
Il sistema della precarietà non regge più. In Italia gli atipici sono quattro milioni»
di Fabio Sebastiani
su Liberazione del 04/01/2009
A colloquio con Mena Trizio, segretaria generale Nidil-Cgil
«La crisi potrebbe essere l'occasione per uscire da una situazione della precarietà che non giova a nessuno e che dimostra che questo sistema non regge». Mena Trizio è la segretaria generale del Nidil, il sindacato che nella Cgil si occupa di precari o, come recita l'acronimo, di "nuove identità del lavoro". Liberazione l'ha intervistata chiedendole un parere sui dati presentati dalla Cgia di Mestre sull'entità della precarietà in Italia. Qualche mese fa il Nidil presentò una ricerca, in collaborazione con l'Osservatorio sulla precarietà dell'Università La Sapienza di Roma, che parlava di circa quattro milioni di precari e di precarie nel mondo lavoro.
E' difficile riuscire a trovare dati concordanti sul fenomeno della precarietà. Perché questa discordanza?
Intanto c'è una articolazione all'interno della precarietà, perché non è mai la stessa e non contempla gli stessi diritti.
Proviamo a mettere un po' di ordine allora.
Hai i contratti a termine, che sono oltre i due milioni, a questo va aggiunto un numero di circa 600mila lavoratori che sono in somministrazione. Il dato riguarda il 2007-2008. E poi si aggiunge l'area complessiva della parasubordinazione, da distinguere tra tipicamente parasubodinati, per esempio gli amministratori di condominio, e gli esclusivi atipici, lavoratori che ricavano il loro reddito sclusivamente dalla parasubordinazione e con modalità non tipiche, peraltro simili al lavoro dipendente. Questa tranche si condensa in 850mila unità. L'insieme di queste figure a cui si aggiungono 200mila partite iva dà un numero di 4 milioni di lavoraotri in stato di precarietà. Un numero certamente cresciuto in modo consistente nel corso degli ultimi anni. Solo la parasubordinazione è cresciuta di 50mila unità nel giro di breve tempo. Non è un caso se nel 2007 per effetto dei provedimenti del governo Prodi c'era stato un calo di 50mila unità proprio nella parasubordinazione. Non solo nell'edilizia ma anche nel settore dei call center.
Il nodo dei numeri è importante perché ci introduce direttamente al tema degli ammortizzatori sociali, sul quale sembra di capire che siamo ancora ai preliminari.
In realtà si è fatta soprattutto molta polvere e nessuna sostanza. L'ultimo provvedimento del Governo Berlusconi, il "185" non è attuabile e va definito nella sua formulazione a cui deve eseguire ancora il decreto attuativo. Attualemente chi è uscito fuori dal circuito non ha avuto nessun sostegno e non ce l'ha nemmeno chi ancora è rimasto al lavoro.
Ma il Governo attraverso il sistema degli enti bilaterali vuole coinvolgere il sindacato.
Sulla bilateralità c'è da dire che viene negato alla radice il diritto universale agli ammortizzatori sociali. Quello che è discutibile, infatti, è subordinare l'intervento pubblico all'intervento degli enti bilaterali.
Non ti pare che l'esecutivo voglia fare, come si dice, "figli e figliastri"?
Nel 185 si prende in esame la sospensione del rapporto di lavoro prima della scadenza del termine. Il provvedimento del governo interviene su apprendisti, e contratti a termine. Ne è fuori l'area dei somministrati. E ci sono pure condizioni capestro e limitative. Da solo non basta. Anche qui, ad esempio, c'è un provvedimento del 2007 che riservava la possibilità di accesso di sostegno al reddito in presenza di stati di crisi e dava 15 milioni di euro come cifra iniziale. Perché non si dà corso a quello?
Intanto la crisi avanza. Non credi anche tu che si stia perdendo tempo?
Sì, si sta perdendo del tempo prezioso e chi è rimasto fuori è rimasto fuori senza un appiglio. Parlo di chi ha chiuso l'anno fuori dal posto di lavoro. Ci sono stati segnalati casi di agenzie che hanno premuto per avere le dimissioni dei lavoratori.
Tra qualche mese, poi, ci saranno molti precari del pubblico impiego che saranno senza un lavoro.
Questa è l'ulteriore tragedia. Piove sul bagnato. Finora abbiamo visto il setore privato. Se si dovessero verificare i provvedimenti del Governo con l'espulsione di circa 50mila lavoratori allora siamo proprio alla tragedia oltre che alla follia. Per quei lavoratori in parasubordinazione (co.co.co, ndr) non è previsto neanche nel 185 un intervento di merito.
I numeri su lla precarietà lascerebbero immaginare che anche per il sindacato è arrivato il momento di dare più attenzione al problema.
C'è indubbiamentoe una attenzione che si è rafforzata da parte del sindadcato. I processi di crisi rendono più evidente la drammaticità del problema. Occorre che ci sia un intervento coordinato anche perché c'è molta frammentarietà, ed anche un intevento immediato e credibile che dia sostegno vero al reddito e che impedisca che la crisi li trovi privi di qualsiasi sostegno. Occore che ci sia un ripensamento sull'input da dare al mondo del lavoro e al mondo delle imprese. Questo sistema non regge. E la crisi potrebbe essere l'occasione per strutturare quello che c'è da strutturare confinando la precarietà soltanto ad alcune forme ben definite.
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