
Anp, Hamas e Fatah alla resa dei conti
di Michele Giorgio
su Il Manifesto del 30/01/2009
Cominceranno il 22 febbraio al Cairo i negoziati per «l'unità nazionale palestinese», la riconciliazione tra il partito di Abu Mazen, Fatah, e il movimento islamico Hamas. Ma nei Territori occupati nessuno si fa illusioni. Rimane lontana la fine della frattura tra la Cisgiordania sotto il controllo del presidente palestinese uscente e Gaza con al potere Hamas dal giugno 2007. Non è mai così intenso e senza pietà, come in questo momento, lo scontro tra le due organizzazioni. I palestinesi parlano di «odio insanabile». Se in Cisgiordania la tortura è la regola nelle carceri speciali dei servizi di sicurezza dell'Anp (dominata da Fatah) dove vengono detenuti almeno 250 militanti veri e presunti di Hamas (sarebbero 400 secondo altre fonti), a Gaza il braccio armato di Hamas ha gambizzato e in alcuni casi ucciso attivisti di Fatah che si erano rifiutati di rimanere agli «arresti domiciliari preventivi» come avevano ordinato dagli apparati di sicurezza del movimento islamico durante l'offensiva israeliana tra il 27 dicembre e il 18 gennaio. «Tutto quello che si dice sulle gambizzazioni da parte di Hamas purtroppo è vero e temiamo che il quadro possa aggravarsi», ci ha detto con amarezza Jamil Majdalawi, uno dei leader del marxista «Fronte popolare per la liberazione della Palestina» (Fplp) nella Striscia di Gaza, che tuttavia non manca di condannare le pesanti azioni repressive dei servizi segreti di Abu Mazen in Cisgiordania contro gli oppositori islamici (e non solo).
Terminata la devastante offensiva israeliana «Piombo fuso» che si è lasciata dietro 1.300 morti palestinesi e distruzioni immense, lo scontro Fatah-Hamas dalle strade di Gaza e Cisgiordania lo scontro si è spostato ai massimi vertici della politica e delle istituzioni palestinesi. Ieri il leader di Hamas in esilio, Khaled Mashaal, ha lanciato un attacco senza precedenti all'esistenza stessa dell'Olp, controllata da Fatah e di cui il movimento islamico non fa parte. «Sorprenderemo tutti e daremo vita ad una nuova direzione palestinese alternativa all'Olp», ha detto. «Ormai tutte le fazioni palestinesi sono d'accordo e vi stupiremo. Vogliamo dare vita ad una direzione nazionale nuova che rappresenti i palestinesi dei Territori occupati e quelli presenti all'estero». Il nuovo organismo, ha spiegato, Mashaal «comprenderà tutte le fazioni nazionali palestinesi, dal momento che l'Olp non ci rappresenta più e non è più un punto di riferimento unitario ma, al contrario, rappresenta proprio le divisioni esistenti tra i di noi». Mashaal ha inoltre invitato i paesi arabi a prendere esempio dal Qatar, che ha deciso di inviare i fondi per la ricostruzione di Gaza direttamente al governo di Hamas guidato da Ismail Haniyeh scavalcando l'Anp di Abu Mazen. «L'emiro del Qatar ci ha promesso che darà i soldi direttamente alla gente di Gaza - ha aggiunto un altro dirigente di Hamas, Muhammad Nazzal - noi non ci fidiamo dell'Anp di Ramallah e lanciamo a tutti un monito affinché non versino al governo in Cisgiordania i soldi per la ricostruzione di Gaza».
Non è stata solo una provocazione quella di Mashaal, allo scopo di mettere sotto pressione l'Anp che ripete di essere l'unica autorità ad avere la legittimità per gestire i fondi della ricostruzione di Gaza, così come impongono Israele, Stati uniti e Ue. Ne è convinto l'analista Ghassan Khatib. «Hamas non è uscito indebolito ma tremendamente rafforzato, anche nel mondo arabo, dalla guerra scatenata da Israele - dice Khatib - ha resistito sotto le bombe e vinto politicamente il conflitto con l'esercito israeliano mentre Fatah per la prima volta nella sua storia non ha partecipato alla difesa dei palestinesi. Per questa ragione (il movimento islamico) appare agli occhi di tanti arabi come la forza leader della resistenza palestinese contro Israele». Secondo Khatib la mossa di Mashaal sarebbe il risultato anche dei sostegni, politici ed economici, che Hamas ha ricevuto al vertice arabo di Doha (boicottato da Egitto, Arabia saudita e l'Anp di Abu Mazen), in particolare dalla Siria e dal Qatar. «Fatah deve stare attenta - ha avvertito Khatib - perché se non cambierà rotta immediatamente e se Abu Mazen continuerà a portare avanti una linea debole e senza risultati di fronte all'aggressività israeliana, Hamas potrebbe prendere il controllo anche della Cisgiordania sull'onda di una rinnovata popolarità».
L'Anp al contrario appare sempre più appiattita sulla linea israelo-americana e, senza avere nulla di concreto in mano sul futuro dei Territori occupati continua ad agire come un'agenzia di sicurezza di Israele, rastrellando e incarcerando in Cisgiordania gli oppositori sotto la supervisione del generale Usa Keith Dayton. Dall'altro lato Hamas a Gaza mette agli arresti domiciliari quelli di Fatah e infligge punizioni severe. «Stiamo monitorando le violenze compiute da uomini di Hamas contro membri e simpatizzanti di Fatah durante l'offensiva israeliana - riferisce un portavoce del Centro palestinese dei diritti umani di Gaza - stiamo investigando su 7 persone che sono state uccise e su più di 35 gambizzazioni». Una punizione brutale è quella che ha subito Ahmad Shakura, 52 anni, un dirigente di Fatah, colpito più volte ad entrambe le gambe e ora in gravi condizioni in ospedale. «Stiamo cercando esercitare una pressione su Fatah e Hamas, per la messa a punto di un programma concordato ed evitare nuovi drammi al popolo palestinese - spiega Majdalawi del Fplp - Hamas ha ragione su alcune questioni politiche come l'interruzione degli inutili negoziati fra Abu Mazen e Israele, la lotta alla corruzione dell'Anp e la sospensione immediata della cooperazione di sicurezza con Israele». Tuttavia, conclude Majdalawi, «non pensiamo che uno Stato retto da Hamas sia migliore. Hanno una gestione della società sbagliata. Sono una forza non democratica, che fa regredire la società, non accettano critiche».
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