Dalla crisi allo sviluppo possibile

10.02.2009 13:20

di Maria Campese *

su Liberazione del 10/02/2009

La crisi sarà l'occasione, per il capitalismo, per ripulire il sistema dalle incrostazioni, per rimodularsi, per trovare nuove (?) strade.
E' in questa logica di ristrutturazione che sembra muoversi la stessa politica della nuova amministrazione Usa. Pur se positivo il fatto che Obama introduca elementi di intervento pubblico fondati su politiche ambientali più rigorose, è pur vero, come ha scritto qualche giorno fa Rossana Rossanda sul manifesto , che «non è al presidente degli Stati Uniti che affiderei una rivoluzione».
Ma la crisi economica può anche essere un'opportunità, un'occasione per ribadire la necessità dei comunisti oggi, per ridare fiato alle nostre ragioni storiche.
La nostra proposta non può limitarsi a qualche emendamento ad un sistema che continua a produrre drammi sociali e ambientali. Occorrono scelte radicali e una forza organizzata capace di egemonia anche sul tema dell'ambiente e della difesa dei beni comuni, puntando ad un nuovo modello di vita, ad una nuova politica ambientale e di gestione del territorio.
La crisi può anche essere interpretata dunque come un punto di svolta, l'opportunità per creare nuove possibilità di lavoro, fondato sul rispetto delle risorse, della natura e dell'uomo.
Servono sicuramente scelte diverse da quelle oggi in campo. Inutili, se non dannosi, sono gli aiuti a vuoto o le rottamazioni nel settore auto.
Serve, in questo quadro, dotarsi di una prospettiva, programmare l'economia, con la garanzia dei livelli occupazionali, e l'avvio di una rivoluzione verde nell'intera filiera auto motive: una riconversione industriale coraggiosa, con produzione di auto con rigorosi parametri delle emissioni, vincolando a questi gli aiuti.
In questo contesto, con un nuovo modello di vita e di società da costruire, trova conferma anche quanto da noi sostenuto sugli inceneritori: soluzione vetusta e pericolosa per l'ambiente, un regalo alle lobbies imprenditoriali.
Una nuova politica di gestione dei rifiuti deve invece basarsi su misure che riducano a monte la quantità di rifiuti prodotti, intervenendo radicalmente sugli imballaggi e puntando sulla raccolta differenziata, con il sistema di raccolta porta a porta, con la raccolta della frazione organica e la realizzazione degli impianti per il compostaggio. Si potrà, così, arrivare ad una riduzione della produzione di rifiuti.
Quel che è certo è che non è possibile, come stanno facendo alcune regioni, puntare sia sulla differenziata che sull'incenerimento.
La produzione di energia con gli inceneritori, con l‘utilizzo di cdr (combustibile da rifiuti), oltre che dannoso per l'ambiente, confligge con la raccolta differenziata. Il cdr si compone infatti soprattutto di rifiuti in plastica, che bruciata è molto nociva per l'ambiente e non viene immessa, così, nel circuito virtuoso: differenziazione-riciclo-riuso.
L'industria italiana dovrebbe invece investire nel campo delle energie rinnovabili. In Italia, per esempio, a metà gennaio sono state censite 24.893 "centrali" fotovoltaiche, secondo le stime del Gestore dei servizi elettrici (fonte Il Sole 24 Ore Ambiente del 27 gennaio): un fenomeno sociale non trascurabile che va incentivato.
Oltre a produrre energia pulita, il settore ha già creato migliaia di posti di lavoro e ne potrà creare milioni in futuro. Lo assicurano le stesse Nazioni Unite in riferimento alle energie rinnovabili. In un rapporto dell'Unep, il programma ambientale dell'Onu, i lavoratori impiegati in questi ambiti sarebbero già oltre due milioni nel mondo. Le stime dell'Unep prevedono oltre sei milioni di lavoratori impiegati nel solare nel 2030.
Per il Solar Generation IV (studio del 2007 dell' Associazione dell'Industria Europea Fotovoltaica e di Greenpeace International) il solo fotovoltaico produrrà 300 miliardi di euro di fatturato all'anno e 6,5 milioni di posti di lavoro entro il 2030. Inoltre, secondo il documento, nel 2030 l'intero comparto sarà in grado di soddisfare il 9,4 % del fabbisogno mondiale di elettricità.
Anche Assosolare, l'associazione che raggruppa le imprese del fotovoltaico, ritiene che un forte impegno nelle rinnovabili possa aprire all'Italia un possibile ruolo nell'area mediterranea, con una prospettiva importante sia dell'industria che delle relazioni con i Paesi della sponda Sud.
In Italia, secondo le stime di Giovan Battista Zorzoli, presidente di Ises Italia (associazione per la promozione dell'utilizzo delle Fonti Energetiche Rinnovabili), si potrebbe arrivare persino a 200mila posti di lavoro nel settore nel 2020. Una cifra che potrebbe addirittura crescere ulteriormente puntando su uno sviluppo sul territorio di attività produttive legate alle rinnovabili. Sarebbero impieghi dislocati soprattutto al Sud, in particolare nel fotovoltaico.
Nonostante questa condizione privilegiata rischiamo però di perdere anche questo treno.
Mentre il governo italiano lavora ad un ritorno al nucleare e continua a pensare di risolvere la questione energetica con soluzioni pericolose per la salute dei cittadini e dei lavoratori, ed in contrasto con diverse comunità locali, alcuni Paesi europei hanno intrapreso con coraggio, lungimiranza e determinazione la strada delle rinnovabili.
Non si può continuare a vivere in un mondo che spreme le risorse come se fossero infinite. Questo processo autodistruttivo dell'umanità può essere fermato solo con scelte precise.
Abbiamo poco tempo, cerchiamo di non sprecarlo.

* segreteria nazionale

Cerca nel sito

Contatti

Paritito della Rifondazione Comunista - Circolo Karl Marx Jesi Via Giacomo Acqua 3 TEL-FAX 0731-56776