
Cgil, si torna alla lotta
di Antonio Sciotto
su Il Manifesto del 24/01/2009
Contro l'accordo separato, il sindacato prepara ore di sciopero e la manifestazione del 4 aprile. Intanto c'è il 13 febbraio di pubblici e Fiom
La Cgil è certamente davanti al suo momento più difficile, all'indomani di un accordo separato che nessuno avrebbe scommesso che si consumasse in meno di un'ora, con un solo incontro a Palazzo Chigi. Anche se la preparazione c'era stata, ovvio: mesi di contratti separati, dal commercio in poi, non potevano che sfociare in quest'ultima intesa. E di certo il governo, con i ministri Sacconi e Brunetta in primis, ha lavorato scientemente per una conclusione non «concertata», ma che desse al contrario l'immagine di un bel taglio netto, di un «efficientismo» che a tanti piace, come dimostra ad esempio la campagna populista contro i «fannulloni». Il sindacato si sta preparando a reagire nell'immediato, bruciato dalla rapidità di Confindustria e governo, e lo ha messo in evidenza la riunione del gruppo dirigente di ieri: si sono incontrati la segreteria confederale, tutti i segretari nazionali di categoria e quelli delle camere del lavoro metropolitane, ma non si è arrivati a una decisione precisa. Il percorso prevede la segreteria di lunedì prossimo, dopodomani, che a sua volta indirà un Direttivo per i prossimi giorni. Si è comunque stabilito che si decideranno pacchetti di ore di sciopero, assemblee con i lavoratori, il tutto verso la manifestazione del 4 aprile.
La discussione non è stata però concorde, e anzi in più punti è stata tesa: ci sono state varie perplessità, individuate all'inizio dallo stesso Epifani, rispetto all'opportunità di effettuare lo sciopero del prossimo 13 febbraio, già organizzato da metalmeccanici e pubblico impiego. Ma la Fiom e la Funzione pubblica, attraverso i segretari Gianni Rinaldini e Carlo Podda, hanno confermato la protesta. Nelle sue conclusioni, comunque Epifani ha spiegato che «per un alto senso di responsabilità, lo sciopero del 13 febbraio viene assunto nelle iniziative della Cgil».
Quanto alle soluzioni contro il patto separato, alle «ricette» per reagire, si dovrà aspettare dunque almeno la prossima settimana: la confederazione avrà il tempo di «digerire» e «carburare». In ogni caso, come si è compreso già dalla riunione di ieri, la manifestazione del 4 aprile annunciata qualche giorno fa da Epifani, per poter essere realmente efficace, dovrà essere abbondantemente preparata e sostenuta da altre proteste e scioperi.
Un'altra reazione efficace, anch'essa preannunciata dalla discussione tenuta ieri, potrebbe basarsi sul piano della vertenza locale, della contrattazione conflittuale, respingendo nei luoghi di lavoro e sui tavoli il pesante accordo siglato l'altroieri dalle imprese e dai concorrenti Cisl e Uil. Un po' come si è fatto con la legge 30.
Epifani, nel suo intervento alle strutture, ha ribadito le critiche di contenuto all'accordo: il testo «non contiene innovazioni di fondo, riduce in maniera strutturale il livello salariale e la funzione del contratto nazionale, non garantendo nemmeno il recupero pieno del potere d'acquisto e non scommette su un vero allargamento del secondo livello di contrattazione». Inoltre, «determina condizioni di difficilissima gestione di tutte le vertenze che si apriranno e non definisce quel quadro condiviso in grado di dare alle imprese certezza effettiva delle regole e dello svolgimento dell'attività contrattuale». Ha poi concluso affermando che «un accordo sulle regole ha un valore se, come avvenuto con l'intesa del 23 luglio, sono i lavoratori con il loro voto a definire validità e pienezza democratica». Facendo capire che la Cgil ritiene necessario e chiede l'indizione di un referendum.
Anche Nicola Nicolosi, esponente dell'area «Lavoro e società», prefigura una stagione di conflittualità: «Riteniamo che il gioco sia andato troppo oltre e che si sia aperta una contraddizione nella applicabilità del contratto collettivo. Quando gli svantaggi superano i benefici, i lavoratori possono prendere le distanze e dichiarare che quegli accordi non li riguardano perché non iscritti ai sindacati stipulanti». «Con questo accordo - dice Gianni Rinaldini - viene programmata una ulteriore riduzione delle retribuzioni dei lavoratori». Rincara anche Podda: «L'accordo estingue di fatto il contratto nazionale collettivo, tanto che i lavoratori stanno dando vita a estemporanee proteste: per il pubblico, lega gli aumenti alla finanziaria e limita il diritto allo sciopero».
La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia coglie da subito la difficoltà di andare a gestire i prossimi contratti senza la Cgil, e ieri è tornata a dichiarare che auspica «un ripensamento della Cgil», spiegando che «il tavolo rimane aperto»: «Se poi la Cgil non dovesse aderire - ha aggiunto - sono sicura che comunque manterrà coerenza di comportamenti e grande senso di responsabilità nelle trattative nelle fabbriche, nel suo lavoro di grande sindacato». Infine ha «giustificato» l'accelerazione della chiusura: «La trattativa era in corso da otto mesi. Si è deciso di chiudere dopo che al testo dell'accordo erano state aggiunte poche righe sul pubblico impiego e dopo che era chiaro che la Cgil non avrebbe aderito, se non in presenza di un documento completamente diverso su molti punti essenziali. Il governo è entrato in quanto datore di lavoro del pubblico impiego e non c'è stata nessuna forzatura».
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di contrattazione e il contratto nazionale
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