
Governo e Fiat in controsterzo
di Francesco Paternò
su Il Manifesto del 23/01/2009
Berlusconi promette aiuti al settore. La Fiat taglia le previsioni 2009 e annuncia niente dividendi: il titolo crolla in Borsa, -14,55. Marchionne chiede alle banche una linea di credito e dice: l'intesa con Chrysler «è il primo passo, non l'ultimo. E non la guiderò»
I numeri di una crisi del settore auto che hanno spinto il governo a battere un ritardatissimo colpo e la Fiat a sdraiare la borsa di Milano con il suo -14,55% sono almeno tre e vengono tutti da Torino, cui è legata l'intera filiera del settore italiano con il suo milione e passa di lavoratori. Secondo i dati diffusi dal consiglio di amministrazione del Lingotto, la Fiat prevede per il 2009 una riduzione della gestione ordinaria record del 2008 pari a 3,4 miliardi di euro, a poco più di 1. Sempre per quest'anno prevede utili netti in calo da 1,7 miliardi di euro (2008) a 300 milioni, dopo avere chiuso il quarto trimestre dell'anno scorso (che dà il trend) per la sola auto con un utile netto di 180 milioni rispetto ai 597 dell'anno precedente. Risultato, niente dividendi per gli azionisti per «salvaguardare la liquidità», che viene bruciata a ritmi vorticosi come del resto sta avvenendo per tutto il comparto mondiale dell'auto.
In questo quadro, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, accusato o sollecitato da più parti a intervenire - per ultima la presidentessa della Confindustria Emma Marcegaglia - ha annunciato ieri aiuti all'auto. Di che tipo non è chiaro, bisognerà aspettare almeno fino a martedì quando a un tavolo di lavoro si siederanno le parti. Per ora governo e rappresentanti del mondo dell'auto, ma c'è chi come Mercedes Bresso, presidente del Piemonte, ha chiesto ci siano anche gli enti locali.
Berlusconi è sceso in pista a modo suo. A chi gli faceva notare con quanto ritardo avesse annunciato l'idea, rispetto per esempio ai passi fatti dal governo francese, lui ha scaricato tutto sul suo ministro per lo sviluppo economico Claudio Scajola. «Io - ha detto Berlusconi - ho dato la mia disponibilità anche da subito. Il tavolo doveva essere convocato anche prima ma purtroppo il ministro per lo Sviluppo economico è stato colpito da una fastidiosa influenza». Il solito teatrino, cui l'amministratore delegato e il presidente della Fiat, Sergio Marchionne e Luca Cordero di Montezemolo, hanno fatto comunque buon viso per andare a vedere le carte. Il governo potrebbe scegliere una strada che non porta da nessuna parte, come generici incentivi all'acquisto di un'auto nuova al posto della rottamazione di una vecchia (che farebbero però comodo a tutti i costruttori), oppure finanziamenti vincolati a un cambio del sistema produttivo verso automobili a minor impatto ambientale, sul modello di quanto proposto in America dalla nuova amministrazione.
Nell'attesa, i dati Fiat e la successiva conference call di Marchionne con gli analisti hanno tenuto banco. Per l'ad è stato deciso di prolungare il piano di incentivazioni a base di stock option in scadenza al 2010 fino al 2016, probabilmente un tentativo degli azionisti per tenersi stretto il top manager in questi scenari di crisi. Marchionne ha evidenziato tutta la durezza del 2009, che apporterà un «cambiamento epocale» per il settore, in cui l'alleanza con la Chrysler «è un primo passo, non l'ultimo». Di sicuro, ha detto, «non la guiderò »se l'accordo andrà in porto. Sul mercato 2009, l'ad prevede un calo delle vendite di tutti i prodotti Fiat del 20%, ma sostiene che anche così il settore auto potrebbe andare in pareggio. E addirittura, se le cose migliorassero, in utile (gli analisti prevedono invece un rosso).
In borsa tutti questi chiari di luna hanno scosso violentemente il titolo torinese, sospeso e poi riammesso, finché alle 18 di ieri il pendolo si è fermato a 3,80 per azione, -14,55. Alle oscillazioni si sono aggiunte anche le voci di stampa di un possibile aumento di capitale per Fiat, smentita, e poi della ricerca di una nuova linea di credito (si parla di 5 miliardi di euro), prima smentita e poi confermata dallo stesso Marchionne. 5 miliardi, messi insieme da un pugno di banche con in testa le prime due del paese, Unicredit e IntesaSanPaolo, serviranno a fare fronte al cash che brucia o, in uno scenario più complesso, per eventuali acquisizioni, che, sempre di questi tempi bui, possono essere veri affari soltanto se si hanno i soldi in tasca. Come che sia, a Gm e Chrysler i soldi sono arrivati dal governo, lui li ha chiesti alle banche.
L'aria che tira resta abbastanza gelida. Dagli Stati Uniti sono partite critiche da alcuni parlamentari all'ipotesi di accordo Fiat-Chrysler, sulla base di un ragionamento populista ma sensato: se il partner italiano non mette un euro sul marchio americano, perché noi dobbiamo metterci miliardi? Un'altra intesa con Peugeot-Citroen (assai discutibile, a dire il vero, rispetto ai benefici certi di quella con la Chrysler) non sarebbe più nell'orizzonte Fiat, mentre la Bmw ha confermato che lo studio per una collaborazione va avanti.
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