Chi, come Bonanni, rifiuta che i lavoratori decidano sugli accordi non ha diritto di commentare il voto Piaggio

30.03.2009 20:27

PDF Stampa E-mail
Lunedì 30 Marzo 2009 15:50

Dopo il risultato del referendum alla Piaggio, che ha visto sconfitta la posizione della Fiom di rifiuto all’accordo, dilagano sui giornali giudizi conclusivi sul futuro del principale sindacato dell’industria. Dal Foglio al Corriere della sera, da Bonanni a non ben precisati ambienti della Cgil, la vittoria del sì alla Piaggio viene quasi presentata come una nuova marcia dei 40.000, questa volta precari, che avrebbe posto fine al conflitto di classe. Anche il segretario della Cgil viene tirato in ballo. E’ bene allora ricordare che alla Piaggio, da tempo, c’è una maggioranza sindacale formata da Fim, Uilm e Ugl, con la Fiom primo sindacato, ma in minoranza nella Rsu e nel voto complessivo. E’ utile inoltre ricordare che la presenza dei lavoratori precari è sempre stata una caratteristica sulla quale si sono giocate molte votazioni, anche perché alla Piaggio il meccanismo di reclutamento dei lavoratori precari è sempre governato dalle strutture di consenso aziendale. (...)

Molti dei precari che hanno votato erano presenti in azienda da poche settimane e quindi erano ancora più psicologicamente concentrati sulle condizioni della loro assunzione che su quelle effettive di lavoro. La maggioranza degli operai, compresi i precari, ha votato contro l’accordo, mentre praticamente tutti gli impiegati hanno votato a favore.  Questa è la sostanza che significa:

1) che i problemi di consenso delle posizioni della Fiom nella Piaggio non riguardano tanto i precari operai, che dopo pochi mesi di presenza in fabbrica vengono conquistati sempre dalla necessità di lottare, ma gli impiegati;
2) gli impiegati da tempo si muovono in azienda al di fuori di qualsiasi rapporto con l’organizzazione sindacale, e in particolare con la Fiom. Il loro numero è poi particolarmente rilevante in rapporto agli operai, in quanto l’azienda usufruisce di un vastissimo decentramento produttivo.

In questo senso il voto non ha rappresentato alcun ribaltone, non c’è stata alcuna sconfitta, non c’è stato alcun cambiamento di posizione. Il voto ha semplicemente registrato la realtà della Piaggio così come è da almeno quindici anni.
Naturalmente questo non significa che la Fiom non debba interrogarsi su quanto avvenuto per trovare la linea migliore per agire. La sostanza è che il voto degli impiegati ha deciso un peggioramento delle condizioni di lavoro di una parte rilevante degli operai. Questo è un problema che nel futuro non potrà che essere affrontato, visto che ogni forma democratica richiede anche una forma di solidarietà.
In ogni caso non c’è alcuna sconfitta alla Piaggio, il clima nello stabilimento tra gli operai è semmai di rabbia per un accordo che resta pessimo. La sfida per la Fiom è quindi quella di continuare la lotta nei reparti negli stabilimenti, pur avendo accettato il referendum e sottoscritto l’accordo. Occorre cioè che l’azienda capisca che quella che ha in mano è una maggioranza numerica ma non è la maggioranza sufficiente per avere la tranquillità nella produzione.
Infine bisogna rispondere a Bonanni e alla Cisl a muso duro: chi rifiuta il referendum là dove sa di perdere, come sta avvenendo sul sistema contrattuale, non ha alcun diritto di giocare a proprio favore il senso democratico della Fiom, che accetta un voto il cui risultato contraddice le sue scelte. Bonanni potrà parlare del referendum della Piaggio solo dopo che ha accettato di far votare su tutti gli accordi, altrimenti la sua è solo una ridicola e fastidiosa strumentalità.
Forse non è chiaro per tanti commentatori che con la crisi può succedere di tutto. Possono esserci lavoratori che accettano soluzioni più moderate, ma anche lavoratori che si radicalizzano profondamente. Questo vedremo nei prossimi mesi in tante situazioni aziendali. Pensare che il voto Piaggio segni il definitivo successo del moderatismo sindacale, quasi fossimo tornati indietro di trent’anni, ci dice solo che tanti commentatori debbono aggiornare il loro calendario. Non siamo all’inizio dei successi del liberismo, come dopo i 35 giorni alla Fiat, ma nel pieno di una crisi che il liberismo ha scatenato. Contro questa crisi, e contro il modo con cui la gestiscono le imprese, le lotte sono destinate a crescere.

Rete28Aprile

Roma, 30 marzo 2009

Cerca nel sito

Contatti

Paritito della Rifondazione Comunista - Circolo Karl Marx Jesi Via Giacomo Acqua 3 TEL-FAX 0731-56776