Tren'anni fa moriva il grande musicista che ha rivoluzionato la storia del jazz
Luca Gigli
Charles Mingus (Nogales, Arizona, 22/04/1922 - Cuernavaca, Messico, 5/01/1979). «Visse più a lungo di Charlie Parker ma come Bird compì il suo ciclo in poco tempo e tra mille avversità. Per questo dobbiamo essergli eternamente riconoscenti..» (Red Callender: musicista, amico e méntore di Mingus).
Proprio come il sassofonista di Kansas City, il virtuoso contrabbassista, pianista, sperimentatore, compositore e band leader ha indicato la strada dell'improvvisazione collettiva nel jazz moderno. Ascoltare per credere la fantastica reunion al Massey Hall di Toronto del 1953 con Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Bud Powell e Max Roach. (Amici non scherzo.. Personalmente se si potesse, darei dieci anni della mia vita, per essermi trovato nella città canadese in quel lontano e irripetibile 1953!)
La sua musica ha espresso i violenti contrasti del suo mondo interiore, ha coinvolto e stravolto interiormente i suoi e i nostri sensi, i suoi intricati e geniali pensieri musicali, la sua visione della vita; e ha affermato il vero coraggio di essere black in una società "bianca". Le sue straordinarie ed intensissime composizioni sgorgano direttamente dall'animo, ed esprimono gioia, dolore, rancore, voglia di lottare mediante l'arte e anche con i pugni chiusi. Facendosi specchio di una interiorità sofferta, di un bisogno emozionale che attraverso la sedimentazione della cultura afro americana punta dritto verso il "significato della vita..".
Mingus è stato veramente uno dei massimi agitatori in ambito musicale del ‘900. Spinge se stesso e i fedeli compagni: (Fats Navarro, Bud Powell, Teo Macero, Eric Dolphy, Jimmy Knepper, Booker Ervin, Jackie McLean, Roland Kirk, Woody Shaw, Jaky Byard, Dannie Richmond, Mal Waldrom, George Adams, Don Pullen e tanti altri) verso orizzonti penta grammatici e aree atonali, non comuni, al limite del mistero... Nulla di scontato nel sound mingusiano. Al contrario sacro e profano; melodia e "strappo" sono le sue coordinate. Il giro di basso di Charles, equivale in una non forzatura rappresentativa, all'audacia ragionata di un pilota di Formula Uno. Amici sedetevi comodamente sulla vostra auto, infilate in plancia "Percussion Discussion" (raffinata esplorazione delle possibilità melodiche di basso e batteria condotta in duo con Max Roach del 1955). "Passions of a Man" (dove si avvertono nitidamente i primi afflati del free registrata tra la fine del 1955 e gli inizi del 1956). "Pithecanthropus Erectus" (irrevocabile "condanna a morte dell'uomo.. Creatura egoistica e cinica, vanagloriosa e solo apparentemente indistruttibile; summa del pensiero e dello stile mingusiano. La suite si divide in quattro movimenti: Evolution-Superiority Complex-Decline-Destruction. A ciascuno dei quali corrisponde un continuo interscambio di tempi, strutture e armonie. Con incursioni nella modalità e nei liberi spazi dell'atonalità. Un capolavoro! Datato 1956). "Fables of Faubus" (durissimo atto di accusa contro il terribile e famigerato governatore razzista e fascistoide dell'Alabama Lucius Faubus, che ovviamente la Columbia Record in quel lontano 1960 rifiutò.) "Remember Rockfeller at Attica", "Sue Changes", "Free Cell Block F, ‘Tis Nazi U.S.A." (facenti parte di un severo e al contempo commuovente doppio album dal titolo: "Changes One & Changes Two del 1975); ed esaltatevi! Una esaltazione vera, ma appunto ragionata. Impennate di sax e tromba, riff continui di basso e batteria, cascate di note dal pianoforte e poi la quiete dopo la "tempesta..". Il gruppo di Charles, accelera vertiginosamente, frena bruscamente, sgomma, curva facendo fischiare i pneumatici, si rimette in linea. Ma mai, un errore, un eccesso, un'imprudenza. Tutto è sinergico, magico, quasi irreale.. Charles guida la sua musica come solo il suo grande amico Bird e il suo grande maestro Duke Ellington hanno saputo fare. Amici non pensiate che chi scrive possa aver dimenticato fuoriclasse come: Monk, Gillespie, Davis, Trane, Dophy, Ornette, ecc..! Ma Mingus è Mingus! Mi assumo tutte le responsabilità di questa affermazione, ma la sua arte non si discute, si ama totalmente! Perché è sinceramente e coraggiosamente la vera sintesi in musica di una rabbia, di una ruggente incazzatura verso il sistema americano. Ed è tutta, ma tutta per la meravigliosa collettività nero americana. (Il grande Miles voltava le spalle al pubblico bianco. Ma vestiva di lusso e alla fine si è forse involontariamente invischiato con lo stesso sistema che detestava..). Mingus, è un baluardo di coerenza rabbiosa e incoerenza dolcissima, mai un compromesso nella sua poco più che ventennale attività, al massimo l'obbligo di un si con il sangue tra i denti per non morire di fame.. Amici se ne avete voglia e lo trovate, leggete: Peggio di un bastardo . Incazzatissima e veritiera autobiografia di questo gigante. «..Praticamente, io sono tre personalità diverse. Una è sospesa nel mezzo, senza pensieri né emozioni, guarda e aspetta il momento di esprimere le proprie sensazioni alle altre due. La seconda è un animale spaventato che attacca per non essere attaccato. L'ultima è una persona piena di amore, gentile, che lascia entrare la sua gente nei meandri più segreti nel tempio del suo essere.. E si lascia insultare, si fida, firma contratti senza leggerli, si lascia convincere a lavorare sottocosto o a farsi sfruttare. E quando si accorge di quello che gli stanno facendo gli viene voglia di uccidere e distruggere tutti e tutto ciò che gli sta intorno, anche se stesso, per essere stato tanto stupido. Ma poi non ce la fa, e alla fine si rinchiude in se stesso.. E poi gli impresari e gli organizzatori con i loro uffici di lusso, che dicono a me, al nero, che tutti noi siamo degli spostati, a pretendere di avere una parte del raccolto che produciamo. Il jazzista è altrettanto discriminato di un qualsiasi povero stronzo nero in mezzo alla strada; tra le rovine di questa stramaledetta società dominata dai bianchi..». (Oggi chi scrive vorrebbe vedere il volto segnato ma bellissimo di Mingus, che ebbi la fortuna di vedere più di trenta anni fa in due o tre occasioni, e rallegrarmi con lui per la vittoria di Obama. Forse sbaglio ma si farebbe una risata e con passo pesante andrebbe verso il suo strumento di legno..).
Tre decadi fa, precisamente il 5 gennaio del 1979 il suo cuore cessò di battere. Per volontà sua e con la totale approvazione di Lady Sue Mingus, le ceneri di Charles furono gettate nelle acque del Gange. In quel preciso momento l'arte tutta perse un tassello fondamentale di un ampio quadro d'insieme. Gli amici e forse anche qualche detrattore redento pianse quelle preziosi ceneri. Ci accorgemmo e si accorsero che con lui se ne andava non solo un genio, ma un uomo in perenne conflitto con se stesso e con il mondo. Oggi fortunatamente ci rimangono i suoi tanti lavori musicali; le sue triangolari sperimentazioni tra danza, drammaturgia e suono. I suoi preziosissimi filmati. I tanti ricordi che la bella, intelligentissima e fedele Sue ci racconta in un bellissimo libro dal titolo: Tonight at noon (Un'indimenticabile storia d'amore e di jazz).
Ma soprattutto l'epitaffio che il nostro scrisse pochi giorni prima di volare nel "paradiso dei jazzisti..".
«E' proprio perché suono il jazz che esprimo sempre il mio io. Suono e scrivo me stesso, quello che provo, e poco importa quale sia il mezzo. La musica è, o è stata, un linguaggio di emozioni. Se qualcuno sfugge la realtà non credo possa capire la mia musica. Essa vive e porta alla vita e alla morte, nel bene e nel male. E' rabbia, ma è reale perché sa essere rabbia.. Non ho mai voluto fare delle cose per cui si potesse dire: (Questo è Mingus..!) Tutto ciò che suono è Mingus.
Liberazione 07/01/2009
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