Fiat, Pomigliano scende in piazza per il lavoro

28.02.2009 13:19

di Castalda Musacchio

su Liberazione del 28/02/2009

L'intera città in corteo. Rinaldini (Fiom): «Una protesta di popolo»

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«Il lavoro è dignità non carità». Si sfila, si sfila in un corteo che si è snodato per tutta Pomigliano. Dietro lo striscione che ha aperto la manifestazione, i gonfaloni di Acerra, Castello di Cisterna, San Giorgio a Cremano, Camposano, Pozzuoli, Castellammare di Stabia, Pompei, Brusciano, Marano. Il perché, lo spiega il sindaco Antonio Della Ratta: «L'eventuale chiusura di questo stabilimento Fiat non riguarda solo Pomigliano d'Arco ma l'intera provincia di Napoli». E così, accanto agli operai, alle famiglie, agli studenti, ci sono le suore dell'oratorio salesiano, le operatrici sociali del Don Bosco, i rappresentanti del laboratorio artistico culturale «don Carlo Carafa» di Mariglianella. Arriva tra gli applausi il vescovo di Nola Beniamino Depalma. E al passaggio del corteo si serrano le saracinesche, si tirano fuori le bandiere dai balconi, tutti gli esercizi commerciali sono rimasti chiusi a dimostrazione che quella di ieri è stata - come sottolinea non senza orgoglio Gianni Rinaldini, il segretario generale della Fiom-Cgil - «la prima grande manifestazione di popolo, la protesta di un'intera comunità». Dario Fo e Franca Rame hanno inviato i loro messaggi di solidarietà. Enzo Gragnaniello, Gino Rivieccio, Tony Cercola, Enzo Avitabile sono solo alcuni degli artisti che si sono uniti a «una causa che è di tutti noi».
Ieri, a Pomigliano, c'è stata «la prima grande risposta sociale alla crisi» annota Rinaldini. E sventolano le bandiere della Fiom, della Fim, della Uilm, dell'Ugl, della Fismic, dei Cobas ma anche di Rifondazione, di Sinistra democratica, dei Comunisti italiani. «Una protesta così - continua Franco Bruno della Fiom - non si vedeva dal 1964. Questo dovrebbe far capire al governo che ogni intento di fermare i lavoratori è vano». La risposta di Pomigliano è stata quella corale di un'intera cittadinanza di fronte alla gravissima situazione determinatasi nella filiera dell'auto; ma, soprattutto, a causa di quella Cassa integrazione ordinaria attuata dalla Fiat nello stabilimento intitolato a Giambattista Vico.
I programmi di Cassa integrazione - spiegano dalla Fiom-Cgil - arrivano fino al 19 aprile. Negli ultimi mesi gli operai hanno lavorato, nei casi migliori, una settimana al mese. Il che significa per circa 20mila famiglie (5mila dipendenti della Fiat Auto e oltre 15mila dell'indotto, ndr) sopravvivere con poco più di 750 euro al mese. «Come si fa? Come possiamo farcela?» dicono le donne in piazza. «Vogliamo un piano industriale» gridano gli operai. «Pomigliano non si tocca» si legge sui cartelli portati in spalla. O ancora: «Sono stato deportato con un accordo sindacale al reparto confino di Nola».
«Cosa dice questa manifestazione?» si chiede Rinaldini. «Credo dica due cose», spiega. «Primo: chi pensa di chiudere Pomigliano se lo tolga dalla testa. Secondo: la nostra forza è nell'unità di tutti i lavoratori del gruppo Fiat». E' chiaro, il settore dell'auto è in crisi, e Pomigliano non gode degli incentivi previsti dallo Stato per altri stabilimenti. «La General Motors - annota ancora il segretario Fiom - è sull'orlo della bancarotta. Per questo non si possono mettere i lavoratori gli uni contro gli altri». E, precisa, debbono essere tre gli obiettivi. Il primo, relativo agli ammortizzatori sociali, per chiedere che si torni a rialzare l'erogazione della Cig fino all'80% della retribuzione. Il secondo: è che anche la Fiat faccia la sua parte, vale a dire investa di più nel Gruppo. Terzo: «Vogliamo un negoziato vero. Un negoziato con l'azienda, con il Governo» conclude Rinaldini. La Fiat - urlano i lavoratori - debbono spiegare quali sono le "mission" dei singoli stbailimenti. E il Governo deve convocare un incontro. «Scajola - dicono dalla Cgil - ha detto di voler convocare i sindacati per il 10 marzo». Eppure, ai diretti interessati non è ancora giunta alcuna notizia. Del resto, è noto, che, per far fronte alla domanda di "Grande punto" a metano sostenuta dagli incentivi del Governo, la Fiat ha deciso di distaccare nello stabilimento di Melfi 300 lavoratori di Pomigliano e di portare da 16 a 24 ore lo straordinario che sarà svolto nella fabbrica lucana in due giornate di sabato. A dare la notizia è stato il segretario generale della Basilicata della Fim-Cisl, Antonio Zenga.
Zenga, che ha parlato di «doppia notizia positiva» per la Fiat di Melfi, ha detto che si tratta di «un altro segnale incoraggiante, che va in controtendenza rispetto a quanto si profilava solo poche settimane fa. Gli incentivi stanno funzionando - ha concluso il dirigente della Fim - e il mercato si sta lentamente riprendendo». Non per Pomigliano però, dove la situazione è diversa e ben più complessa.
Le notizie che giungono dall'azienda certo non rassicurano.
L'ultima, anticipata dalla Fismic, è che tutto lo stabilimento di Mirafiori si fermerà nelle prime due settimane di aprile per la Cassa integrazione. Il provvedimento interesserà circa 6mila lavoratori delle Carrozzerie, delle Presse e delle Costruzioni e Stampi. «Questo dimostra - commenta il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo - che gli incentivi sono utili, ma non risolutivi. La Fiat non può sottrarsi alle sue responsabilità e a un confronto, mentre il governo deve incalzare l'azienda sugli impegni che riguardano il Paese, la tutela di tutti i siti produttivi e i nuovi prodotti per il futuro dell'occupazione». Ed è proprio questo quello che chiedono i lavoratori di Pomigliano. «Questi operai - commenta Paolo Ferrero, Prc - chiedono chiarezza e risposte sul loro futuro. Il governo e la Fiat devono darle e immediate. Non si può scaricare su loro il prezzo della crisi. Per questo oggi - continua - sarò a Torino nella protesta indetta dalla Cgil per la "marcia per il lavoro e in difesa del contratto"».
Il rintocco delle campane delle chiese della cittadina del napoletano segue con ritmo cadenzato il passaggio dei manifestanti. Il corteo si snoda lentamente per le strade della città. Uno sciopero - dicono anche dalla "Rete28Aprile" - che è stato davvero generale, "nel senso antico", con tutte le fabbriche, le attività, i negozi chiusi, un segno che la lotta dei lavoratori Fiat «può vincere».

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