
Due aziende su tre irregolari. Un lavoratore su 4 in nero
di Claudio Jampaglia
su Liberazione del 06/03/2009
Due aziende su tre irregolari, un lavoratore su quattro in nero. Non siamo nel Terzo Mondo e nemmeno in un lontano passato. Ma in Lombardia, nel 2008. I numeri risultano dai 33.848 accertamenti del ministero del Lavoro, Inps, Inail e altre casse professionali. E purtroppo dicono che dalla seconda metà del 2008 la piaga del "nero" è tornata ad allargarsi. E se a questo si somma il massiccio uso improprio dei Contratti a progetto o delle prestazioni da Partite Iva e la continua diminuzione degli organici ispettivi di ministero ed enti (insieme all'indirizzo recente di dedicarsi più alla prevenzione che al controllo) è evidente il rischio «di favorire l'immersione di tutto ciò che si era riusciti a far emergere negli ultimi tempi». Una vera tragedia come denuncia Fulvia Colombini della segreteria lombarda Cgil. A cui si aggiunge l'inasprimento dell'applicazione della Bossi-Fini che spinge moltissimi lavoratori non italiani a vendersi sul mercato dei senza contratto e diritti. Con tutto ciò che ne consegue come rischi: dall'incolumità fisica del lavoratore al dumping sociale nei confronti dei "regolari" (italiani o no). Come dire, la sicurezza. Quella vera. D'altronde in un territorio che riceve 80mila richieste di regolarizzazione (da gente che quindi sta già lavorando qua) ma dispone solo di 6mila posti nel decreto flussi. E "nero" e clandestinità sono favoriti dal governo.
D'altronde la cultura del centrodestra è quella dell'insicurezza. Basta uno sguardo alla fresca legge urbanistica regionale che permetterà l'avvio di migliaia di appalti e gare pubbliche al ribasso. Con quali risultati nella qualità del lavoro, negli standard di sicurezza è facilmente immaginabile. E se poi il governo riuscisse ad eliminare - come sta provando a fare - la responsabilità del committente sulla mancata osservazione del testo unico della sicurezza da parte dell'appaltatore, il disastro sarebbe completo. Ma non sembra interessare ai più questa "prudenza". Perché nonostante i proclami di ripresa, la crisi sta già mordendo la Lombardia e va bene tutto. I dati presentati l'altro ieri dal segretario regionale della Cgil, Nino Baseotto, sono impietosi. Nella regione che produce ancora il 40% delle macchine utensili, con un terzo delle medie imprese manifatturiere del paese e un quinto del totale il 2008 ha segnato un duro -6%. Un avviso di valanga. Perché nonostante le diverse teorie sul tessuto cangiante e resistente dell'economia dei distretti del Nord, la Lombardia ha perso 15 punti di Pil in 10 anni rispetto alle media Ue (che strano, da quando governa Formigoni...) e la sua produttività degli investimenti rimane sempre un terzo di quella dei paesi più direttamente concorrenti. E il motivo è sempre lo stesso: bassi investimenti in ricerca e sviluppo. Ma non solo. Nel 2008 per la prima volta da anni è cresciuto il tasso di disoccupazione e si è ridotto quello di occupazione con 32mila licenziati nel 2008 (+50% rispetto al 2007). E il rischio valanga si conferma purtroppo con i primi dati del 2009: gennaio e febbraio fanno segnare un +251% di cassaintegrazione ordinaria rispetto al 2008, quella straordinaria è a +145%. Quasi 250mila posti di lavoro sarebbero a rischio. I dati sono della Cgil. L'allarme è sotto gli occhi di tutti e bisogna correre ai ripari. A meno che si voglia continuare a minimizzare. E, come ricordava Baseotto, il paradosso che aiuta la lettura minimalista c'è perché nonostante la crisi «si registra un aumento dei volumi del consumo» ovvero «diminuisce la platea di chi acquista, ma cresce il volume degli acquisti, a dimostrazione che chi è colpito dalla cassaintegrazione o dalla perdita del posto di lavoro restringe di molto i propri consumi, mentre altri comprano di più, profittando della stagnazione o diminuzione dei prezzi». Perché la crisi per prima cosa divide, scava un solco, allarga le differenze. E lo Stato, la comunità, l'ente locale dovrebbe farsene carico. Altrimenti va verso la disgregazione. Che caso strano è quello che la Lega ha sempre chiesto contro i "nemici" fannulloni e si sta portando in "casa sua" con le sue stesse mani.
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