
Cessate il fuoco». Ma Olmert: avanti con l'offensiva
di Mi. Gio.
su Il Manifesto del 10/01/2009
«L'esercito continuerà ad agire per difendere i civili israeliani e realizzerà gli obiettivi affidatigli in questa operazione». Con questa dichiarazione il premier israeliano Ehud Olmert ha chiuso la porta in faccia alla risoluzione 1860, approvata giovedì notte dal Consiglio di sicurezza dell'Onu. Il documento accoglie gran parte delle condizioni poste dallo Stato ebraico per fermare la sua offensiva, ma Il governo israeliano vuole una vittoria totale e impedire qualsiasi riconoscimento del ruolo e del peso di Hamas nei Territori occupati.
E continuerà a inseguire questi obiettivi anche a costo di scatenare la «fase tre» del suo attacco: la rioccupazione completa della Striscia di Gaza. «I lanci di razzi avvenuti oggi (ieri) contro gli abitanti del Sud di Israele dimostrano che la risoluzione dell'Onu non è realizzabile e non sarà comunque rispettata dalle organizzazioni omicide palestinesi», ha aggiunto Olmert che poi ha sottolineato un punto centrale: «Lo Stato di Israele non può accettare che alcun elemento esterno stabilisca (i limiti) del diritto di Israele di difendere i propri civili».
Riemerge il nodo mai sciolto. Israele pretende il sostegno da parte della Comunità internazionale ma allo stesso tempo non ne riconosce le risoluzioni se queste ultime deviano, anche solo in minima parte, dalle sue «esigenze di sicurezza». In questo quadro la protezione dei civili di Gaza è assolutamente irrilevante, così come il diritto dei palestinesi di essere pienamente liberi nella loro terra.
Fino all'accordo c'erano due diverse bozze di risoluzione sul tavolo del CdS. Un primo testo, messo a punto dai paesi arabi, di condanna dei crimini avvenuti a Gaza è stato bloccato dal veto statunitense. Il secondo testo, proposto dai paesi occidentali, è apparso troppo generico alla Lega araba di fronte al bagno di sangue in atto nella Striscia. Alla fine, con il voto favorevole di 14 membri del CdS e l'astensione degli Stati Uniti, è stato approvato un testo di un compromesso ma comunque sbilanciato nettamente a favore di Israele che contiene: un appello urgente a un cessate il fuoco immediato che conduca - senza fissare un termine preciso - a un ritiro completo delle forze israeliane da Gaza; un appello alla fornitura senza ostacoli e alla distribuzione su tutto il territorio della Striscia di aiuti umanitari che devono comprendere cibo, medicine e carburante; un invito a iniziative che mirino a creare e aprire corridoi umanitari: un appello a tutti gli Stati affinché sostengano gli sforzi internazionali per migliorare la situazione umanitaria; la condanna di ogni violenza e atto di ostilità verso i civili e nel contempo condanna di ogni atto di terrorismo; un appello a intensificare gli sforzi per mantenere il cessate il fuoco, ivi compreso ciò che serve (missione internazionale) a impedire il contrabbando di armi e munizioni e ad assicurare la riapertura dei transiti verso Gaza; un incoraggiamento alla riconciliazione tra i palestinesi; infine un appello alla Comunità internazionale perché si moltiplichino gli sforzi finalizzati a una pace basata su due Stati, Israele e Palestina, che vivano all'interno di frontiere sicure e riconosciute.
Il governo Olmert ha giudicato la risoluzione insufficiente. «Israele perderà la guerra a Gaza se, il giorno dopo la firma di un accordo di cessate il fuoco, Hamas lancerà anche soltanto uno dei suoi razzi», ci diceva qualche giorno fa un analista israeliano, Gerald Steinberg, del Centro Besa di Tel Aviv. Il governo Olmert vuole stravincere, non si accontenta di una risoluzione dell'Onu imposta ad Hamas e neppure del pugno di ferro lungo lo frontiere previsto dalla proposta franco-egiziana. Israele vuole l'annientamento, militare e politico, del movimento islamico e, allo stesso tempo, conservare il potere di ultima parola sull'apertura e chiusura dei valichi con Gaza, una eccezionale arma di pressione sui palestinesi.
Scontato il rifiuto di Hamas di una risoluzione che lo esclude in pratica da tutto e che non tiene conto del suo radicamento nella società palestinese, senza dimenticare che il movimento islamico ha stravinto le elezioni legislative di tre anni fa e controlla il Parlamento dell'Anp. «Questa risoluzione non ci riguarda - ha detto il rappresentante di Hamas in Libano, Osama Hamdan -: non siamo stati consultati in merito e non prende in considerazione il nostro punto di vista e gli interessi del nostro popolo». Il movimento islamico, che ha respinto anche l'iniziativa franco-egiziana, ha a disposizione stretti margini di manovra diplomatica anche se afferma di essere in contatto con la Turchia, la Siria, il Qatar. Conserva tuttavia la sua capacità militare e, soprattutto, fa capire alle parti che vorrebbero tagliarlo fuori dai giochi che i loro piani si riveleranno presto o tardi fallimentari di fronte alla realtà sul terreno.
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