Davanti alle chiese vietato pregare e manifestare. Meno diritti per tutti

23.01.2009 13:34

La direttiva Maroni piace solo ad Antonio Di Pietro

 

 

Checchino Antonini


Solo un pretesto, «un cavallo di Troia», secondo Alfio Nicotra, l'episodio della preghiera islamica di fronte al Duomo di Milano, «una coloritura xenofoba a un intento autoritario». Quello di limitare o di neutralizzare le manifestazioni di piazza, l'espressione più semplice di visibilità del dissenso. Per il segretario lombardo di Rifondazione, e componente della direzione nazionale, c'è tutto questo dietro la direttiva Maroni a tutti i prefetti per proibire il divieto di accesso dei cortei ad «aree sensibili». Tradotto dal maronese significa che ora ogni sindaco dovrà concertare con i rappresentanti del governo gli itinerari delle dimostrazioni di piazza per sventare che si tengano di fronte a caserme e centri commerciali ma, soprattutto che ripetano le compostissime preghiere islamiche viste nei giorni scorsi a Milano, di fronte al Duomo, e a Bologna in faccia a S.Petronio. Ancora una volta è stata Bologna a funzionare da laboratorio repressivo. Venerdì scorso, all'ombra delle Due Torri, il questore aveva proibito che il corteo di domani - manifestazione regionale contro i massacri di Gaza promossa dalle comunità islamiche, migranti, centri sociali e sinistra radicale - passasse in Via Indipendenza, all'altezza di piazza XX Settembre nell'ora della preghiera. Il capo della digos locale avrebbe detto, più o meno, che i musulmani dovranno arrivare «già pregati». Un divieto che il consigliere comunale, indipendente eletto col Prc, Valerio Monteventi, aveva definito frutto di pressioni congiunte Pdl e Pd. Così è stato imposto un percorso irricevibile per la sua brevità mentre il centrodestra felsineo ha sparlato sul presunto cocktail esplosivo costituito dall'incontro tra centri sociali e fondamentalismo islamico.
«Un atteggiamento razzista sprezzante della democrazia poiché mira a impedire il sacrosanto diritto di manifestare pubblicamente il dissenso creando un inutile clima di oggettiva tensione», commentano Rifondazione bolognese e i giovani comunisti. «E che fa il paio con le polemiche per impedire la costruzione di una moschea - aggiungeTiziano Loreti, segretario del Prc bolognese». Alla fine il corteo riuscirà a "violare" la zona T (tra via Indipendenza, via Rizzoli e via Bassi, di fronte a Piazza Maggiore, il luogo di maggior visibilità per una manifestazione) ma niente preghiera. «Perché questa paura? Come se la preghiera fosse un atto terroristico! - dice Radwan Altounij, presidente del centro di cultura islamica di Bologna - la manifestazione del 3 gennaio era autorizzata e la preghiera è stata assolutamente spontanea». Invece la procura bolognese sospetta il contrario dal numero di tappetini srotolati in quella occasione per l'atto di adorazione pronunciato in direzione della Mecca. Hai voglia a spiegare, come fa Radwan Altounij, che è normale che un fedele se lo porti appresso ovunque, come lui perfino al barbiere. Fatto sta che la comunità islamica bolognese sospetta a sua volta di essere oggetto di una discriminazione ma assicura di rispettare le norme anche stavolta.
Il ragionamento di Italo Bocchino, vice dei deputati Pdl in quota An è rozzo e simmetrico - «Così come i cattolici non vanno a dire messa davanti alle moschee, così è opportuno che non ci siano cortei religiosi di fronte alle chiese» - e l'ha partorito ieri questo ragionamento, non nel Medioevo. Poi rassicura la Cgil, il concertone del Primo maggio (che si tiene di fronte alla Basilica di S.Giovanni) non rientra nella circolare Maroni. Da Bocchino uno se lo aspetta, da Di Pietro un po' meno. E invece è proprio il leader Idv a esortare a non strumentalizzare i ragionamento di Maroni. Vietare la libera espressione del dissenso e la libertà religiosa, per l'ex toga di Mani Pulite, altro non sarebbe che «buon senso». Lo stesso buon senso di chi, da anni, fomenta una campagna contro i cortei nelle città trattandone con clamore solo come problemi di traffico, spesso senza nemmeno accennare alle rivendicazioni di chi sciopera e sfila. E' il caso dei grandi giornali spesso appannaggio di importanti gruppi immobiliari e finanziari, disturbati dalle interruzioni dello shopping causate da chi esercita un diritto costituzionale. Una santa alleanza che vede certi sindaci in prima fila, da Cofferati ad Alemanno, passando per il Rutelli che dirottò i cortei all'epoca dell'Anno Santo, con la benedizione concertata dei confederali.
Che la preghiera islamica di fronte ai templi della cristianità sia il cavallo di Troia evocato da Nicotra lo dimostra il fatto che la direttiva preveda anche una fidejussione che i promotori di ogni manifestazione dovranno versare e che non sarà restituita in caso di danni alla città.
Negli ambienti islamici, al di là dei distinguo delle associazioni moderate, affiora la preoccupazione degli intellettuali, come Ahmed Giampiero Vincenzo, presidente dell'associazione intellettuali musulmani italiani: «La generalizzazione del divieto di preghiera in pubblico va contro la grande tradizione religiosa italiana». E si paventa, come fa il segretario della medesima associazione, Karim Mezran, docente alla John Upkins University, una prospettiva laicista nella direttiva Maroni che, semplicemente, è liberticida come non sfugge nemmeno in casa Pd. Il deputato Sandro Gozi, infatti, teme che il divieto possa estendersi nel tempo con ulteriori misure restrittive. Ma se si vuole che i musulmani non preghino in mezzo alla strada non sarebbe meglio fornir loro la possibilità di costruirsi le moschee? Domanda semplice posta dalla principessa Wijdan Al Hashemi, ambasciatrice di Giordania. Il patriarca di Venezia, cardinale Scola, le risponde indirettamente che si deve valutare caso per caso e solo se il luogo di culto è reso necessario da una vasta comunità di credenti e se è costruito nel rispetto della tradizione.


Liberazione 23/01/2009

 

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