Hamas: "Sette giorni di tregua". Israele: "Cominciamo il ritiro"

19.01.2009 14:00

di Alberto Stabile

su la Repubblica del 19/01/2009

Il leader integralista Haniyeh: via da Gaza, abbiamo vinto noi. Da ieri solo spari sporadici. In un edificio distrutto scoperti 95 cadaveri

Hamas ha annunciato che osserverà un cessate-il-fuoco unilaterale di una settimana per consentire alle forze israeliane di ritirarsi dalla Striscia di Gaza. Lo stesso hanno dichiarato le milizie satelliti, la Jihad, i Comitati popolari. Prima e dopo l´annuncio un certo numero di razzi Qassam e Grad è stato lanciato sulle città del Negev. L´aviazione ha risposto. Ma, in serata lo stato maggiore israeliano ha ordinato il ritiro graduale di alcune unità che hanno attraversato il confine fra grida e gesti di vittoria.
Da ieri mattina, dunque, a Gaza non si spara più o si spara molto sporadicamente. Ma questa situazione di non-guerra non è il frutto di una tregua concordata, quanto piuttosto di due volontà indipendenti e tuttavia concomitanti: il cessate-il-fuoco unilaterale deciso sabato sera dal governo israeliano, seguito dal cessate-il-fuoco, altrettanto unilaterale, dichiarato da Hamas nel primo pomeriggio di ieri.
E´ lecito pensare che questa doppia dimostrazione di flessibilità abbia una regia egiziana. Non a caso ad annunciare il cessate-il-fuoco da parte di Hamas è stato un esponente del movimento islamico di Gaza, Ayman Taha, che si trovava al Cairo per proseguire i colloqui sulla tregua. Poco dopo, da Damasco, uno dei leader del gruppo dirigente in esilio, Mussa Abu Marzuk ha confermato le parole di Taha aggiungendo che Hamas «intendeva rispondere positivamente agli sforzi fatti dall´Egitto».
Insomma si ritorna al metodo della trattativa indiretta sperimentato durante l´ultimo anno e mezzo. L´Egitto parla con Israele e ne raccoglie le istanze, poi parla con Hamas e ne sollecita le risposte che poi gira ad Israele. E così via in una spola infinita che permette ad Israele di continuare ad affermare che con Hamas non si tratta e ad Hamas di restare fedele al suo tabù che gli impedisce di riconoscere lo Stato ebraico.
Bisognerà vedere cosa succederà una volta che sarà completato il ritiro dei soldati israeliani da Gaza, per capire se l´Egitto riuscirà a portare avanti il piano ideato non soltanto per mettere fine allo scontro militare tra Israele e Hamas ma anche per pervenire ad una soluzione accettabile del problema della Striscia, garantendo al tempo stesso, la sicurezza delle province israeliane del Negev. «Andremo via il prima possibile - ha detto il premier israeliano Olmert - ma solo quando la tregua sarà stabile». Per ora, seppure separatamente ed in maniera non concordata, i duellanti sono giunti alla stessa conclusione: che intanto bisognava abbassare le armi.
Con un´azione che ha destato reazioni anche indignate da parte della comunità internazionale per la sproporzione della potenza adoperata, Israele aveva esaurito il credito sulla base del quale aveva lanciato l´operazione «Piombo fuso». «Abbiamo vinto, l´operazione israeliana nella Striscia è stata un fallimento», ha detto il leader di Hamas, Haniyeh. Ciò non toglie che il tentativo dei dirigenti islamici di cantare "vittoria", solo perché il potenziale missilistico del movimento non è stato totalmente distrutto, sembri surreale, davanti al dramma inflitto alla popolazione civile di Gaza da un nemico che si sapeva preponderante in ogni senso. Fino a ieri, in un colpo solo, dalle macerie di un caseggiato di Beit Lahyah sono stati estratti 95 cadaveri che non era stato possibile raggiungere a causa dei combattimenti e che vanno ad aggiungersi all´ecatombe di oltre 1300 morti solo un terzo dei quali, secondo le organizzazioni umanitarie, miliziani. E Hamas parla di vittoria?
Adesso, con le due dichiarazioni reciproche di cessate-il-fuoco si sono create le condizioni perché la popolazione di Gaza venga soccorsa. Ma anche qui non si capisce bene di che tipo di soccorsi si parli. «Se la tregua tiene, ed io spero di sì - ha detto il portavoce di Olmert - un enorme ammontare di aiuti umanitari attraverserà i passaggi di frontiera di Gaza». Dunque, dopo un anno e mezzo di penuria e di blocco economico che ha privato gli abitanti della Striscia di ogni bene essenziale, dalla benzina al latte in polvere, in Israele si pensa ancora di tenere i palestinesi di Gaza a stecchetto, costringendoli a regolare le loro vite sulla base di «tabelle umanitarie»?
Mentre dal vertice di Sharm el Sheik, che nessun altro scopo ha avuto tranne quello di rafforzare l´operato di Mubarak, i governanti europei prefiguravano la possibilità di aprire i passaggi di Gaza al traffico delle merci, di avviare il dialogo interpalestinese tra Hamas e al Fatah, di lanciare la ricostruzione. E l´Egitto potrebbe persino aumentare, d´accordo con Israele la sua presenza militare al confine di Rafah, dove domina il traffico delle armi. Prudentemente, conviene non spingere le attese al di là della prossima settimana.

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