
A mezzanotte va la ronda del quartiere
di Marco Sferini
su Lanterne rosse.it del 23/02/2009
Il Paese delle ronde non è il Bel Paese. Non ha neppure il gusto del celebre formaggio, ma un sapore che dà la nausea, un odore che brucia le narici e, al tocco, ha molle, flaccido, sfuggevole, ormai privo di una forma di democrazia, prova ad adattarsi a qualcosa di nuovo che ancora bene non sa cosa sia.
Il Paese delle ronde è quel Paese dove pare si faccia la corsa ad indossare una pettorina con scritte sopra le più diverse sigle: "City Angels", "Volontari padani", "Volontari della libertà", eccetera, eccetera. Ma tutti, chi più e chi meno, provengono dal sentimento della paura, dalla voglia di sentirsi per qualche sera dei vigilantes con qualche specie di potere di polizia a metà tra i giustizieri della notte e i fantasmi di un castello cinquecentesco abbandonato.
Su cosa vigilano queste pattuglie di ex carabinieri, ex poliziotti ed ex di altre ancora forze militari o non dello Stato? Vigilano non sulla sicurezza dei cittadini ma sugli spostamenti, sulla vita di altri: se vedono un albanese o un marocchino, un senegalese o un turco aggirarsi per le vie di una città o fermarsi a parlare con un connazionale davanti ad un negozio di kebab, ecco che mettono in azione la loro telecamerina e li riprendono. Potrebbero essere degli stupratori in potenza oppure scambiarsi qualche codice segreto per istruire magari dei kamikaze per attentati chissà dove e quando...
I rondisti girano così per le vie, di notte e di giorno, e sono più che altro dei ficcanaso che dei tutori dell'ordine. Ordine, disciplina, rispetto, legalità, sicurezza. Se esistesse un tasso di inflazione delle parole, queste sarebbero nel gradino più alto della scala di conteggio. Con un poco di vergogna, persino il Cavaliere nero di Arcore ha ammesso che non c'era alcun bisogno di queste milizie para-poliziesche, benché ufficialmente non armate, e che mezzo milione di poliziotti e carabinieri era sufficiente al "pattugliamento" del territorio.
Il governo aveva fatto sfoggia, a suo tempo, di migliaia di uomini dell'esercito in tutte le più grandi città della penisola: operazione sicurezza anche quella. Ma è servito ad evitare episodi di criminalità che, purtroppo, sono imprevedibili e che, comunque, rientrano drammaticamente nel conteggio quasi sistemico di un paniere dei delitti che ogni anno sfoggi cifre non in aumento ma in sostanziale "pareggio" col precedente anno.
Nessuno infatti dice che, ad esempio, il numero degli stupri è diminuito nel 2008 rispetto al 2007 e che la maggior parte di questi sono atti di libidine violenta da parte di italiani contro donne straniere.
Per allarmare nella giusta dose il centro mentale di sviluppo dell'ossessione collettiva contro il migrante serve altro, non certo questi dati che demoralizzerebbero anche le nuove truppe che si muovono in gruppo dal vespro in poi per garantire ai cittadini (tutti? O solo gli italiani') un più alto grado di sicurezza.
Dubbi il Quirinale non ne ha più. Se il Vaticano ne aveva, li ha fatti rientrare subito e ha benedetto la nuova iniziativa di restrizione della libertà varata dall'esecutivo all'unanimità. E a noi non resta che denunciare ancora una volta la perdita di consistenza dei valori costituzionali, il progressivo dimagrimento dei diritti e la denudazione di un apparato di garanzia che ha retto - con fortuna oggi, meno domani - la vita italiana per sessant'anni e che un gruppo di potentati del potere, impotenti sostenitori di una falsa libertà di popolo, proverà a divelgere magari dopo il voto europeo, quando saranno vicine le vacanze e quando la doratura del sole ci spaccherà il cervello e saremo beati sulle spiagge e sulle colline a rilassarci e ad evitare di pensare alle brutture che escono dai palazzi della politica.
La migliore alleata di questo governo è proprio l'incoscienza, la non curanza di quanto avviene, di quel continuo logorio del movimento che ognuno di noi aveva nel suo limitrofo e che viene drasticamente ridotto di ora in ora, di giorno in giorno senza che nessuno se ne accorga.
Non c'è una normativa che questo governo abbia varato che vada nella direzione della tutela dei diritti sociali e civili di chiunque. Sono sempre e solo divieti, restrizioni, limiti, barriere messi lì per lì come espressione di una nuova legalità volta alla tutela del cittadino, ma rappresentano e sono in realtà dei fili spinati oltre i quali non è possibile passare, che pungono le dita al solo sfiorarli e che impediscono a determinate categorie sociali di andare oltre. Non possiamo difendere la libertà solo quando è la nostra ad essere in pericolo. Dobbiamo saper riconoscere nel suo insieme il più alto valore della libertà stessa che risiede nel vivibilità piena e incondizionata della realtà sociale e civile in cui ci si trova. Una realtà che non è possibile compartimentizzare a seconda del colore della pelle, della lingua parlata o della provenienza da un qualche luogo dell'esterno mondo all'Italia.
Ma ormai siamo consapevoli anche della nostra coglionaggine, del nostro imbarbarimento culturale, della rivoluzione involutiva del tubo catodico e anche del cavo usb che ci collega ad internet: tutti accettiamo un pezzetto di questo modo di essere, perché altrimenti ci sentiremmo molto soli a pensarla così diversamente dagli altri.
La massa è una grande e potente forza motrice, ma può diventare anche un freno altrettanto potente quando va nel senso opposto all'evoluzione egualitaria, all'aspirazione solidale che la dovrebbe muovere contro le oligarchie governative, contro i poteri dominanti dell'economia e contro quelli oppiacei che sono direttamente ispirati dall'altra parte del Tevere.
Le ronde non saranno altro che un fenomeno aggravante dell'isterismo teleguidato di chi ha bisogno del nemico quotidiano per poter vivere e avere sicurezza della propria identità nazionale o anche campanilisticamente definita dal leghismo xenofo.
Le ronde saranno, in poche parole, un nuovo significativo elemento di destabilizzazione della democrazia repubblicana. Un'altra cosa, insomma, di cui proprio non si sentiva e non c'era alcun bisogno.
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