
Il medico che denuncia l'immigrato? «Cose che ripugnano alla nostra civiltà»
di Fulvio Fania
su Liberazione del 15/02/2009
Intervista a Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo
Che un medico venga incitato per legge a denunciare gli immigrati irregolari è uno dei fatti che «ripugnano» alla nostra civiltà. Sicuramente non rientrano nell'umanesimo cristiano. «E' fuori dalla logica evangelica che io non debba inchinarmi su chi soffre solo per paura di imbrattarmi». Così ci dice monsignor Domenico Mogavero che in questi giorni non ha risparmiato critiche durissime alle ultime trovate del governo contro i migranti. «Un obbrobrio», una «inciviltà», come ha scritto l'Ansa riferendo una sua intervista. Aggettivo più, aggettivo meno, Mogavero ne conferma il senso. Il vescovo di Mazara del Vallo vede le cose dalal sua città, con gli occhi dei pescatori mazaresi mescolati ai maghrebini. Guidare la chiesa di quella terra così vicina all'Africa e con l'Africa dentro, lo rende ancora più incredulo di fronte a governanti che promettono "cattiveria" nei confronti degli stranieri. Mogavero è un canonista, cioè un giurista del Codice canonico e conosce bene le stanze del vertice Cei perché è stato per sei anni sottosegretario della Conferenza episcopale. Siciliano di 61 anni, ordinato vescovo, è tornato nella sua regione.
Come giudica l'incultura da cui nascono certe idee contro gli immigrati?
Non so se questi provvedimenti derivino da un'incultura ma certo provocano uno scontro tra culture. La mia è una cultura di umanesimo cristiano che non nasce da elucubrazioni di illuminati uomini del pensiero e della Chiesa ma dal contatto con le persone. Parto da ciò che prova la gente, dalla cultura del pescatore, da chi incontra una persona diversa da lui in un momento di bisogno in mezzo alle onde o appena sbarca a terra. La nostra cultura è accogliere senza badare se uno è simile a te, un poveraccio o un pirata. E' questo il nostro umanesimo, andare incontro ad una persona e capirla senza parole perché parla un'altra lingua. I nostri pescatori non smettono di rischiare la vita per salvare i migranti. L'ultima volta è accaduto a novembre quando tre grossi pescherecci d'altura sono usciti in mare forza nove per salvare 600 immigrati.
Un contrasto netto dalle cattiverie di Maroni contro gli immigrati...
Che vuole che le dica? Non so che cultura esprima, chissà da dove deriva, se dai "longobardi" o da chi altro. Noi invece conviviamo da generazioni con i maghrebini, non ci facciamo la guerra. Senza di loro - constatazione empirica - i nostri pescherecci finirebbero in disarmo. Non c'è equipaggio che non sia misto. Vivono insieme per venti giorni in alto mare. Eppure restano diversi, anzi ognuno è geloso della propria identità. Ci incontriamo proprio grazie a due identità molto forti, noi siciliani con pregi e difetti, loro musulmani più o meno praticanti. La percentuale della pratica religiosa è più o meno equivalente a quella tra i cattolici. Abbiamo classi miste numerose, genitori islamici che accompagnano i loro figli nei nostri oratori sapendo che noi non vogliamo farli carttolici, non imponiamo i momenti di preghiera. Certo non togliamo il crocifisso, non rinunciamo a parlare di Cristo. Chi ascolta, bene, chi non vuole è libero di non farlo.
La materialità della vita comune riduce dunque le distanze. Non dappertutto però. Anche in certe zone del Nord gli immigrati sono insostituibili in fabbrica.
Non si deve fare i furbi: finché mi serve il braccio me lo prendo, quando si tratta di riconoscere anche una testa e un cuore allora faccio finta di non vederli. Se questi immigrati se ne andassero anche le fabbriche del Nord est chiuderebbero. Perché non riconoscere che sono persone e non schiavi?
Famiglia cristiana ha denunciato leggi razziali e Maroni ha reagito rabbiosamente. Lei cosa ne pensa?
Anche se non parlerei di leggi razziali, non ci vuole molto a capire che certe dichiarazioni e misure provochino un clima di intolleranza.
Nella mia chiesa il dialogo con gli immigrati parte dai problemi concreti. Non è un dialogo interreligioso perché non esiste un'autorità islamica con la quale rapportarsi. C'è la moschea e io non faccio certo la guerra al muezzin. Lo ascolto tutti i giorni da casa...
...lui sentirà le campane.
Appunto. Loro non ci chiedono di legare le campane così come io non protesto se il muezzin recita attraverso un amplificatore. Abbiamo un villaggio della solidarietà che ospita ottanta ragazzi per doposcuola e sport con un campio di calcetto. Seguiamo progetti di alfabetizzazione per donne, un laboratorio di mosaico, di cucina e corsi per badanti. Tra 25 donne mazaresi e 25 maghrebine è nata una catena di amicizie. Voglio una chiesa sorella, la carità come via all'evangelizzazione. Anche quando parliamo di integrazione cerchiamo di dare al termine un senso corretto, perché gli immigrati non lo amano molto, temono di essere omologati e hanno buone ragioni.
La Chiesa è attenta all'immigrazione, però c'è sempre uno scarto tra la franchezza dei vescovi sul campo e certe cautele della Cei. Lei che conosce entrambi i livelli cosa ne pensa?
Quando parla la Cei deve tenere conto di diverse sensibilità. Non credo che tutti i vescovi italiani abbiano la stessa sensibilità di noi vescovi meridionali su alcuni di questi punti. Qualche riserva può esserci e allora, affinché tutti possano riconoscersi in un pronunciamento, talvolta è necessario attenuare i toni. Qui a Mazara, invece, non ho bisogno di compromessi per evitare che qualcuno vada troppo avanti o resti troppo indietro. Le amministrazioni locali sono dalla nostra parte e conosciamo le attese della nostra gente. Siamo tutti sulla stessa barca, mazaresi e maghrebini.
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