
Dalla Resistenza alla Costituzione
di Bianca Bracci Torsi
su Prc del 31/01/2009
Il contributo delle donne alla nuova progettualità per una società sicura e democratica.
Intervento di Bianca Bracci Torsi al seminario “Donne sicurezza e democrazia per la pace”, organizzato dalla lega internazionale delle donne per la pace e la liberttà. Livorno 31/01/2009.
Tutti sanno che la Costituzione italiana nasce dalla sconfitta del fascismo e della monarchia, principale responsabile di quel regime, e che i suoi autori avevano partecipato, in misura maggiore o minore, alla resistenza. Meno nota è la rottura operata da questo testo rispetto non solo alla ventennale dittatura ma anche alla democrazia prefascista. La centralità del lavoro, la condanna della guerra, il passaggio di tutti gli italiani dalla condizione di sudditi a quella di cittadini con uguali diritti, sono i punti distintivi di questa discontinuità. Tutti gli italiani, appunto, borghesi e proletari, uomini e donne, uguali nel diritto di voto, di lavoro, di istruzione, di partecipazione politica. Non fu un percorso lineare e facile. Al di là della comune base antifascista i partiti rappresentati nell’assemblea costituente, che per la prima volta comprendeva 22 donne parlamentari di cui 11 della sinistra, differivano nella concezione dei rapporti fra i sessi e fra le classi. Differenze già presenti nei giornali clandestini scritti dalle donne per le donne durante la resistenza, come “noi donne” edito dai gruppi di difesa della donna, “la compagna” del PSIUP, “in marcia” della dc, “la nuova realtà” dei gruppi di giustizia e libertà. Tutti sollecitavano l’impegno delle donne nella guerra di liberazione ma anticipavano anche i compiti da assumere e i diritti da rivendicare per il dopo. La priorità assoluta del ruolo di moglie e madre era sostenuta dalla dc, le donne comuniste rivendicavano il diritto al lavoro e la parità di salario e di carriera con i colleghi maschi, tematiche comuni a tutta la sinistra alle quali le compagne di giustizia e libertà aggiungevano le prime timide ipotesi di un rovesciamento della vecchia cultura cattolico-contadina, che oggi chiamiamo patriarcale, riguardo alla concezione della famiglia e dei rapporti fra i sessi.
La parità di salario fra operai e operaie e la tutela della lavoratrice madre, il diritto delle donne a intraprendere qualsiasi carriera, l’uguaglianza fra i coniugi furono l’argomento di accesi dibattiti nel corso dei lavori della costituente e di più lunghe e aspre battaglie dopo, per tradurre in leggi dello stato i dettami costituzionali e per fare applicare quelle leggi in tutto il territorio nazionale. Ma le donne italiane, per la prima volta chiamate a battersi per diritti loro, erano cambiate. La guerra e la conseguente assenza degli uomini richiamati alle armi, le aveva costrette a esperienze fino ad allora impensabili di lavoratrici, anche in settori da sempre ritenuti “maschili” e di capi famiglia in un paese dilaniato dalla fame, dai bombardamenti, dall’occupazione tedesca. Molte avevano partecipato alla resistenza, sia direttamente come combattenti, staffette, infermiere, sia nelle cosiddette retrovie a sostegno di partigiani, prigionieri evasi, renitenti alla leva di Salò, con compiti oscuri, per i quali nessuna chiese riconoscimenti ma che comportavano il rischio della vita. I tentativi di riportare indietro la società nel dopoguerra vi furono e non solo da parte delle forze moderate e reazionarie, ma molte battaglie furono vinte dalla tenacia e dalla solidarietà delle donne che seppero spesso convincere i compagni del sindacato e dei partiti di sinistra a superare vecchie perplessità e nuove paure e a riconoscere alle compagne una passione, un coraggio, una capacità politica pari alle loro. Ci furono parecchi mugugni fra gli operai quando fu ottenuta la parità fra uomini e donne nelle liste di collocamento al lavoro, ma i compagni della cellula comunista della FIAT di Termini Imerese, che avevano accettato la cosa per pura disciplina di partito, fecero onestamente ammenda dopo il primo sciopero al quale le nuove assunte aderirono per prime e organizzarono i primi picchetti anticrumiraggio.
Il primo e forse unico provvedimento di attuazione costituzionale riguardante le donne realizzato in tempi rapidi e senza bisogno di manifestazioni, fu l’abrogazione delle leggi fasciste che vietavano alle donne l’insegnamento delle materie fondamentali, dette appunto “virili” nei licei, il ruolo di preside nei ginnansi e in generale tutti i livelli dirigenziali nei pubblici uffici. Tutto il resto, benché chiaramente precisato in singoli articoli della carta costituzionale costò lunghe e dure lotte. Per le forze politiche moderate la maternità costituiva l’impegno più alto e totalizzante nella vita di ogni donna, quindi non conciliabile con qualsiasi altro impegno o interesse fuori delle cosiddette mura domestiche in particolare il lavoro che veniva posto come alternativa nella “libera” scelta di ognuna fra figli e attività fuori casa. Questa teoria fece si che venisse ostacolata l’attuazione delle leggi a tutela della lavoratrice madre (art. 37) con l’ovvio e entusiastico appoggio dei padroni che, quando furono costretti ad accettare le settimane di assenza pagata prima e dopo il parto e il divieto di licenziamento fino a un anno di età del bambino, reagirono licenziando le operaie che si sposavano e sollevando un grande scandalo per l’immoralità delle ragazze che saggiamente sceglievano di aspettare la gravidanza per sposarsi, garantendosi così almeno un anno di lavoro. Le stesse resistenze si incontrarono per ottenere asili nido e scuole per l’infanzia pubbliche e gratuite ancora oggi lettera morta in molte parti d’Italia e quasi ovunque insufficienti, costose e non adeguate agli orari di lavoro.
La parità di salario è stata per molti anni inattuata soprattutto fra le lavoratrici agricole e spesso conquistata solo grazie a particolarità ambientali e/o alla combattività e solidarietà di alcune categorie. Grazie alla loro tradizionale forza sindacale le tabacchine conquistarono nel 1948, 4 settimane di ferie all’anno, ma a metà degli anni 50’ una ispezione del sindacato denunciava le bestiali condizioni di vita delle mondine per le quali era totalmente ignorato il contratto che prevedeva “abitazioni in muratura dotate di letti, doccie e gabinetti”. Nello stesso periodo le raccoglitrici e pelatrici di castagne, lavoratrici a cottimo erano ancora pagate in natura: 2 quintali di castagne, pari, secondo i conti del padrone, a circa 6 mila lire per 70 giornate lavorative. Anche le raccoglitrici di gelsomini della Calabria erano cottimiste ma questi delicatissimi e pregiatissimi fiori hanno la particolarità di chiudersi ai primi raggi del sole, quindi la raccolta andava fatta con rapidità e delicatezza nelle ore notturne nelle poche settimane di fioritura. Un elemento naturale che aiutò le gelsominaie a ottenere una paga, allora decente, di 120 lire per ogni chilo di fiori raccolti e in alcune zone all’asilo nido notturno per i loro bambini. Le cose non furono più facili per le donne dotate di un titolo di studio. L’assemblea costituente aveva respinto un emendamento all’articolo 5 dell’On. Maria Maddalena Rossi che specificava che l’accesso di entrambi i sessi a tutte le carriere comprendeva la magistratura. Passò un ordine del giorno dello stesso tenore ma la carriera di magistrati fu aperta alle donne circa 3 decenni dopo.
Più lungo fu il percorso riguardante i rapporti interpersonali e la famiglia sui quali la costituente aveva segnato innovazioni significative, soprattutto riguardo la parità fra i coniugi, con conseguente abolizione di capofamiglia (art.29) e i diritti dei figli nati fuori del matrimonio (art.30) oltre ad aprire importanti varchi, il principale dei quali rese possibile introdurre in Italia il divorzio. Si trattava soltanto di aggiungere o non nell’art. 29 l’aggettivo “indissolubile” dopo la parola matrimonio ma lo scontro fu durissimo e si concluse con una votazione che il no vinse per 2 voti. Era in discussione non solo la possibile rivendicazione di un diritto civile, ma la stessa laicità dello stato come sostenne Togliatti in un suo famoso intervento affermando che non si poteva dare un’impronta dottrinaria a una Costituzione che doveva essere aperta a tutte le ideologie. Bisognerà comunque arrivare al 12 maggio del 1974, dopo 2 voti del parlamento e un referendum perché in Italia fosse possibile sciogliere legalmente un matrimonio. Il nuovo diritto di famiglia, che più semplicemente traduceva in legge un preciso dettato costituzionale, dovette aspettare ancora una anno dopo il divorzio. Gli anni dal 950 al 980 furono fitti di lotte e di vittorie delle donne. Alla rivendicazione dei propri diritti, nella quale il nuovo movimento femminista intrecciava all’emancipazione la liberazione della donna da vincoli e pregiudizi vecchi ma duri a morire, le donne univano una militanza appassionata e larghissima in tutte le campagne in difesa della libertà e della tutela dei più deboli in ogni parte del mondo. Nel 1948 d'altronde all’appello del movimento internazionale dei Partigiani della pace contro l’uso e la produzione della bomba atomica, le donne italiane avevano raccolto 3 milioni di firme e la guerra alla guerra e al fascismo continuò nella solidarietà agli antifascisti spagnoli, al Vietnam, a Cuba, al Nicaragua, alle lotte delle antiche colonie africane. Intanto era arrivato il 68, le ragazze facevano autocoscienza e rifiutavano, dopo quello di angeli del focolare, il titolo di angeli del ciclostile, si scendeva in piazza per l’interruzione di gravidanza, per la cancellazione della diminuente di pena per il delitto d’onore e per il diritto di rifiutare il matrimonio riparatore seguito allo stupro, sull’esempio di Viola, giovanissima ragazza siciliana. Furono anni contrassegnati dalla voglia di lottare, dalla volontà di cambiare il mondo e dalla certezza di riuscirci che coinvolse almeno 3 generazioni di donne ma quante oggi lo ricordano non con patetica nostalgia ma con quella giusta rabbia che porta alla ribellione?
Oggi il lavoro non si trova o si perde, le scuole per l’infanzia diminuiscono i posti e aumentano le rette, dogmi religiosi elevati a leggi dello stato e a vertà scientifica rimettono in discussione il diritto a rompere un matrimonio, interrompere una gravidanza e perfino a lasciar morire in pace un corpo già d anni senza vera vita. Si parla molto di sicurezza per le strade ma nessun poliziotto può intervenire per impedire la violenza fisica, sessuale, a volte omicida che colpisce molte donne in quello che dovrebbe essere il più sicuro rifugio, la propria casa. Nel mondo infuriano carneficine che della guerra tradizionale, intesa come conflitto fra stati e scontro fra eserciti, soggetta a “leggi d’onore” hanno solo il nome.
E’ una realtà contro la quale non resta che subire, sperando di cavarsela? No, bisogna partire dal capovolgimento della rassegnazione come già stanno facendo gli abitanti di Vicenza, tra i quali tante donne opponendosi alla potenza della NATO, degli USA, del succube governo italiano, per ritrovare in noi la consapevolezza della nostra forza, l’antica e sempre nuova forza della ragione contro la prevaricazione e l’ingiustizia. L’indifferenza, l’individualismo ottuso, la rassegnazione non ci appartengono, diciamolo chiaro e forte e muoviamoci, troveremo tanti alleati e tante alleate, già noti o sconosciuti, per riempire di nuovo le piazze contro questo pericoloso ritorno a un oscuro passato che va sotto il nome di “modernità” ma ha le idee, le pratiche gli obbiettivi del fascismo di sempre. È forte, certo, ma non invincibile, è stato già sconfitto può esserlo ancora.
Contatti
Via Giacomo Acqua 3
TEL-FAX 0731-56776
prcjesi@gmail.com
Manifestazione nazionale per l'apertura della campagna elettorale
Gaza - Fermiamo il massacro
Scarica e diffondi:
Video da Gaza
nigelparry.com/news/video-from-gaza.shtml
Adozione a distanza di bambini palestinesi










IN EDICOLA DAL 6 MARZO
Richiedi la tua copia con Liberazione...
Acquistiamo il terreno del presidio NO DAL MOLIN!
26.03.09 – Le norme applicative dell’accordo separato che vogliono uccidere la libertà
di contrattazione e il contratto nazionale
Scarica il testo : documento pdf.pdf (282,7 kB)