
«Stiamo vivendo un dannato inferno. L'unica cosa che ci resta è fuggire via»
di Valerio Venturi
su Liberazione del 31/12/2008
Amina Odeh, giornalista palestinese specializzata in diritti umani, riporta un quadro desolante della situazione che c'è oggi in Palestina, dopo l'offensiva militare sferrata dall'esercito israeliano. La sua vita è sempre stata difficile: abituata a vivere e scrivere tra case diverse, posti di blocco, perquisizioni, sospetti, una tensione continua.
Ma ora la situazione è precipitata. Ci scrive dai territori assediati cercando il tempo e la pace interiore per rispondere alle nostre domande sul tragico momento che sta vivendo il suo popolo. Gli israeliani attaccano i palestinesi con furia devastante, i palestinesi piangono vittime e gli estremisti da ambo le parti danno fuoco ai cannoni e si riarmano.
«Di fatto stiamo vivendo un dannato inverno di fiamme e morte, ma noi vogliamo una vita normale; questo accade a causa delle scelte del ministro della difesa israeliano, che ha dichiarato l'inizio della guerra trasformando Gaza in una desolante Gaza-Grad grazie alle bombe che si abbatono sulle case della gente sulla popolazione civile; tutto questo per soddisfare le esigenze di una certa leadership di Israele, una classe politica vecchia e screditata. La guerra è arrivata quindi come un tragico "regalo' di Natale" per i palestinesi, siano essi cristiani o musulmani».
La situazione è drammatica. E gli abitanti dei Territori seguono gli sviluppi della guerra con ansia e paura, la stessa che percorre le parole di Amina Odeh: «Non sappiamo quante persone sono morte o sono disperse; quanti i bambini, le donne decedute sotto i bombardamenti della Striscia; quante le infrastrutture danneggiate. C'è un chiaro piano, militare e politico per rioccupare Gaza. Gli interessi di certi occidentali non dovrebbero stimolare certe azioni. Ora c'è il rischio che si generi una nuova Intifada».
E intanto la paura si impossessa dei palestinesi che, dopo le minacciose dichiarazioni del premier israeliano Olmert, attendono nuovi raid e nuove incursioni dell'esercito: «I palestinesi sono preoccupati, occupano il loro tempo a guardare la tv, giorno e notte nel tentativo di capire gli sviluppi della guerra. Sono preoccupati e arrabbiati, del tutto ostili alla guerra; si cercano su internet informazioni sui dispersi, notizie sui bambini alla radio...Ma il desiderio di guerra degli israeliani è in tal senso significativo; credo che abbiano perso il senso della ragione. Gaza non è l'Iraq, e questi attacchi non sono giustificati, anche esistessero giustificazioni parziali.
Israele ha attaccato ospedali, le moschee... Considerando la natura della striscia di Gaza, l'incredibile densità abitativa - 4117 persone per chilometro quadrato - è impossibile colpire solo quelli che vengono definiti target strategici: e così chi paga il prezzo più alto è la popolazione civile. Il pericolo è per tutti, e le autorità lo sanno bene»
Chiediamo a Odeh se c'è ancora una speranza per il futuro, ma la sua risposta non lascia spazio all'ottimismo, almeno nel breve termine: «Noi vorremmo cercare di vivere in dignità e pace gli uni con gli altri; ma così l'unica cosa che ci rimane da fare è fuggire. Il prima possibile».
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Gaza - Fermiamo il massacro
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