
Braccianti, cento manifestazioni per non essere più fantasmi
di Checchino Antonini
su Liberazione del 18/12/2008
Cento manifestazioni per non essere più fantasmi. Cinque volte hanno scritto invano al ministro Sacconi. Così. sotto le sedi dell'Inps, di prefetture e di organizzazioni padronali in tutta Italia, oggi, si materializzeranno i braccianti agricoli. Nove i presìdi unitari (e non era scontato) organizzati in Sicilia, cinque in Sardegna, Campania, Lazio e Puglia, quattro in Calabria, due in Trentino, Lucania e Friuli. E poi a Firenze, Genova, Orvieto, Campobasso, Venezia.
«Nessuno sembra accorgersi di loro - spiega a Liberazione la segretaria generale della Flai Cgil, Stefania Crogi - ma sono un milione di lavoratori, perlopiù maschi, con le donne pagate meno. Nel settore il lavoro migrante è almeno la metà e le sacche di lavoro nero sacche in certe zone del Sud sfiorano il 60%. Vai ad esempio a S.Nicola a Varco, nel salernitano, sarà una delle esperienze più sconvolgenti della tua vita, vedrai tendoni clandestini, chi li denuncia rischia la vita, dove vivono a centinaia, stipati... sembra la tratta degli schiavi. Se vai a Foggia ti accorgerai che spariscono nella piana, come è capitato ad alcuni polacchi. Se ne sono ritrovati i resti, sono segnali per chi si ribella».
Eppure sono i braccianti ad aver scritto pagine importanti della storia della Cgil (nella battaglia per lo Statuto dei lavoratori e per il contratto nazionale di lavoro) e, venerdì scorso, allo sciopero generale, erano loro a riempire con rabbia molte piazze del Sud dopo centinaia di assemblee serali, lega per lega. «Ora si trovano tra due fronti: uno istituzionale, con un governo che smantella le conquiste, l'altro sociale col rifiorire dello sfruttamento di manodopera da parte di una malavita pervasiva.
«E' un lavoro duro quello del bracciate, si lavora per sette otto mesi quando va bene, sennò 50-70 giornate l'anno». Come si fa a campare? C'è l'integrazione della cosiddetta disoccupazione agricola, spesso ci si ingegna nell'edilizia, nel facchinaggio o nel commercio. E' così che si diventa dei senza volto e senza nome, ma ti assicuro che sono in carne e ossa».
La mobilitazione di oggi dovrebbe servire a sbloccare lo stallo in cui si trova la categoria dopo il blocco di fatto della riforma previdenziale, siglata ai tempi del governo Prodi, e da allora in vana attesa dei decreti attuativi. «Sacconi non ci ha mai risposto», ricorda ancora Crogi. La riforma del welfare aveva stabilito che il salario da prendere in considerazione per le prestazioni Inps, il tfr e la pensione fosse il salario contrattuale - «come per gli altri lavoratori» - perché per i braccianti funziona ancora il concetto di salario medio convenzionale. «E' una storia molto vecchia, risale al fatto che - specie nel meridione - raramente un lavoratore agricolo viene pagato con il salario tabellare. Allora, il salario medio convenzionale era una sorta di via di mezzo perché di fatto non veniva rispettato il contratto nazionale di lavoro». L'Inps non ha mai emanato disposizioni per rendere attuativo l'accordo. «Significa per i braccianti, una penalizzazione almeno del 25%, su pensione e liquidazione». Poi c'è la questione dei voucher , il ticket (10 euro ogni ora di lavoro. 2,5 vanno al fondo di accantonamento, 7,50 al lavoratore) che viene erogato a studenti e pensionati che lavorano stagionalmente nell'agricoltura. Sacconi vuole estenderlo a tutto il lavoro accessorio all'agricoltura «ma così ogni lavoratore perderebbe ogni diritto. In pratica compri un'ora di lavoro al di fuori del contratto, che poi è il sogno di questo governo, così infatti sarebbe destrutturata ogni valenza del contratto nazionale». Inoltre, in molte regioni l'Inps non riconosce la cassa integrazione in deroga e mancano all'appello una quarantina di contratti provinciali, soprattutto nel Sud, per l'inadempienza di Confragricoltura Coldiretti e Cia; mancano le commissioni tripartite nei centri per l'impiego «così agiscono il caporalato e le cosiddette cooperative senza terra che altro non sono se non intermediazione illegale di manodopera. E i lavoratori ci perdono perché è lavoro nero e, senza il riconoscimento delle giornate dell'anno precedente, chi è migrante perde il permesso di soggiorno. Ed è più ricattabile».
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