Caso Englaro, governo a gamba tesa sul Colle,L'alt arriva da Fini

07.02.2009 17:31
Il capo dello Stato non firma il decreto dell'esecutivo. Berlusconi tira dritto: «Subito la legge»
 

Frida Nacinovich
E questa è casa mia, e qui comando io. Presidente? Chiamatelo re. Silvio Berlusconi attacca frontalmente il Quirinale e il suo attuale inquilino Giorgio Napolitano. Il presidente del Consiglio vuole risolvere il caso Englaro a modo suo, con un decreto legge che blocchi la decisione presa dopo lunghe e doverose riflessioni dalla magistratura italiana. Berlusconi e i suoi ministri pigiano il piede sull'acceleratore, tutti per uno, uno per tutti. Perfino Stefania Prestigiacomo segue re Silvio. Arriva il decreto legge che chiede di continuare idratazione e alimentazione assistita per Eluana Englaro. Ma il torpedone del governo accelera così tanto da finire fuori strada perché dal Quirinale giunge un secco messaggio del presidente della Repubblica: io questo decreto legge non lo sottoscrivo, firmato Giorgio Napolitano. Berlusconi se ne fregherebbe, Gianfranco Fini invece no. Il presidente della Camera avverte il sire di Arcore: così non va bene. Il risultato finale è un nuovo consiglio dei ministri convocato in fretta e furia per l'ora di cena in previsione di un disegno di legge. Per il futuro naturalmente e per un obbligatorio dibattito parlamentare su temi così delicati. Nel mentre Berlusconi si autoproclama comunque garante, non della Repubblica italiana ma dello Stato vaticano. Senza parole. Vorrebbe essere arbitro in terra del bene e del male, ma le democrazia è un'altra cosa.
Primo atto, la riunione del Consiglio dei ministri. Già la situazione è difficile, si complica ancora di più quando si passa al decreto "salva Eluana", Giorgio Napolitano ha già espresso forti perplessità. A Palazzo Chigi arriva la lettera che formalizza i rilievi del Colle, la riunione del governo prosegue e il decreto viene approvato. A palazzo Chigi tirano dritto e se ne fregano del Quirinale. Di più. Berlusconi giudica «un'innovazione» la lettera del Colle e scandisce che «la decisione sui requisiti di necessità ed urgenza di un decreto legge spetta al governo, non ad un altro organo». In altre parole il presidente del Consiglio detta la linea che ricorda una vecchia canzone: e qui comando io, e questa è casa mia. Per giunta re Silvio da tempo, da molto tempo, ambisce a chiudere la sua carriera politica sul Colle, eletto direttamente dagli italiani che lo amano alla follia.
In conferenza stampa il premier spiega che nel caso di Eluana Englaro «sussistono i presupposti di necessità e urgenza». «Eluana è una persona viva - aggiunge Berlusconi - respira, le sue cellule cerebrali sono vive e potrebbe in ipotesi fare anche dei figli. È necessario ogni sforzo per non farla morire». Neanche i settori più oscurantisti del Vaticano sarebbero in grado di dire altrettanto. Non fosse altro che per la quantità di castronerie scientifiche, umane che riesce a mettere insieme l'unto del signore. Tant'è. Il premier critica l'atteggiamento di Napolitano. «Se il capo dello Stato non firmasse e si caricasse di questa responsabilità nei confronti di una vita, noi inviteremmo immediatamente il Parlamento a riunirsi ad horas e approvare in due o tre giorni una legge che anticipasse quella legge che è già nell'iter legislativo».
Berlusconi assicura che i rapporti con il presidente della Repubblica restano «cordiali» e che non sta pensando «assolutamente» all'impeachment. Poco dopo, però, Napolitano conferma che non firmerà il decreto legge. Il capo dello Stato, si legge in un comunicato del Quirinale, «ha preso atto con rammarico della decisione del Consiglio dei ministri sul decreto-legge relativo al caso Englaro. Avendo verificato che il testo approvato non supera le obiezioni di incostituzionalità da lui tempestivamente rappresentate e motivate, il Presidente - conclude la nota - ritiene di non poter procedere alla emanazione del decreto».
All'esecutivo arriva il plauso del Vaticano. Approvando il decreto legge sul caso di Eluana Englaro, afferma monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, «il governo ha fatto un gesto di grande coraggio, che sarà apprezzato dalla grande maggioranza di tutti i cittadini». A prendere le distanze dal governo è invece il professor Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale: «Hanno strumentalizzato le mie parole, disconosco nella maniera più assoluta qualunque mia partecipazione alla stesura del testo di un decreto legge che non ritengo nemmeno di commentare».
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, è d'accordo con Napolitano: «Desta forte preoccupazione che il Consiglio dei ministri non abbia accolto l'invito del capo dello Stato,
ampiamente motivato sotto il profilo costituzionale e giuridico, ad evitare un contrasto formale in materia di decretazione d'urgenza». Il presidente del Senato, Renato Schifani, comunica invece che, ove fosse presentato un ddl ordinario per disciplinare gli ultimi drammatici sviluppi della vicenda Englaro, è sua intenzione convocare con urgenza la conferenza dei capigruppo, al fine di proporre una pronta calendarizzazione del provvedimento o, preferibilmente, di un suo esame in sede deliberante da parte della commissione competente che ha già al proprio esame il tema del testamento biologico.
Due visioni dei rapporti istituzionali e parlamentari diametralmente diverse, quasi opposte fra Fini e Schifani. Del resto uno ambisce a diventare uno statista ed entrare a far parte della grande famiglia dei popolari europei, l'altro è berlusconiano e orgoglioso di esserlo. Intanto il re di Arcore è riuscito ad ottenere le prime pagine di televisioni e giornali, aprendo uno scontro istituzionale senza precedenti. Lui è contento così, evidentemente se ne frega.


Liberazione 07/02/2009

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