importanti senza sinistra e di fatto senza opposizione nel parlamento?
Rovescio la tua domanda: per riaprire una vera discussione politica sui processi in atto è essenziale un ruolo centrale e una tenuta della Cgil. Il percorso opposto non è più possibile.
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